“Chi ci vota non ci vota perché la nostra sedia in Gran Consiglio sia prevalentemente vuota”

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La Costituzione non si tocca e il Gran Consiglio si «disciplina»
La sessione del Gran Consiglio vista da Noi-Togni: la revisione di un articolo costituzionale e nuove regole di comportamento per i membri del Gran Consiglio.


Per ciò che riguarda il primo di questi temi, la proposta del Governo al Gran Consiglio era quella di «ritoccare» l’articolo 61 della Costituzione cantonale (quello concernente i Comuni patriziali), allo scopo di rendere possibile, malgrado la fusione di più Comuni politici, il mantenimento dei Comuni patriziali come se non ci fosse stata questa fusione. Concretamente: i Comuni patriziali, secondo questa proposta, non si sarebbero dovuti adattare al nuovo «perimetro comunale» in caso di fusione, ma avrebbero potuto continuare a ricoprire quella parte di territorio del periodo antecedente la fusione. Una regola assai bizzarra che avrebbe visto, ad esempio in caso di fusione di quattro Comuni politici, un Consiglio patriziale per solo un quarto degli abitanti di questo nuovo Comune, con le complicazioni che ne sarebbero conseguite. Questo contrariamente alla chiara regola dell’attuale Costituzione che prevede i Comuni patriziali costituiti dalle cittadine e dai cittadini patrizi, domiciliati nel rispettivo Comune politico.

La strana proposta del Governo, sostenuta dalla maggioranza della Commissione della politica statale e della strategia del Gran Consiglio, veniva motivata dall’intenzione di voler sbaragliare da ostacoli la strada verso la fusione dei Comuni. Metodo indiretto quindi per ottenere qualcosa, e poco importa se lo strumento è la nostra Magna Charta e le complicazioni sono all’angolo. Un modo di fare che chiaramente non mi piace e che non è neppure piaciuto alla maggioranza del Parlamento che ha bocciato, con 61 voti su 50, questa proposta. La Costituzione quindi non si tocca: per intanto!



Il Gran Consiglio ha anche aderito alla proposta della deputata Vera Stiffler di Coira che, al suo primo atto parlamentare, si vede confortata dal sostegno (pertinente!) del plenum granconsigliere nella richiesta di maggior disciplina per i membri del Gran Consiglio. Contrastata dai vertici parlamentari (presidente del GC e presidenti dei gruppi parlamentari) la deputata non si è lasciata intimorire e – dimostrando coraggio e fermezza – ha chiesto più sostanza negli interventi parlamentari e meno ripetizioni (quelle che si fanno per apparire nei media), più precisione, più struttura, meno cerimoniale ripetitivo e inutile, meno andirivieni nell’emiciclo. Ed io, appoggiando la deputata ho aggiunto: e meno assenze! Chi ci vota non ci vota perché la nostra sedia in Gran Consiglio sia prevalentemente vuota. Inutile dire che ad essere contro la proposta della deputata Stiffler sono stati quei deputati che – più degli altri – avrebbero bisogno di disciplina. La proposta è stata comunque accettata ed un’apposita commissione del Gran Consiglio si chinerà tra breve sui quesiti posti dalla giovane deputata.

Per nulla considerato dai media (e chi si meraviglia?) un atto parlamentare che ci riguarda: le rimostranze di un parlamentare alla prassi di elezione dei giudici del Tribunale cantonale. Che, secondo lui, dovrebbe seguire una prassi diversa. Anzitutto a cosa servono le inserzioni sui giornali se poi sono solo i partiti a fare le proposte in Gran Consiglio? E a cosa serve che sia la Commissione della Giustizia a vagliare le candidature se poi a deciderne sono i gruppi parlamentari?
Buone domande secondo me che non cambieranno la prassi in vigore dato che l’atto parlamentare è stato respinto. Prassi che, come abbiamo recentemente constatato, penalizza il Grigioni Italiano e può pregiudicare la qualità della carica. Cosa che ho ribadito in Gran Consiglio come ho ribadito, nell’ambito della discussione sull’interpellanza del deputato Pedrini (rappresentanza grigionitaliana nelle Istituzioni del Cantone) la mancanza di un membro italofono nella Commissione della Redazione del GC. La stessa alla quale è oltretutto delegata la responsabilità delle formulazioni che vengono sottoposte al popolo in caso di elezioni e votazioni. Anche al popolo grigionitaliano. La premessa è che chi giudica i quesiti posti in votazione popolare (questo il compito della Commissione) lo sappia fare dal profilo linguistico. Legale il fatto che così non sia?



Nicoletta Noi-Togni