Abitazioni secondarie: una fonte di guadagno e sviluppo troppo importante per il Cantone dei Grigioni

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Il SAB respinge l’iniziativa popolare sulle abitazioni secondarie
Il Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB) respinge l’iniziativa popolare denominata «Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie». È quanto si apprende da un suo comunicato stampa di martedì 10 gennaio.


Secondo il SAB, la Confederazione, i cantoni ed i comuni hanno già predisposto delle misure adeguate per regolare questa problematica. L’iniziativa popolare in questione è dunque superflua e potrebbe persino produrre degli effetti controproducenti.

Il Comitato del Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB) ha deciso, durante la sua ultima seduta, di pronunciarsi contro l’iniziativa popolare «Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie». Questa iniziativa sarà sottoposta ai cittadini il prossimo 11 marzo e vuole fissare al 20% per comune, la proporzione di abitazioni secondarie. Il Parlamento federale ha già concepito una risposta indiretta a questa iniziativa, attraverso la revisione della legge sulla pianificazione del territorio. Questa disposizione, che è entrata in vigore il 1° luglio del 2011, obbliga i cantoni ed i comuni a introdurre delle misure di gestione, sino al 2014. Se questa non fosse applicata, nessuna abitazione secondaria potrà essere autorizzata. I desideri espressi dai sostenitori di questa iniziativa popolare sono quindi sin d’ora già soddisfatti; l’iniziativa stessa risulta quindi superflua.


Sono già state introdotte delle misure

I cantoni ed i comuni hanno già introdotto delle misure per regolare la costruzione di abitazioni secondarie. Berna ed i Grigioni hanno per esempio rivisto il loro piano direttivo ed altri cantoni sono sul punto di farlo. Numerosi comuni hanno anche preso delle disposizioni. A seconda della situazione considerata, queste misure fissano una proporzione delle abitazioni principali, determinano dei contingenti destinati alle residenze secondarie, creano delle zone riservate al settore alberghiero, introducono delle tasse d’incitamento o mirano anche a sfruttare meglio le abitazioni secondarie esistenti. In pratica, è spesso la combinazione di questi mezzi differenti che permette di regolare meglio questa problematica.


L’iniziativa popolare ha degli effetti perversi

L’iniziativa popolare propone unicamente d’introdurre un contingentamento rigido. I comuni, nei quali la proporzione delle abitazioni secondarie supera il 20%, non potranno più costruirne delle nuove. Tutti gli altri comuni avranno la possibilità di autorizzare l’apparizione di abitazioni secondarie supplementari. Questa iniziativa potrebbe quindi favorire la moltiplicazione delle residenze nello spazio rurale, piuttosto che il raggruppamento degli alloggi e delle attività legate al turismo. In questo quadro, lo scopo dei sostenitori non sarebbe in alcun modo raggiunto. In alcuni casi, i cantoni ed i comuni potrebbero essere tentati di rimettere in questione le misure introdotte sino ad ora.




L’importanza economica delle abitazioni secondarie

L’iniziativa popolare disconosce l’importanza delle abitazioni secondarie per lo sviluppo delle regioni rurali. Per numerosi comuni di montagna, il turismo rappresenta la principale attività economica. Secondo le ultime cifre disponibili (l’analisi statistica per l’industria para-alberghiera è stata soppressa nel 2003), un terzo circa dei pernottamenti è creato dalle abitazioni secondarie. Le abitazioni di vacanza contribuiscono quindi a creare ed a mantenere dei posti di lavoro nelle regioni rurali. Nel cantone dei Grigioni, il 10% del suo prodotto interno lordo (PIL), ossia all’incirca 1 miliardo di franchi all’anno, è legato alle abitazioni secondarie. In Vallese questo valore rappresenta 1,5 miliardi di franchi ossia il 12,6% del PIL. Le abitazioni secondarie costituiscono quindi un pilastro importante del turismo svizzero. Se questa forma d’alloggio fosse troppo debole, i turisti potrebbero rivolgersi ad altre offerte simili disponibili all’estero. In alcuni casi, questa iniziativa potrebbe anche provocare la scomparsa di posti di lavoro e costringere all’esodo una parte della popolazione.