Come si fa per spostare montagne in Val Poschiavo…!
Il 26 marzo potremo pronunciarci alle urne sulla creazione di una nuova corporazione regionale “Regione Val Poschiavo (RVP)”.
Si tratta, a mio avviso, di un progetto di primo ordine: la cooperazione nella nostra Valle deve essere rinforzata, la collaborazione migliorata, i doppioni eliminati, le rispettive attività coordinate più strettamente. Nel corso del 2004, i media valligiani ne avevano parlato a più riprese, con posizioni intitolate p.es. «la regione in Val Poschiavo guarda al futuro» o «percorrere una strada nuova da protagonisti dello sviluppo». Le varie manifestazioni erano tutte all’insegna di un vivo entusiasmo per questa «rinnovata opportunità di aprire nuove perspettive di sviluppo». Poi, per tutto il 2005, non mi ricordo aver visto nei media nemmeno una sola riga su questo argomento. Ora, fra tre settimane voteremo su questo progetto, ossìa, più esattamente, sul nuovo statuto della RVP.
Per sapere cos’è in gioco, mi sono chinato su questo statuto. Purtroppo ho dovuto accontentarmi della versione del 13 dicembre, non avendone una più recente a disposizione al momento di dover consegnare il mio scritto ai media. Potrebbe dunque darsi che nel frattempo questo statuto sia stato alterato. Ormai non avevo altra scelta che fare con il documento che avevo in mano.
Già una prima lettura in diagonale risulta deludente. In questo statuto non si intravede nemmeno l’ombra di quell’entusiasmo e fervore, di quella fede nell’avvenire e nel potenziale valligiano che avevano animato il dibattito pubblico nel 2004. Non è di certo il genio visionario della Valposchiavo che ha dato un’impronta spiccata nell’assemblare questo strumento basico. Inoltre non vi è da percepire la minima traccia di quella dinamica socio-politica capace di spostare montagne!
L’analisi approfondita poi di questo statuto lascia perplesso. Infatti dà l’impressione che stiamo montando un’enorme tendone al di sopra e dalle dimensioni della nostra Valle; lo statuto espone come funzionerà senza mostrare chiaramente a che cosa servirà. Dei suoi 55 articoli, ben 54 spiegano nel dettaglio come il tendone sarà strutturato, tenuto in piedi e gestito. Un solo articolo ne abbozza lo scopo e i compiti. E ciò in termini talmente vaghi che la missione della nuova RVP sembra fondersi come ghiaccio al sole. Come fare per intravedere in questa collezione di luoghi comuni il vero obiettivo fondamentale che la RVP vorrebbe concretizzare con questo mostruoso apparato? Invece fa bensì vedere il suo muso lo spettro di un quarto gradino della gerarchia istituzionale, introducendo una burocrazia regionale tra le tre già esistenti. Come poi interpretare l’anomalia che proprio questo unico articolo su «scopo e compiti» sia rimasto talmente generale e impreciso da suscitare inevitabilmente dubbi sull’utilità e la necessità di creare una nuova corporazione regionale, anzi da far sospettare che ci si stia imbarcando su questa avventura «cun al cül indrö»?
È ovvio che si può essere fervido partigiano di metodologie e misure adatte per incentivare e dinamizzare lo sviluppo nella nostra Valle, senza pertanto poter considerare lo statuto da votare come lo strumento più adeguato e promettente per questo scopo. Si vorrebbe però poter sperare che questo scheletro di statuto, se ben lubrificato con sussidi federali e cantonali, riesca a corrispondere almeno in parte alle aspettative che la gente vorrebbe porre nella nuova RVP!
Il 10 marzo si terrà in LaTor una serata informativa su questo statuto. Sarà l’occasione per i suoi promotori di rassicurarci sugli aspetti critici di questo progetto. Sarà pure l’occasione per rasserenarci che, se accettiamo questo statuto, non dovremo rabbrividire all’idea di veder erigersi una «machine à Tinguely» che funziona a perfezione ma non produce niente fuorchè meraviglia e stupore…
Redatto da Dino Beti di Panìsc – dino.beti@bluewin.ch