Ad maiorem gloriam
Continuano le avventure del Sciur Pibin proposte da Dino Beti di Panisc, che riceviamo e pubblichiamo. La Redazione
Valposchiavo, A.D. 2030
Il Sciur Pibin non solo si incaricò d’autorità del progetto «nuovo fant» ma persino vi si oppose. «Troppo caro quel progetto», replicava a chi chiedeva ragguaglio, «ben troppo costoso per un Comune come il nostro!» Nessuno si meravigliava del suo severo verdetto. Il Comune era in situazione finanziaria critica sul volgere del secolo. I Compatti erano andati a cercare il Sciur Pibin fuori Valle appunto perché era noto come contabile rigoroso.
«Vuoi dire che hanno dovuto cercare qualcuno oltre Bernina per fare il CEO del Comune? Che qui in paese non c’era nessuno capace di fare quel mestiere? Disposto ad assumersi quella carica?» Brocha si drizza sulla sedia come se si risvegliasse di un pisolino. Per tre giorni non si era più fatto vedere. Un raffreddore lo aveva inchiodato nel letto. Ora siede lì, più pallido che di solito, imbronciato per aver dimenticato la pipa alla Scera. «Sei sicuro di non sbagliarti? Prima che io andassi via nel 1999 conoscevo almeno due concittadini senz’altro capaci di assumere la carica di CEO, e vivevano nel Comune. Il loro nome mi sfugge. Erano stimati da tutti, considerati onesti, intelligenti, grandi lavoratori, e persino simpatici!»
«Non so di chi vuoi parlare», osservo scuotendo la testa, «io allora vivevo ancora a New York. Ma non dubito di ciò che racconti. Scommetterei però che i tuoi due papabili avevano un difetto monumentale: la loro carta d’identità non esibiva quella enorme C maiuscola senza la quale i Compatti non lasciavano nessun pretendente ascendere al trono di CEO.»
«E il Sciur Pibin, lo aveva lui, bello grosso, quel marchio C in fronte?» si eccita Brocha.
«Se era enorme o minuscolo il suo marchio non lo so. Ma il marchio c’era, puoi esserne certo. Altrimenti i Compatti giammai lo avrebbero chiamato e consacrato CEO! Malgrado la sua fama d’imbattibile contabilistica…» I Compatti erano diventati sempre più feroci nel difendere le loro prebende, sempre più assolutisti nel consolidare la loro supremazia. Si comportavano come l’imperatore romano Caligula che, piuttosto che cedere la lucrativa carica di Console a qualcuno che non faceva parte dei suoi amici, ne aveva investito Incitatus, il suo cavallo preferito…
Comunque la capacità contabilistica del Sciur Pibin era davvero formidabile! Si piaceva a fornirne la prova ogni volta che si esprimeva in pubblico. Come alla lettura del consuntivo in Giunta dove dimostrava che le cifre le teneva sulla punta delle dita. Il suo sommo obiettivo di CEO era di mai scendere nei sottosuoli delle cifre rosse. Non scansava fatica per raggiungere quell’obiettivo. Un suo lontano cugino raccontava che il Sciur Pibin era probabilmente influenzato dal motto araldico iscritto da un antenato al di sopra del suo stemma di famiglia. La massima – coniata in latino come facevano i principi e prelati – diceva «PARCENDO PECUNIAE NEC PROMOVENDO PROGRESSUM ASCENDERIS AD MAIOREM GLORIAM», ossia pressappoco «non sviluppando ma risparmiando diventerai celebre». Il suo fanatismo nel risparmiare era apprezzatissimo dai Compatti. Come lui stesso non erano capaci di capire che l’eccessiva parsimonia è forse una virtù per un contabile, per un politico invece lesinare il centesimo è un vizio che frena lo sviluppo, limita il benessere e annebbia il futuro della comunità!
Brocha annuisce sottinteso, si alza lentamente come fa quando si accinge a congedarsi al termine della sua solita oretta. Poi mi guarda, i suoi occhi brillano: «Ma come era andata a finire con il progetto di Memèu e con il Gargati che aveva reclutato? È vero che da quando il fant Amanziu andò in pensione nel Comune non si è più visto neanche l’ombra di un langégar…?» Brocha si lascia calare nella larga sedia, mi fissa, aspetta… (continua)
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Redatto da Dino Beti di Panìsc – dino.beti@bluewin.ch