Della Vedova e la fusione comunale:
“Lo chiamerei Comune Bernina”

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Il podestà di Poschiavo ragiona su un’eventuale fusione comunale
Nuova discussione per “Le ragioni degli altri”, incentrata sul tema delle fusioni comunali.
Fra pochi giorni scoprirete anche come la pensa al riguardo il candidato a sindaco di Brusio Plinio Pianta.

Come secondo tema di dibattito della nostra nuova rubrica, ho scelto di tornare su argomenti ed idee non nuove. Si tratta ancora una volta di fusione comunale. Perché?

Perché spesso mi nasce la curiosità verso un qualcosa che non perde d’attualità, anzi forse, prepotentemente, torna nuovamente alla ribalta in vista delle ormai prossime votazioni comunali di Brusio. Oggi dunque vi propongo le riflessioni in merito da parte del primo cittadino del Comune di Poschiavo, Alessandro Della Vedova, che mostra una certa simpatia per l’idea di trovarsi un giorno a parlare di un solo unico grande comune valligiano.



Della Vedova, durante la sua ultima allocuzione in occasione della festa del 1° di agosto a Poschiavo, l’allora podestà Tino Zanetti, ha pronunciato le seguenti parole: „Il Comune è però anche l’entità politica più piccola del nostro sistema. Oggigiorno si notano un po’ ovunque dei limiti nel risolvere al meglio i vari problemi. Nel nostro contesto, nonostante l’attuale buona collaborazione con le autorità del vicino Comune di Brusio, si è giunti, a mio modo di vedere, ormai al punto di prendere in seria considerazione la fusione dei due comuni.“ Cosa ne pensa di queste parole?

Condivido le parole del mio predecessore Tino Zanetti, in quanto non sostiene in maniera perentoria la necessità di “unire i due comuni”, quanto piuttosto la volontà di “valutarne seriamente la possibile fusione”, il che mi sembra una differenza sostanziale, tutt’altro che banale. Tradotto in parole povere, per quanto mi riguarda ciò significa chiamare attorno a un tavolo gli organi preposti e interessati, discutere apertamente la tematica, valutare serenamente i pro e i contro e poi decidere, o meglio, dare al popolo l’opportunità di esprimersi in un senso, piuttosto che nell’altro.

Tutto ciò sulla base di dati concreti e oggettivi, senza quindi sbandierare a priori verità assolute per partito preso, come invece a volte accade. Pur non volendo affatto sminuire il peso del fattore emozionale – in fin dei conti siamo umani, e fortunatamente le emozioni sono ancora parte integrante del nostro modo di essere e agire – non nascondo tuttavia una certa insofferenza nel constatare che spesso, quando da chicchessia esiste la volontà di approfondire un argomento delicato, dalla vera o presunta controparte monta prontamente il sospetto, che poi si traduce rapidamente nell’accusa di aver già anticipato la decisione finale a sostegno della propria tesi.

Con questa affermazione non voglio fare di tutta l’erba un fascio, cadendo io stesso nella trappola del giudizio semplicistico e qualunquista, intendiamoci. Ciononostante, mio malgrado constato sovente la tendenza ad erigere sin da subito solide barricate di difesa, il che mi sembra un modo di affrontare le tematiche piuttosto superficiale.


Secondo lei le fusioni, al giorno d’oggi, possono davvero essere una risposta ai problemi della gente?

Dipende dalla tipologia di problema. Se quest’ultimo consiste nel non più essere in grado di garantire un adeguato servizio al cittadino, unicamente perché la struttura comunale è oggettivamene troppo piccola per farlo, direi che la risposta è sì. Se invece il problema è congenito e di altra natura, nel senso che esula dalla dimensione del comune, come ad esempio la volontà o meno di promuovere politiche a favore dei giovani e quant’altro, allora direi che la risposta è no.

A mio modo di vedere, ammesso e non concesso che esista un problema, la chiave di volta sta prima nell’identificarlo e poi saperlo gestire. Faccio un esempio: se il problema fosse da ricercare nella presunta debolezza dei comuni potenzialmente aggregabili, sarebbe una pia illusione credere di avere un comune forte semplicemente attraverso un processo di fusione. Tengo comunque a precisare che la mia è una riflessione generica, che dunque esula dalla situazione specifica che caratterizza la nostra Valle.

E le fusioni comunali oggi, le ritiene più un’utopia o realtà prossima?
Mi sembra di poter affermare che le fusioni comunali sono già una realtà, pertanto né prossima, né remota. Basta vedere quanto accaduto in Val Bregaglia, oppure in Val Monastero, per citare esempi a noi prossimi.

Quali fattori hanno secondo lei impedito fino ad oggi una fusione comunale in Valle?
Probabilmente il fatto che non si è mai avvertita la necessità di farlo, perché le circostanze presenti nei due comuni non hanno mai indotto a porsi seriamente la questione.

Quali i vantaggi di una fusione comunale in Valposchiavo secondo lei?
Probabilmente una maggior facilità nella gestione del territorio e degli investimenti in infrastrutture pubbliche, con conseguente contenimento del rischio di creare inutili doppioni, sui quali potrebbe gravare l’impossibilità di un utilizzo razionale ed efficiente. Ciò a causa del numero esiguo dei potenziali fruitori delle infrastrutture stesse nei singoli comuni. In sintesi, sto chiamando in causa la legge dei numeri, o della massa critica, come si usa chiamarla oggigiorno.

Quali gli svantaggi?
Verosimilmente l’oggettiva difficoltà di trovare una chiave di ripartizione, gestione e attuazione del potere decisionale, che non sia percepita dai diretti interessati come discriminante nei confronti delle proprie peculiarità.

Pensa che raggiungeremo la fusione dei comuni di Poschiavo e Brusio nei prossimi anni? Se sì, entro quale anno approssimativamente?
Se mi permette di risponderle con una battuta, da cattolico credente le rispondo che non dobbiamo porre limiti alla divina provvidenza!

Dove dovrebbe situarsi la sede amministrativa del nuovo ed unico comune?
Questo aspetto dovrebbe essere oggetto del processo di analisi e trattativa, non escludendo tuttavia a priori una ripartizione equa e razionale sui due maggiori centri urbani, che sono ovviamente Brusio e Poschiavo.

Che nome darebbe al nuovo ed unico comune valligiano?
Penso che questo sia l’ultimo dei problemi da porsi. Non voglio tuttavia esimermi dal dare una risposta, pertanto azzardo la seguente dicitura: “Comune Bernina”, che non farebbe torto a nessuno dei due comuni attuali.




Inoltre:

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