Insediamento della pastora Simona Rauch. Vicosoprano – Valbregaglia

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Insediamento della pastora Simona Rauch. Vicosoprano – Valbregaglia

Matteo 20.29 – 34: che cosa vuoi io ti faccia?

Matteo 20:29 Mentre uscivano da Gerico, una folla lo seguì.
30 E due ciechi, seduti presso la strada, avendo udito che Gesù passava, si misero a gridare: ”Abbi pietà  di noi, Signore, Figlio di Davide!»
31 Ma la folla li sgridava, perchè tacessero; essi però gridavano più forte: ”Abbi pietà  di noi, Signore, Figlio di Davide!»
32 Gesù, fermatosi, li chiamò e disse: ”Che volete che io vi faccia?»
33 Ed essi: ”Signore, che i nostri occhi si aprano».
34 Allora Gesù, commosso, toccò i loro occhi e in quell’istante ricuperarono la vista e lo seguirono.

Ma Gesù non si ferma mai alle necessità superficiali. Per questo, vuole accertarsi della loro vera necessità. Un cieco nutre sempre un desiderio maggiore: vedere come gli altri il mondo intorno e gli ostacoli contro i quali sbatte. Non essere più escluso dalla bellezza della luce. Desidera mantenersi da solo. Vedere è il desiderio maggiore. Però, questi due ciechi non sperano più di vedere. Vivono chiedendo l’elemosina ai passanti, sperano al massimo di avere attenzione o del denaro per sfamarsi. La domanda di Gesù li spiazza: Che cosa posso fare per voi? Davanti al Figlio di Davide sentono aprirsi un mondo di possibilità, c’è uno che li costringe a chiedersi seriamente: che cosa voglio? Ci basta un gesto di aiuto, un conforto, del danaro? O chiediamo il massimo, vedere la luce del mondo? Ogni buon mendicante impara a capire il massimo da spillare all’interlocutore, senza sembrare sfacciato o andare via pentito di aver potuto ottenere di più. Ma questa arte la impariamo tutti perché io e tu siamo dei mendicanti. Domandiamoci: so che cosa voglio da Gesù? Sorpresi? Non ci rendiamo conto che abbiamo smesso di aspettarci qualcosa da Dio. Abbiamo imparato a sfamare le nostre necessità altrove, da soli o con l’aiuto di altri. Nelle difficoltà, invece di gridare al Figlio di Davide, abbiamo cercato “un aiutino” per trascinarci in avanti. Che cosa vogliamo da Dio? Il poco per vivacchiare nella grigia giornata o una giornata di sole? Per rispondere bene devi sapere cosa vuoi. I mendicanti devono saper chiedere il massimo ottenibile. I nostri due eroi fiutano che Gesù può andare oltre il superficiale al nucleo delle nostre esigenze.

Per dei mendicanti ciechi è difficile valutare chi sta di fronte. I passanti sono per loro tutti uguali. A tutti chiedono la stessa cosa. Ora i due ciechi all’uscita di Gerico potevano immaginare dal grande tumulto della folla che qualche cosa di grosso stava succedendo. Ascoltano che questo Gesù doveva passare davanti a loro. Dal loro udito dipendeva la loro rinascita o la loro rovina. Trascurando la folla intorno, si adoperano per attirare l’attenzione di uno solo, infastidendo gli altri. Forse era uno sbaglio puntare solo su uno, tralasciando il resto. Tante persone riunite era una ghiotta occasione per elemosinare. Invece fanno arrabbiare molti che, diventando ostili, cercano di zittirli. “Essi però gridarono più forte” affinché Gesù li udisse e si intrattenesse con loro. Che cosa spinse i due ciechi a puntare cocciutamente su uno solo e rischiare di sprecare la giornata? I due avevano capito chi gli stava passando davanti e hanno giudicato bene. Hanno riconosciuto che il passaggio di Gesù era il momento cruciale della loro vita e gridano: “Signore, abbi pietà di noi, figliolo di Davide”. Evidentemente, hanno capito chi gli stava davanti.

