Auguri di pronta ribellione

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Auguri di pronta ribellione

L’8 marzo di cent’anni fa si celebrava la prima giornata internazionale della donna, con lo scopo di sottolinearne la lotta contro situazioni discriminatorie. Nel giro di un secolo sono state numerose le conquiste sociali della donna. Ma si può davvero parlare di parità  dei sessi? Nel mondo del lavoro sicuramente no.

La parità dei sessi è cosa tanto proclamata quanto ancora distante. Ciò anche in Occidente. Emblematica al proposito è la situazione nel mondo del lavoro, dove la donna non ha le stesse possibilità d’accesso del maschio a impieghi di prestigio e si trova confrontata con delle discriminazioni a livello salariale.

La Svizzera è pure toccata – e in modo significativo – da tale fenomeno. Le donne esercitano prevalentemente professioni dalla società ritenute meno prestigiose e pertanto meno pagate, con ripercussioni sulla propria posizione sociale. I “posti di potere” del mondo del lavoro sono occupati in grande maggioranza dai maschi. Inoltre capita spesso che una donna che disponga della stessa formazione e che svolga gli stessi compiti del maschio, venga pagata inspiegabilmente meno. In Svizzera questa differenza nella retribuzione s’aggira di media fra il 15 e il 20 percento.

Alla base di questa disuguaglianza sociale stanno l’idea della superiorità maschile, da millenni profondamente inculcata in noi, e gli stereotipi legati ai sessi.

Nella donna si vede l’essere emozionale, obbediente e dedito all’allevamento dei figli. Il maschio deve invece badare al successo, alle prestazioni, così da poter provvedere ai bisogni più materiali della famiglia.

Questi stereotipi vengono trasmessi a donne e maschi a partire dalla nascita e forse già un attimino prima. Nel processo di crescita all’interno della società vanno poi a influenzarne le scelte di vita.

Il fatto che le donne nel campo professionale occupano mediamente posizioni più basse, lo si deve in parte a delle loro – apparentemente libere – decisioni. D’altro canto i maschi sotto sotto tengono a questi privilegi e, sebbene non per forza in maniera consapevole, non facilitano le conquiste della donna.


Per cercare di raggiungere un’effettiva parità fra i sessi bisognerebbe forse partire proprio da qui, tentando di toglierci dalla testa ataviche convinzioni.

Ho usato apposta la parola maschio anzichè uomo. A mio avviso già  il solo fatto che in italiano la parola uomo valga sia per maschio che per esseri umani la dice lunga sulla condizione di disparità  fra i sessi.

Redatto da Niccolò Nussio – nic@nussio.ch