La fine della Stria Cozza: ottava puntata
I giorni delle torture, la “relazione” del Luogo Tenente Pagnoncini, la confessione e la svolta finale.
I dialoghi e l’ambientazione degli stessi, come pure i narratori, sono inventati. I fatti raccontati inerenti al processo come pure i nomi delle persone coinvolte nello stesso, al contrario, sono quelli citati e ripresi dagli atti processuali.
Quanto scritto in corsivo rappresenta il testo originale o il suo contenuto. Vedi processo Criminale contro Maria Ada, la Cozza per stregoneria a Poschiavo nel 1753 31.1/29.3 riportato dal Giudice Federale Gaudenzio Olgiati.
22.3.1753 È stato ordinato di torturare Maria per mezz’ora e mezzo quarto.
L’indagata ha ribadito la sua innocenza. A questo punto le è stato chiesto se durante i controlli del maestro di Giustizia abbia sentito un qualche dolore alle gambe e lei risponde: “A mio ricordo Sigr., no”. Se abbia avvertito d’essere toccata con qualche istrumento. Affermativo: “Con una guggia.” Come fa a saperlo? “In quanto mi fece male.”
Per i Giudici, dunque, il suo dire è contradditorio. L’Ufficio pretende da ciò che un novo adminicolo contro Maria, che tale insensibilità procede da un segno o sia bollo fattovi dal Demonio con cui vi siate al medemo obbligata. Inutili i dinieghi ripetuti da Maria Ada alla quale è stato chiesto, come mai abbia tenuto celata la cognizione inerente il barba Giovanni. L’imputata ha risposto di essere cosciente del fatto che una persona con dei parenti indagati in famiglia sarebbe diventata pure lei sospettata, che il suddetto era stato in giustizia.
Il Podestà Reggente Antonio Compagnone ha attestato, che con un testimonio presente, d’aver ricevuto dalla indagata la stessa risposta il giorno prima. Prova lampante della volontà di scansare l’ipotesi d’aver imparato l’arte stregaria, dallo stesso barba.
L’inquisita non ha voluto negare la parola del Tit. Sigr. Podestà, bensì che avrebbe perso la memoria su questa faccenda.
Il supplizio fu subito ripreso, ma e soprattutto, per la relazione fatta dal Signor. L.T. Gio. Pagnoncini che:
“Come guardia, durante la notte passata, poco prima della nove e ancora ben sveglio, udii un grande strepitio. Proprio sopra la stuffa grande. Sembrava come se stessero tirando del legname e che tremasse la casa. Quasi subito dopo, udii a passeggiare con zappatura [dial., zapadi] grave fuori nel salone; indi mi parve d’aver inteso a smoversi li catenasci di basso; e di aver sentito a chiara voce due o tre volte: Sgiovan! Sgiovan!; persuadendomi fra me stesso, dopo d’aver riflettuto al fatto, che ciò divenisse da una turba de Demonij! Chiusi la porta della scala a chiave e ne essendovi altro dentro, se non il Ti. Sigr. Podestà e il servitore Antonio, che riposavano alquanto, oltre lui stesso che vegliava, et la detenta Maria nella stuetta nova, sì che altro non poteva essere, se non un strepito infernale.”
Si è provveduto subito alla tortura. Alle domande poste, si sono sempre avuto le stesse risposte negative accompagnate a delle invocazioni al Signore. È stata legata e issata con una corda, lasciata pendolare per delle mezze ore, quindi rilasciata in basso. Molteplici volte. Sempre sotto controllo di eventuale sudore o di lacrime.
Maria Ada ha incominciato a risentire pesantemente del tormento.
I Giudici si sono ritirati e hanno discusso di altri particolari.
Maria Ada ha ricordato, cercando di smontare le accuse, che la filza d’ambra che Madalena dette a sua sorella Agnes, sarebbe stata presa dalla stessa bugiarda (Madalena) a una sua cugina. La parente l’aveva, a suo tempo e per questo episodio, incolpata di essere una grande bugiarda. A casa sua, Madalena raccontò di averli ricevuti da Maria Ada. Queste ambre finirono in mano alla sorella andata più tardi in paradiso.
