Al camp da golf a LaRösa

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Al camp da golf a LaRösa

Continuano le avventure del Sciur Pibin proposte da Dino Beti di Panisc, che riceviamo e pubblichiamo.

La Redazione

Valposchiavo A.D. 2030

Il campanile di SanVittore batteva le otto. Mureponi entrò di corsa in LaTor, prese le tre scale a salti, tese il suo Guler al Fant Amanziu che serviva da usciere davanti alla porta, fece i tre passi fino al suo posto e si lasciò cadere sulla sedia senza neanche accennare un saluto. Ansimava ed era bagnato di sudore. Ribolliva di rabbia! Tre giorni che era a Sclupetoir in agguato di un imponente dodici palchi. Tre giorni che sperava di riuscire ad abbatterlo. Ma il cervo non si fece vedere e Mureponi, Compatto inveterato, dovette rassegnarsi ad abbandonare e scendere a rompicollo per partecipare alla Giunta straordinaria. La convocazione del Presidente Guedali non lasciava dubbi sulle sanzioni che colpirebbero chi osasse non presenziare…

Gli altri deputati sedevano già al loro posto. Mureponi notò che in gran parte erano ancora come lui in verde oliva di caccia. Con stupore osservò anche che le sedie per il pubblico erano vuote, tutte fuorché una: laggiù in fondo sedeva di nuovo il Sciabulinsky, senza uniforme né pistola!

Il Presidente, uomo di pochi discorsi, aprì la seduta: «Deliberazione sul futuro posto del fant», aggiungendo che «non lasceremo questa sala prima di aver preso una decisione definitiva!»

A questo punto il Sciur Pibin si era già messo in piedi, ergendosi in tutta la sua grandezza. Avviò il suo intervento con, diceva, riflessioni preliminari sulla situazione economica mondiale. La globalizzazione, ne era convinto, avrebbe un terribile impatto sulle imprese artigianali del Comune. Smerciare i nostri prodotti di esportazione diverrebbe sempre più difficile. Inutile trasportare i nostri vini e spaghetti, carne, formaggio, serpentino, miele ai commercianti oltre Bernina. Impossibile vendere questi prodotti all’estero, né in Italia né e ancor meno in Giappone o in Australia. Le difficoltà, ammoniva crescendo, colpirebbero duramente i tanti poveri come i pochi ricchi del Comune. Ne dipinse il futuro a tinte fosche. Non era ancora l’apocalisse ma poco ci mancava. Di fronte a questo orizzonte sbarrato lui non lascerebbe giammai dilapidare il salvadanaio comunale. Culminò professando la sua ferma volontà di salvaguardare il benessere della popolazione che lo aveva investito lui, il CEO del Comune, della responsabilità suprema!

«Guarda qui», m’interrompo vedendo che Brocha mi sta spiando con sguardo dubitativo. «Se credi che esagero di nuovo, guarda qui, ho trovato fra i miei foglietti la pagina del Grigione del 10 ottobre 2004 con quel discorso del Sciur Pibin.»

Il mio amico prende cautamente quel foglio ingiallito dal tempo e logorato dal rimaner piegato fra altre carte: «Me lo farò leggere stasera dalla Marchesina a LaScera».

«Ottima idea», gli dico, poi, con una strizzatina d’occhio, lo stuzzico: «Non sarei sorpreso se il discorso del Sciur Pibin ti ricordasse il Burleschino e le sue arringhe che leggevi sui giornali italiani negli anni novanta…»

Brocha annuisce con il capo come per dire che ha capito la mia allusione al Burleschino. Senza aggiungere altro riprendo il filo del dramma della «morte del fant».

Il Sciur Pibin passò al preoccupante stato delle finanze comunali. La sua lamentazione era fatta di accenni, allusioni, riferimenti a vaghi fatti, misteriosi sviluppi, nebulose perizie. La geremiade pullulava di aggettivi quali grave, critico, avverso, inquietante, incontrollabile. Per lui, CEO del Comune, non sussisteva dubbio: crisi finanziaria c’era, catastrofe minacciava! Meglio non dare ascolto alle voci amplificatesi negli ultimi tempi suggerendo che la Purezia, la nostra preziosa vacca da latte, non escludeva di trasferirsi fuori Valle, a Praga, a Saline Joniche, a Thusis…

Il Sciur Pibin recitò poi una confusa collezione di progetti che, sebbene già in corso o in esame, di fronte alla situazione disperata della cassa comunale dovrebbero essere stralciati, cestinati. Fra quelli condannati spiccava il campo da golf a LaRösa sul terreno fra Lagüzon, Lareit e Becal. Il CEO diceva averci lavorato da mesi a questo progetto. Ne conosceva i dettagli e tutti i vantaggi. Potervi giocare a golf anche d’inverno su sci di fondo, il golf di LaRösa sarebbe diventato una fantastica attrazione turistica e la più potente concorrenza al golf di Celerina, tanto più che l’infrastruttura ospitale e gastronomica esisteva già, bastava rimettere in sesto i due anziani Hotel Post. Sarebbe diventato un formidabile polo di sviluppo regionale. Vi si sarebbe aggiunto un progetto di artigianato e industria con la produzione di mazze da golf di qualità esportabile, fabbricate in legno dalla manodopera valligiana, sfruttando i nostri ricchi boschi, usufruendo dell’inventiva della nostra gente, creando posti di lavoro remunerativi. Il Sciur Pibin continuava a estendersi in aspetti innovativi del polo di sviluppo regionale con al centro il golf su neve. Più ne aggiungeva più si eccitava. Sembrava caduto in trance!

I deputati lo ascoltavano, a loro volta incantati ma confusi, tanto più che della golfarena non ne avevano mai sentito parlare. I deputati Compatti tuttavia, esterrefatti, si chiedevano come mai il CEO non li aveva tenuti al corrente di un progetto pionieristico come questo. Sospettarono in questa omissione lo zampino del Mondovi. Eminente stratega nonché presidente dei Compatti, aveva di certo intimato al Sciur Pibin di evitare ad ogni costo che i Pippi possano appropriarsi dell’idea originale del polo LaRösa e rivendicarne la paternità. Non doveva parlarne con nessuno!


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Redatto da Dino Beti di Panìsc – dino.beti@bluewin.ch