A Montpellier un master di..vino
Già dalle prime parole di un professore intuisco che alcuni francesi sono dei “galletti” non solo ed esclusivamente per una questione storica. I toni trionfali, usati per dare il benvenuto ad una trentina di studenti, lasciano pochi dubbi anche agli altri dieci stranieri, che come me hanno deciso d’intraprendere quest’avventura in terra francese. Questo eccesso di orgoglio, quasi al limite con la presunzione, nulla toglie però allo straordinario contributo che gli esperti francesi hanno saputo dare e tuttora danno alla filiera vitivinicola.
La brillante idea di unire le “scuole del vino” di Montpellier e Bordeaux ha permesso di creare un master professionale in viticoltura ed enologia (Master Vigne et Vin), che in futuro dovrebbe coinvolgere un maggior numero di studenti stranieri. Un modo diverso, ma non per questo meno efficace, di esportare la cultura e la tradizione francese nel resto del mondo. Basta guardare la provenienza degli studenti stranieri (Grecia, Libano, Svizzera, Germania, Ungheria, Canada, Messico e Giappone) per capire che questo master suscita enorme interesse a livello internazionale.
Probabilmente sarà impossibile scoprire o svelare cosa si nasconde dietro ai grandi Châteaux francesi, ma un’esperienza di questo tipo in una delle grandi terre del vino non può che contribuire ad allargare i propri orizzonti. Non meno importante diventa poi il rapporto che si instaura con gli altri studenti. È soprattutto grazie alle discussioni durante le pause o durante le degustazioni (ufficiali e non) che, indirettamente, si scoprono realtà diverse, e non per forza legate al campo vitivinicolo. Ma quanta fatica per spiegare ad un libanese che lo “svizzero” come lingua non esiste, e che si può vivere in Svizzera ed avere un legame profondo anche con la vicina Italia. La sorpresa più strana arriva però dopo una faticosa discussione con lo studente giapponese per spiegare dove si trovano Valposchiavo e Valtellina. Sì, perché l’amico Masahiro all’improvviso mi interrompe e mi chiede se conosco Como e Sondrio. Il mondo è piccolo.
Ho poi il piacere di parlare con ragazzi francesi tutt’altro che “galletti” e cosí mi devo ricredere, almeno in parte, su quanto pensato durante il discorso di benvenuto. Inizia poi un simpatico siparietto che riguarda la finale di coppa del mondo di calcio vinta la scorsa estate dall’Italia proprio ai danni della Francia. Mi basta mimare la famosa testata di Zidane per guadagnarmi il soprannome di “Materazzi” (il difensore italiano colpito dal regista francese). Sono passati diversi mesi dalla finale di Berlino, ma ho il presentimento che i francesi non hanno ancora digerito la sconfitta.
Si rientra in classe per la prima vera lezione. Si tratta di una semplice introduzione al mondo viticolo ed enologico, ma il professore sembra stregato dal suo stesso racconto. In classe nessuno osa interrompere quell’atmosfera quasi fantastica: chi ci sta davanti parla di un bicchiere di vino come se si trattasse della cosa più intrigante e allo stesso tempo delicata del mondo. Rimango invece infastidito, quando, per commentare un lavoro non curato con la giusta attenzione, il professore (ora più ringalluzzito) si lascia scappare il termine “à l’italienne”. In classe qualcuno ride, il mio vicino (un ragazzo greco) invece mi guarda come per esprimere la sua solidarietà, mentre io preferisco non commentare. Ma la mia piccola rivincita arriva pochi minuti dopo, quando il professore parla dell’evoluzione del mercato del vino francese.
Questo il suo commento amaro: “Il mercato del vino sta vivendo una fase difficile a livello mondiale, e oltretutto quest’anno la Francia è stata superata dall’Italia sul mercato internazionale. Questo settore è un po’ come il gioco del calcio, una volta si vince e una volta si perde”. Adesso mi è tutto più chiaro: ai francesi brucia ancora la sconfitta di Berlino.