di Simona Passini
La mia esperienza in un college americano
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Torna fra qualche giorno sul Bernina per leggere la seconda puntata!
Sono una ragazza di diciannove anni e l’estate scorsa ho terminato il liceo bilingue italiano-tedesco alla scuola cantonale di Coira. L’anno prossimo vorrei iniziare gli studi sulle pubbliche relazioni e comunicazione, di conseguenza ho deciso di scrivere un articolo sulla mia esperienza in un college americano. Momentaneamente sto trascorrendo un semestre in una scuola per studenti indigeni in Nordamerica, alla “Northwestern Connecticut Community College”, per perfezionare il mio inglese.

In agosto è iniziata la mia permanenza in America, dove ho l’opportunità di poter abitare presso dei parenti – il nonno di questa famiglia è emigrato da Poschiavo nel 1901. A metà agosto mi sono iscritta alla scuola e poi sono stata convocata per svolgere un test d’ammissione. La prova d’esame comprendeva una parte linguistica ed una aritmetica. Dopo essere stata selezionata ed ammessa a tre corsi: inglese scrittura e lettura e matematica-algebra, mi è stata data l’occasione di scegliere l’orario dei miei corsi: ho deciso di partecipare al corso di matematica sul mezzodì, il che significa che ho lezioni due giorni in settimana, sempre alla stessa ora, nella stessa aula – ciò mi facilita la programmazione della giornata e posso facilmente ricordare quando consegnare i compiti.

Dopodiché mi è stata consegnata la lista dei libri consigliati dai professori per i diversi corsi. Naturalmente, questi volumi, li ho dovuti acquistare nella libreria della scuola. Alcuni giorni dopo la mia ammissione sono stata invitata, tramite lettera, a visitare l’istituto assieme agli altri nuovi ammessi. Durante questa giornata d’orientamento ho avuto l’opportunità di vedere i diversi uffici scolastici, la libreria ed altri servizi a favore degli studenti. Alcuni professori si sono presentati e hanno messo a disposizione il loro tempo per rispondere ad eventuali domande. Gli stessi ci hanno pure incoraggiato a stringere nuove amicizie, studiare, partecipare alle diverse manifestazioni, come pure a frequentare i numerosi club della scuola. Nel corso di quella giornata ho incontrato una signora finlandese, che avendo vissuto a Bergamo, conosceva anche la mia cara Valle.
Quant’ è piccolo il mondo e com’ è bello poter parlare un po’ di italiano con lei. Ho pure stretto amicizia con una ragazza, che mi ha introdotto al gruppo di basket della scuola. Nonostante la mia statura non sia da “cestista”, mi diverto molto e ho conosciuto pure diversi studenti. Lo sport crea nuovi legami ed aiuta nell’integrazione. Ogni club o società della scuola deve avere un allenatore o un responsabile, avere orari fissi di allenamento, partecipare a gare di livello statale, avere un regolamento e assistere agli incontri mensili della scuola, dove il direttore discute le esigenze degli studenti e dei vari gruppi.

A settembre, finalmente, il mio primo giorno di scuola è arrivato. I miei “zii” americani mi hanno offerto un passaggio a scuola in macchina. Già da subito mi sono resa conto che ogni studente arriva con la propria macchina. Ogni giorno, pertanto, è inevitabile qualche conflitto per potersi accaparrare il miglior parcheggio all’entrata dell’edificio. Sono poi entrata in questo enorme edificio che è la “Fouders Hall”, l’edificio principale con la libreria, dove frequenterò tutte le mie lezioni.
Ho camminato nei lunghissimi corridoi e come prima cosa, ho notato la mensa, nella quale ci sono una mezza dozzina di tavolini e alcuni divani rivolti in direzione di una tv. Grazie alla giornata d’orientamento, sono riuscita a trovare l’aula di matematica in pochi minuti e a prendere posto. Inaspettatamente mi rendo conto che l’aula è come nei film: un locale grande con finestre che vengono aperte facendole scivolare in su, invece di aprirle come facciamo noi ad armadio, una quarantina di banchi singoli con le sedie attaccate, dove studenti di ogni età si siedono; teenager che hanno appena terminato la “high school”, giovanotti tornati dalla guerra in Iraq o Afganistan, madri e padri che hanno deciso di tornare a studiare. Le aule sono attrezzate con computer e “beamer”. Le lezioni durano novanta minuti che, certe volte, sembrano interminabili.

Sono molto soddisfatta dei corsi ai quali partecipo e mi piace il rapporto studente-professori che quest’ultimi cercano di costruire. Sto facendo un esperienza unica ed i professori che ho mi stanno sostenendo in modo esemplare per migliorare la lingua.
In conclusione, vorrei affermare che sia la scuola cantonale di Coira, sia il “college” nordamericano sono scuole straordinarie, con professori competenti, che sanno supportare i propri alunni. Anche se in modo diverso, entrambe le scuole sono ben organizzate, accompagnano lo studente e lo aiutano nel percorso scolastico. L’unica grande differenze sono il sistema delle note, le quali vengono date in lettere dall’A+ (che corrisponde alla migliore nota) alla F.

Mi rendo conto che l’America è piena di sorprese, da un lato certe cose sono simile alla Svizzera, mentre per altri versi sono completamente diverse. Grazie a quest’ esperienza riesco a capire meglio questa filosofia di vita e l’etica nell’affrontare le varie situazioni. La politica e il patriottismo vengono scritti con le maiuscole ed ogni casa ed ogni edificio pubblico espongono con orgoglio la bandiera americana. D’altro canto, il consumismo non ha limiti e, dal mio punto di vista mi sembra di trovarmi in un paese in via di sviluppo.
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