Votazioni del 22 settembre nell’ottica dell’etica e della logica

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L’opinione di Nicoletta Noi-Togni
Non dovrebbe essere così: il popolo dovrebbe potersi fidare di quanto decidono i politici chiamati a fare il bene delle loro comunità ed anche il bene in nome delle loro comunità.

Difficile però fidarsi quando valori etici e logica di pensiero sembrano venir meno. Questo devono aver pensato gli inizianti della proposta sulla quale andremo a votare il prossimo 22 settembre, che chiede di ancorare nella Costituzione cantonale il principio secondo il quale il Cantone s’impegna affinché le società alle quali partecipa, non effettuino investimenti in centrali a carbone. Centrali che sappiamo nocive – e non solo potenzialmente – per l’uomo e per il suo ambiente. Certo questa modifica della Costituzione non sarebbe necessaria se non fossimo in presenza di un esempio, quello di Saline Joniche, dove l’azienda Repower – con il beneplacito dell’azionista di maggioranza e cioè del Cantone dei Grigioni – progetta la costruzione di una enorme centrale a carbone. A danno questo – e senza riguardo per l’opposizione di chi paventa pericoli e per il parere di esperti della sanità – sia della popolazione calabrese come di altre potenziali popolazioni. I contrari all’Iniziativa sulla quale andremo a votare (e che io naturalmente accetterò) argomentano con i posti di lavoro e con il vantaggio finanziario che dall’industria del carbone perverrebbero anche al nostro Cantone. Dimenticando però che nulla ci dà il diritto di procurare danno ad altri. Di più: nessuno dovrebbe avere il diritto di compiere ciò che non è etico in nome del Cantone, cosa che inevitabilmente succede in questo caso che vede proprio l’entità Cantone direttamente coinvolta oggi a Saline Joniche e domani non si sa dove. Perciò è giusto accettare che un divieto in questo senso venga ancorato alla Costituzione e rifiutare i tatticismi di un Controprogetto che tende solo a dilazionare tempi e modi di questa insana tecnologia ma non a bandirla.

 

Anche di etica e di logica si tratta nella votazione federale della Legge sulle epidemie per la quale è stato impugnato il Referendum. Se non mi convincono tutti gli argomenti dei referendisti, meno ancora mi convincono quelli dei favorevoli a questa nuova legge. Prima di tutto l’affermazione secondo la quale non cambierebbe nulla tra questa legge e quella (da più parti ritenuta sempre ancora valida) del 1970, soprattutto dal punto di vista dell’obbligatorietà delle vaccinazioni (ma allora perché cambiare?). No, io credo che in quest’ambito la nuova legge porti a dei cambiamenti, fossero anche solo la martellante propaganda – si fa già oggi ma risulterebbe da questa legge ulteriormente legittimata – sulle vaccinazioni soprattutto per ciò che riguarda il morbillo e le influenze. Intendiamoci bene: non sono certo contraria alle vaccinazioni quando queste sono sensate ed hanno una loro indicazione. Ci sono però oggi molte persone, molti genitori che si interrogano giustamente sulla bontà di continuamente stimolare l’apparato immunitario per produrre anticorpi. Sappiamo per esempio che una malattia tradizionale dei bambini come il morbillo dovrebbe ancora oggi poter avere una evoluzione benigna mentre d’altronde anche la vaccinazione per la stessa potrebbe prestarsi a complicanze. M’interrogo anche sulla necessità ed efficacia della pletora di vaccinazioni anti-influenzali. Che sono auspicabili secondo me solo in caso di persone a rischio per età o per malattia. Se però qualcuno omettesse di propria volontà una vaccinazione e ne risultasse un danno, ebbene allora questa nuova legge potrebbe avere conseguenze sulle prestazioni dell’assicurazione malattia? Questo è solo un interrogativo al momento, ma certi se lo pongono. Inoltre nel testo di legge non si fa riferimento alla trasmissione di agenti patogeni tramite trasfusioni di sangue, il che sarebbe necessario a mio parere e rientrerebbe (forse rientra, non è chiaro) nelle infezioni nosocomiali delle quali si è discusso molto ma che – pur ammettendo l’aumento di resistenza agli antibiotici – erano già state riconosciute come combattibili tramite igiene e disinfezione nel 1856 dal grande Semmelweis (combattuto dalla scienza e morto in manicomio). Che oggi le modalità di lavoro siano molto diverse è chiaro e auspicabile; che però certe misure igieniche siano state lasciate cadere (sono stata testimone diretta di questi cambiamenti negli anni) è meno auspicabile. Non so quindi se sono le mancate vaccinazioni ad influire sulle infezioni da nosocomio oppure se le vaccinazioni le eviterebbero, come si vuol far credere. Forse non è così ma io non mi sento di appoggiare questa legge; men che meno è per me una garanzia l’Ufficio federale della Sanità: troppe le cose malfatte negli anni (vedi campagne anti-AIDS e disabili e gli scoordinati acquisti di materiale, medicamenti e vaccini rimasti inutilizzati, questo tuttavia su “semidettato” dell’Organizzazione mondiale della salute).


Nicoletta Noi-Togni