Calcutta nella memoria

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Calcutta nella memoria

Scrivere di Calcutta a Calcutta era difficile. Scrivere di questa metropoli
disastrata, ora, ad Hanoi, mentre vivi nel traffico che si muove su due ruote
guidato da un’anarchia sorprendente, mentre incontri per strada donne contadine
col tipico copricapo a cono e con il bilanciere sulle spalle, mentre vedi
ovunque la falce ed il martello, simbolo sbiadito, resistere timidamente
a Coca-Cola ed IBM, è diventato impossibile. È come voler descrivere un
vino senza averne nel naso il profumo ed in bocca il gusto.
Eccovi allora alcuni passaggi del diario di viaggio. Forse cosí le impressioni
scritte di getto, pulsanti di vita di Calcutta, riusciranno a scuotervi un
po’ nel vostro mondo ovattato.

Sei parte del film che scorre attorno a te eppure lo osservi come se fossi
seduto altrove, come se il puzzo, lo sporco debordante ovunque, rimanessero
chiusi nello schermo del televisore, come se gli occhi della gente non fossero
rivolti verso te ma alla macchina da presa. Spesso cerchi il telecomando
per spegnere il caos fuori, per cambiare canale, ma inutilmente. Sai che
dovrai subirti ancora per alcuni giorni Calcutta, questo miasma infernale.

In testa una ridda di pensieri non ti lascia dormire. Sembra quasi che il
cervello sia in ebollizione e che i pensieri, le riflessioni e le immagini
di oggi, dei giorni trascorsi a Calcutta, salgano in superficie come bolle
d’aria e lí trovino il loro sfogo rimanendo però vigorosamente ancorate
alla memoria. Specialmente oggi i miei occhi scannerizzavano tutto, andavano
assetati come una spugna asciutta alla ricerca di nuove o di vecchie immagini
per poterle fissare indelebilmente sulla pellicola sensibile della memoria.
Anche gli odori e i rumori si sono ancora una volta insinuati attraverso
naso ed orecchi. Nulla di piacevole ma comunque di unico e di indissolubile.

Ancora una volta, anche oggi, la visione terribile della morte s’è dipinta
sul viso di un ammalato di tubercolosi annunciata dal rantolo proveniente
dai suoi polmoni distrutti dalla malattia.
Questa è l’India della rabbia, della disperazione, delle lacrime, della
gioia, della malinconia, dell’assurdo che ci hanno graffiati ogni giorno
lasciandoci con ferite ancora sanguinanti. Questa è l’India che portiamo
dentro e che ci ha cambiati. Questa è l’India che un giorno forse ritroveremo.

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Redatto da Luca Beti – luca.beti@bluewin.ch