Parlando dell’Albert Triacha infine, ha ricordato il riscatto del campo e da come qui nacque l’odio verso di loro.
23.3.1753 Maria Ada, tramite il servitore Francesco Semadeno, ha desiderato conferire con i Signori Podestà Regente Antonio Compagnoni, il Signor Decano e Podestà Regente Gian Bernardo Massella, Sigr. L.T. Gio. Pagnoncini e con Bernardo Franchina.
Ha confessato di aver insegnato l’arte di strega alla Madalena Triacha, luogo e tempo e modo come ha deposto la stessa ammaestrata.
Inoltre:
Di aver appreso l’arte dal barba, all’età di quindici anni in una selva chiamata Casai, di là del fiume verso il Saiento.
Di ritenere veritiera la storia della polverina raccontata da Madalena.
D’aver ordinato lei a Madalena d’insegnare l’arte malefica alla figlia dei Rampi, Domenighin.
D’aver ricevuto per ben tre volte, della polvere malefica dal Demonio per far precipitare delle bestie.
D’esser stata, molte volte, in barilotto [sabba, incontro di streghe]. Questo, in diversi luoghi e almeno due volte la settimana. Il martedì e giovedì sera.
Di aver fatto tempestare.
Di avere avuto relazione carnale con il Diavolo assieme a Madalena.
D’essere andata in barilotto sia portata dal Diavolo che su di una scopa ontata dallo stesso Demonio.
Dopo questa relazione i Giudici hanno ordinato di passare al processo formale e incaricano il molto illustrissimo Sigr. Podestà d’ordinare la difesa super definitiva per il più possibile risparmio delle correnti spese. La detenuta sarà inoltre provvista dei panni necessari onde non patisca.
Da questo momento Maria Ada ha riaffermato le situazioni imputatele, con dovizie di particolari. Userà però, in sostanza, le parole di accusa di Madalena.
24.3.1753 Maria Ada si è ricordata delle deposizioni fatte e quindi non occorre altra lettura delle imputazioni. Ha inoltre raccontato altri fatti per sottolineare le sue possibilità in qualità di strega.
Di come sia riuscita a liberarsi dal Demonio e di come si lasciò ulteriormente vincere.
Ha inoltre rilevato che, con altre streghe, furono incitate a far cadere quella Rovina giù alli Zaloni [a sud della Val di Gacc, Campascio] circa sette anni prima. Alla domanda di come avessero fatto, rispose: “Vi gettamo dentro, dove cominciò detta rovina a cadere, della polvere et dell’onto. Indi noi ci portavamo avanti in giù, et dietro a noi veniva poi la rovina: comandate a far ciò tutto dall’istesso Demonio. Noi [streghe], grazie alla sua arte eravamo invisibili benché fosse giorno. Le compagne non le paleso, perche non posso palesare li peccati dell’altri.”
Alla domanda se avesse riconosciuto tra queste streghe delle altre persone, prima si è schernita, quindi ha fatto i nomi di Albert Triacha e di Cattarina Zala di Viano e Campascio.
Ha dichiarato che il Diavolo in persona ha impartito l’ordine di far scendere la frana che distrusse varie case dei Zaloni, che si sono spostate con delle scope “Ontate da butirro, ma io poi non so di qual sorte fosse, perché fu ontata dal Demonio”. Proprio come hanno fatto per andare ai vari barilotti. Ha inoltre confessato dove questi si trovassero, sia dalla parte di Viano sia da quella di Cavaione fin su al Giümelin.
