”Per me filetto di pesce”
La pubblicazione Un’ora d’oro della letteratura italiana in Svizzera di Andrea Paganini é stata presentata venerdà scorso, 29 settembre, in casa Torre.
Michele Fazioli, Massimo Lardi e Andrea Paganini hanno accettato l’invito della Pro Grigioni Italiano locale di presentare il libro, scaturito dalla tesi di dottorato di Andrea Paganini sui più noti corrispondenti di don Felice Menghini nell’avventura editoriale “L’ora d’oro”.
Don Felice prende “un filetto di pesce” e guarda “spesso il lago, cercando di pulire con la mano il vetro e senza accorgersi che non il vetro, ma i suoi occhiali [sono] appannati”. Cosí Piero Chiara ricorda il suo incontro con don Felice Menghini del 5 marzo 1945.
Chissà com’era don Felice? Questo ci si chiede oggi a quasi 60 anni dalla morte. Quale particolare concomitanza di circostanze ha fatto sí che un personaggio di tale caratura avesse modo di trovare una cosí vasta gamma d’espressività artistica, letteraria e culturale in un periodo in cui tutta l’Europa pareva andare a catafascio e in una valle discosta, solitaria, incastonata tra le Alpi?
Non vi sono risposte, purtroppo, solamente considerazioni, deduzioni, illazioni.
È possibile far cultura di qualità in perferia; la rete di contatti (non solamente oggi nel mondo della Rete!) può essere vasta, intrecciata e profonda anche se ci sono ostacoli geografici notevoli. È vero: “L’ora d’oro” di don Felice Menghini è potuta nascere e si è sviluppata come iniziativa culturale perché l’editoria italiana era in ginocchio, però… Però gli editori ticinesi (messa da parte qualche rara eccezione) non hanno saputo cogliere l’opportunità, ospitando scritti di transfughi peninsulari, don Felice sí.
Non solo: rendendosi conto di possedere (assieme ai fratelli) un potente strumento di divulgazione (una tipografia) ha sempre voluto che le pagine stampate che vi uscivano, fossero edificanti per la sua gente, permettessero alla sua gente di uscire dagli stretti confini dell’isolamento culturale. Questo era un desiderio che sembra abbia sempre spinto lui stesso ad evadere, nella natura, tra le montagne per vincere la solitudine. Con la sua multiforme attività ha ridato slancio alla Sua valle, come altri lungimiranti convalligiani l’avevan fatto alla fine dell’Ottocento; questo, in estrema sintesi, il ritratto di un uomo complesso, dalla personalità artistica sfaccettata, multipla.
Una personalità che “un giornalista curioso”, come si è definito Michele Fazioli, introducendo la serata, vorrebbe vedere studiata in tutta la sua complessità: come uomo di fede, scrittore, traduttore, uomo di cultura, pubblicista, editore. Attraverso il fitto carteggio si può scoprire un’importante parte di questa personalità. “Pochi come don Menghini” ha chiosato Fazioli “rappresentano la forza trainante della cultura svizzeraitaliana e ancor piú grigionitaliana… che con volontà, forza, apertura, voglia di correnti d’aria, anche se si trova in un’enclave separata può accendere fuochi, spalancar finestre e può creare forse piú di quelli che si trovano nei centri urbani”.
Redatto da Luigi Menghini – luigi.menghini@bluewin.ch