Ultimi segreti da svelare…
Anche due mesi dopo la pubblicazione del Bumbulif è evidente che vi rimane ancora qualche segreto da svelare. Continuano a stuzzicare la curiosità dei fervidi lettori di questa incensurata rivista carnevalesca, inesauribile miniera di piccoli fatti e grandi avvenimenti riferiti per divertirsi e far ridere. Allora si indaga, specialmente tra i Pib. Uno di loro il mio amico Carlo. Vorrebbe sapere chi si nasconde dietro quell’esimio «menorevole Cameleon», immortalato dal Bumbulif in quel glorioso poema. Lo chiede persino a me. S’immagina che io, già da qualche tempo di ritorno e vivendo in patria, sarei senz’altro in grado di soddisfare la sua curiosità.
Tutt’altro che facile. Inutile voler scoprire in carne e ossa gli autori Tigliu Suspèt e Barnard Sfarlòch. Non per niente hanno preferito pseudonimarsi. E il direttore del Bumbulif, lui stesso d’incerta identificazione, giammai li tradirà. Di poco aiuto pure quel «Cameleon». Se è un vero nome, nessuno lo conosce. Ignoto persino come nomignolo sennò la mia «lista dai surnòm pusc’ciavìn» (più di 1000 nomignoli) non l’ometterebbe. Forse gli autori hanno optato per «Cameleon», denominazione emblematica, per caratterizzare il personaggio dal bell’inizio. Avrebbero anche potuto battezzarlo «Vessillo» o un altro nomignolo del genere ma l’avrebbero messo a nudo. Per di più avrebbero rischiato di privare i lettori del sale e pepe di un’opera bumbuliviana…
Più promettente invece seguire le orme lasciate dal personaggio sul percorso della sua carriera. Quelle evocate nelle rime sembrano accennare a una carriera andata piuttosto a zig-zag. Carriera politica, probabilmente, ma non è certo. Altre carriere in altri campi furono pure tortuose. La sua, comunque, partita quasi per via ereditaria da sinistra, in seguito oscillando tra la destra e la terra di nessuno, senza però che lui levasse mai gli occhi dall’aspirazione a salire sempre più in alto. Insomma, da un indizio all’altro, si va a finire inevitabilmente alla capitale cantonale dove l’approdo di «Cameleon», privo d’identificazione partitica, sarebbe stato assai stentato. Il glorioso poema rimane tuttavia ermetico e continua a lasciarmi brancolare nel buio. Comincio nondimeno a sospettare che l’immortalato potrebbe essere il nostro secondo granconsigliere.
Finalmente è poi Diana, la dea della caccia, che mi mette sulla traccia infallibile di «Cameleon». Tuttavia per coincidenza. Dice il poema che lui «difendeva le cerve della dea». Incontro lo stesso riferimento nel protocollo del Gran Consiglio che sto, per caso, percorrendo ad altro fine. Questo non è più ironia bumbuliviana né sottinteso carnevalesco. Il protocollo riferisce fatti, nient’altro che fatti e senza fronzoli. Appunto anche il sensazionale discorso tenuto in seduta dal nostro secondo granconsigliere a difesa delle cerve allattanti. Malgrado questa rivelazione un leggero dubbio persiste. Che però non tarda ad evaporarsi quando, nel protocollo, m’imbatto nello strepitoso discorso del nostro secondo granconsigliere alla gloria della Porta Alpina, l’altro suo tema prediletto ed evocato nel famoso poema. «Cameleon» non può dunque essere altro che il nostro secondo granconsigliere. L’enigma è risolto.
Rimane l’espressione «menorevole» che nessuno dei miei dizionari riconosce. Parola inventata da quei birboni di autori con una strizzatina d’occhi? Può darsi. Oppure neologismo italiano scimmiottando il «junior senator», termine americano per indicare che si tratta del consigliere meno anziano dell’onorevole primo granconsigliere? Ma chi saprà dirmelo…
Redatto da Dino Beti di Panìsc – dino.beti@bluewin.ch