26.3.1753 I Giudici hanno ammonito Maria Ada di voler obbedire alla Giustizia e dar Gloria all’Altissimo Iddio senza però gravare sul prossimo. La esortano di voler attestare, sotto giuramento, se abbia conosciuto qualche altra persona in occasioni dei berlotti. La sollecitano a dichiarare la verità per non far torto all’anima propria nel tentare di celare qualche altra persona conosciuta in dette riunioni. Questo sarebbe ritenuto come uno spergiuro.
Al ché l’indagata ha dichiarato: “Io non ho conosciuti altri sicurissimanente oltre li nominati… e questo depongo per il giuramento.”
Un numero ristretto di Giudici ha assistito a un’ulteriore leggera tortura. Leggera, poiché non desiderano pregiudicare l’eventualità che Maria Ada desideri deporre spontaneamente e non sotto dolore intenso. La detenuta però non ha cambiato la deposizione appena fatta.
27.3.1753 L’intero Magistrato si è radunato e ha ordinato di proseguire contro detta Maria, e ha consegnato gli atti della imputazione a Bernardo Franchina, difensore della stessa in questa circostanza.
È subito seguita l’imputazione ricavata dalla confessione del giorno prima da parte dell’imputata che cita:
In conformità a cotante indegne, perfide sacrileghe, orrende e infernali azioni il consenso si è trovato di pieno accordo. Il magistrato, in debito verso il suo ufficio, decide dunque di procedere alla pena adeguata a simili orribili eccessi, anche per altrui esempio.
Seguono quindi i quattordici capi d’imputazione
[vedi pagina 230 Processi di Stregoneria nella Antica Giurisdizone di Poschiavo 1682-1753 Vol IV/II ]
Al che, Maria Ada, rea imputata, ha supplicato il perdono all’Altissimo Iddio e anche la Giustizia con fermo proponimento d’abbandonare l’indegna arte sino ad ora praticata etc.
A nulla valsero le considerazioni della difesa che spiegava trattarsi di una confessione estorta con la tortura e atta a porre fine al proprio martirio.
Per i Giudici la tortura era stata eseguita in base alla costituzione Carolina Art. ecc. Inoltre il tormento era stato applicato per gradi, come previsto dalla stessa legge.
Inoltre, gli argomenti portati dal difensore per dimostrare l’innocenza dell’imputata, si distruggono dal fatto che la stessa ha confessato davanti a Dio ed ai Giudici, di aver peccato.
Verosimile inoltre agli occhi dei giudici, la responsabilità della indagata per la caduta della rovina sulle case degli Zaloni (effettivamente avvenuta), come pure per la separazione dei Tueni, come per la morte di Domenica Triacha, sorella di Madalena. Anche se il maleficio non sarebbe stato diretto alla stessa deceduta, ma ad una sorella maggiore!
Ricordano inoltre sempre i Giudici, che le interrogazioni sono sempre state fuori dal luogo del tormento in base alla legge!
Si ribatte inoltre il dilemma posto dalla difesa: o Madalena non era abile a testificare, in questo modo la sua deposizione è nulla, o se abile, allora avrebbe dovuto essere idonea pure alla tortura. Sempre per accedere alla verità! Come discepola di una strega, avrebbe dovuto avere lo stesso trattamento! Non essendo stata tormentata, la sua deposizione, per logica dovrebbe essere nulla.
Nulla da fare. L’abiura, pur essendo un atto puramente ecclesiastico, è stata ritenuta valida dai Giudici.
Il difensore ha pure impugnato la giovane età di Madalena e dunque la sua credibilità per quanto sia stato vero e quanto frutto di fantasia. I Giudici invece, ricordano che le deposizioni, fatte in tempi vari e circostanziati, sono sempre state costanti. Senza variabili né incertezze.
Il Tribunale ha quindi ordinato di passare alla sentenza… dandone poi l’avviso alla condannata della decretata sua morte, acciò possa disporsi a quel gran passaggio coll’accudire all’interessi dell’anima sua.
(continua)
Nella prossima puntata
Per Maria Ada sono gli ultimi giorni. L’esecuzione della sentenza si avvicina, mentre dall’altra parte si organizza la merenda.
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