Microfinanza per spezzare la povertà 

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Microfinanza per spezzare la povertà 

Ci sono varie forme di solidarietà  per combattere la povertà . Una di queste – il microcredito – é stata presentata venerdì 20 febbraio nel Centro Evangelico di Cultura a Sondrio da Lavinia Sommaruga, direttrice dell’ufficio di Lugano di Alliance Sud, comunità  di lavoro delle maggiori organizzazioni svizzere di cooperazione internazionale impegnata ad influenzare la politica elvetica sulla questione del Sud del mondo.

L’importanza del microcredito è stata sottolineata dall’ONU, che ha dichiarato il 2005 “anno del microcredito”. Questo sistema di finanziamento è pensato per coloro, in particolar modo nei paesi del Sud, che non hanno accesso al prestito di denaro in quanto non dispongono di garanzie. Anche se forme di solidarietà simili esistono già da tempo in vari paesi del mondo, è soprattutto con Muhammad Yunus, premio Nobel per la pace nel 2006, che una trentina di anni fa la prima ”banca dei poveri” nasce in Bangladesh.

Sommaruga ha sottolineato che le principali protagoniste di questo sistema sono le donne in quanto sono molto responsabili e affidabili: investono infatti nei bisogni più urgenti quali la famiglia, l’alimentazione, la casa, i vestiti, la salute e l’educazione e soprattutto nella maggior parte dei casi restituiscono quanto dovuto. Ma ritorniamo a Yunus, che già all’epoca era riuscito a formare delle donne e impartire loro il più importante valore del microcredito: l’aiuto reciproco. Il problema è strutturale e per nulla naturale. Secondo Yunus, infatti: « Queste persone non sono povere per stupidità o pigrizia. Lavorano tutto il giorno, svolgendo a volte compiti fisici e complessi. Sono poveri perché le strutture finanziarie non le aiutano a migliorare la loro sorte ».

Ma quali sono le conseguenze? Sommaruga ha ricordato la dignità della persona che, grazie al microcredito, può ricevere l’attenzione e la fiducia e ha a disposizione i mezzi per affrontare il futuro. La fiducia è fondamentale, ma chi sostiene deve basarsi sui gruppi di credito esistenti, non mettere a disposizione somme superiori a quanto necessario per l’attività e soprattutto offrire una formazione. L’accompagnamento, la cooperazione sono infatti considerati fondamentali. Il microcredito è uno strumento che tuttavia va affiancato ad altri. Servono infatti terra, acqua, infrastrutture, conoscenze, consulenze e molto altro. Attualmente 92 milioni di persone ”non bancabili” possono accedere a questo tipo di solidarietà.

Esempi pratici? I prestiti non sono sempre e soltanto in denaro, ma si possono mettere a disposizione altri beni come animali o sementi. È ciò che è stato fatto in Etiopia. Una donna vedova che ha perso tutto, ha così la possibilità di avere una capra, nutrire con il latte i figli, concimare con lo sterco la terra. Restituirà poi un capretto della sua capra al gruppo, così che un’altra donna possa avere a sua volta una propria capra. Lo stesso avviene in altri paesi del Sud con semi, riso e altro ancora. Ricevi un bicchiere di semi e ne restituisci uno e mezzo.

Ci sono attualmente anche grandi banche che cominciano a sostenere le organizzazioni che si occupano del microcredito, come ad esempio la Women’s World Banking, la più ampia rete mondiale di microfinanza che ha sostenuto molti progetti soprattutto di donne. Un aiuto solidale in questo senso è presente anche nei paesi industrializzati con sistemi basati su solidarietà e fratellanza. È il caso di Nouvelle Economie Fraternelle in Francia, di Economia di Comunione, nata in Brasile, o di Economia d’Amore.

Esistono quindi diversi modelli di dimensione umana per aiutare e per aiutarsi in gruppi che vogliono crescere, migliorarsi ma soprattutto realizzare un sogno assieme.

Redatto da Michela Nussio dal Viadott – michelanussio@gmx.ch