I ciechi di Gerico chiamano Gesù “figlio di Davide”. È il titolo attribuito all’atteso Messia, il re inviato da Dio e il Salvatore del popolo. I profeti avevano detto che avrebbe guarito i ciechi, gli zoppi e i muti. Certo, si potrebbe dire, ci sono tante parole pie nella Bibbia, però, per quei due, sono assegni da riscuotere dall’inviato di Dio. Allora gridano forte per incassare il compimento delle promesse dall’inviato di Dio. Un Signore che non era venuto “per lasciarsi servire, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti”. All’inizio di questa strada essi erano due tra i molti mandati a Gesù. Essi hanno creduto che Gesù passasse di là perché era il loro momento e sapevano bene cosa chiedergli. Non si lasciarono scappare l’occasione. Non volevano un miserevole aiuto, un’elemosina, vogliono da lui il massimo e il meglio, il necessario alla vita: vedere con i loro occhi. Non vogliono una cosa provvisoria, parziale – vogliono tutto e lo ottengono in un istante. Oh quanto vorrei essere fervente come quei ciechi che si attaccano a Gesù come loro Salvatore! I ciechi di Gerico sono veri discepoli di Gesù. Sì, come noi, sono dei veri cristiani perché, come cristiani, noi stiamo come loro distesi sulla strada attendendo Gesù e lì dipendiamo dal nostro udire quel Gesù che passa per noi, perché solo così possiamo gridare e chiedere la nostra guarigione. Chiedere, come i due ciechi, non un piccolo aiuto, ma il massimo: vedere una vita nuova in Cristo. Ricevere il massimo dal Cristo inviato da Dio a noi.

Quando si ottiene quello che si vuole, come i due, il problema è gestire il dopo. Quei ciechi chiamano Gesù allo stesso modo dei cristiani “Signore”. È anche il grido di preghiera della chiesa. La chiesa ripone ogni speranza nel Signore. “Gesù li chiama”, “ha pietà di loro” e “tocca i loro occhi” ed essi diventano non solo vedenti, ma aprendo gli occhi, diventano discepoli. Per loro è finito il tempo di lasciarsi condurre dagli altri e dell’irrequieto non fare niente. Gesù chiama anche la sua Chiesa e i cristiani sulla sua strada della passione e dell’abbassamento, sulla strada del servizio, sulla “strada della misericordia” (Da Gerico a Gerusalemme). Ora, in relazione con l’insediamento di un pastore, affiora la domanda: che cosa ci aspettiamo da un pastore? Si potrebbe rispondere con le parole del Salmo 118: È meglio rifugiarsi nel SIGNORE che confidare nell’uomo. Che cosa ci potremmo aspettare di più da un pastore di quello che prima è stato letto nelle dichiarazioni di insediamento? Che è, per un essere umano troppo e per la comunità sempre “solo un poco”. Non dobbiamo esigere da lei più del saperci indicare la strada verso il Cristo crocefisso, dal quale aspettarci tutto. Quadro del pittore Cranach che riassume la figura di Lutero dipingendolo mentre indica al Cristo crocifisso. Citazione di Lutero: siamo dei mendicanti che indicano la strada ad altri mendicanti. La domanda è per noi: cosa ci aspettiamo da quello che viene detto nel culto o nei colloqui personali e quello che udiamo? Una piccola edificazione? Un piccolo impulso spirituale? Passare un’ora rilassante? Se è questo, allora chiediamo poco, una goccia versata su di una pietra infuocata! Per quanto possiamo aspettarci da un predicatore, pastore e comunità, devono aspettarsi il massimo solo dal Signore della Chiesa e della nostra vita: il necessario per vivere e per essere gioiosi. Lui guiderà il nostro “dopo” nella fedeltà a Lui dovuta.

Non lo vediamo più, siamo ciechi ma Gesù ci chiede sempre “che cosa volete che io vi faccia?” Non è una domanda faziosa, ma la ricerca di profondità nella vita. Che invidia per questi due ciechi che capiscono chi gli sta di fronte e che gli chiedono il massimo. Con la fede è così: o si crede del tutto o si vivacchia sui bordi della strada vedendo le giornate passare. Essi incassano l’assegno promesso di Dio. Tu che cosa vuoi da Gesù? Una fede e una Chiesa tiepide oppure il massimo? Vedere la luce di Cristo nel tuo cammino e godere della sua gioia? A te Simona, auguro la forza e l’umiltà di seguire il Signore della Chiesa e saperci indicare Cristo Crocifisso per la nostra salvezza.

Chiediamo quindi oggi come in tutti gli altri giorni: Signore apri la mia bocca. Signore donaci degli occhi vedenti per il tuo operare! Signore, apri i nostri orecchi per ascoltare la tua voce; Signore donaci dei cuori pronti per vivere con te. Amen.

appunti per la predicazione del pastore Antonio Di Passa

Redatto da Antonio Di Passa – antonio.dipassa@gr-ref.ch