Contestare il direttore… ma solo in silenzio

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Comunicato di Poschiavo Viva
L’immediata risposta di Antonio Platz manifesta una particolare percezione del diritto d’opinione. Saccenza, pressapochismo, inettitudine e faziosità? L’autore si assume la responsabilità dei contenuti. Persone coinvolte godono del diritto di replica. La Redazione

Solo perché non si condividono le sue conclusioni, presentate dopo profonde ricerche nei labirinti economici ed ecologici? Nel suo editoriale può accusare altri di essere ipocriti, opportunisti, può semplificare, contorcere qualsiasi contesto per arrivare ai suoi obiettivi e somministrare in dosi omeopatiche le sue “informazioni”. Lui può contestare senza ritegno, mentre agli altri sono concessi solo minimi accenni critici?

Possiamo disquisire a lungo sull’ovvio: certo, l’iniziativa è stata lanciata per vietare il carbone e impedire a Repower d’investire in tale settore. E questo non è una novità. Tantomeno è una novità che i sondaggi hanno dei limiti oggettivi e sono direttamente influenzati da chi affida l’incarico. Ma questa constatazione vale per le associazioni ecologiste, i settori economici, le istituzioni e persino per la stampa. Possiamo dilungarci oltre sulla relatività del tutto, ficcarci nella schizofrenia dell’aria fritta, però – che piaccia o meno ad Antonio Platz – nell’ambito dell’iniziativa e della prossima votazione il risultato di quel sondaggio e il clima etico-ambientalista hanno una pertinenza innegabile.

Infatti, se Repower, Governo e Gran Consiglio fossero stati certi di disporre dei voti necessari, non si sarebbero scomodati a produrre un controprogetto: bastava raccomandare il NO! Dopotutto, seguendo i ragionamenti di Platz, non esistono motivi ambientali ed etici a sostegno dell’iniziativa. Allora, perché presentare un compromesso, che in forma diluita potrebbe condizionare ugualmente il futuro imprenditoriale di Repower? Un comportamento incomprensibile se il tema etico fosse semplicemente riconducibile all’ipocrisia o al pressapochismo.


L’elettricità italiana e la Cina

Ciononostante, gli elementi di maggiore interesse sono gli argomenti addotti da Antonio Platz per dimostrare che ogni piccolo sforzo verso il risanamento dell’ambiente è praticamente inutile (purtroppo non viviamo in un mondo ideale…) e che l’iniziativa, trattandosi di “mero opportunismo politico”, potrà solo peggiorare la situazione ambientale. Prendiamo il costo dell’elettricità in Italia: le ricerche di Platz dimostrerebbero che se il prezzo non cala, molte aziende dovranno chiudere o trasferirsi all’estero, aggravando ulteriormente i problemi ambientali. E il motivo sarebbe sostanzialmente legato al fatto che le destinazioni più ambite sarebbero la Cina e i paesi emergenti. Infatti, la sua lettura del rapporto CIA ha fatto emergere l’alta potenzialità inquinante e la minore efficienza delle centrali cinesi rispetto a Saline Joniche, che si ripercuoterebbe poi su tutte le produzioni.

Queste informazioni di Antonio Platz dimostrerebbero che gli obiettivi dell’iniziativa sarebbero definitivamente deleteri. A un livello superficiale queste considerazioni possono sembrare plausibili, infatti, il costo dell’energia può essere un fattore, specialmente per i segmenti industriali d’alto consumo. Ma nel contesto generale, segnalato fine marzo 2013 dall’ufficio studi CGIA, non è l’unico e tantomeno particolarmente rilevante. Infatti, parallelamente ai motivi legati al mercato globale, seguono le tasse, la burocrazia, il costo del lavoro, il deficit logistico-infrastrutturale, l’inefficienza dell’amministrazione pubblica e le difficoltà d’accesso ai crediti.

Inoltre, proprio i dati CGIA sottolineano che le delocalizzazioni non interessano principalmente la Cina, la quale risulta solo al settimo posto, largamente distaccata per numero d’imprese. Il 55% sceglie invece proprio l’Europa. E il paese più attrattivo sembra essere la Francia, che da sola ha accolto finora più del doppio della Cina (Platz potrà poi usare questo contesto per disquisire sulla problematica dell’energia nucleare in Francia…).


L’evidenza che Antonio Platz non presenta

Pertanto, dov’è il nesso logico enfatizzato da Antonio Platz? In cosa consiste la relazione fra il costo dell’elettricità, il prospettato trasferimento delle aziende in Cina e il suo auspicio di raggiungere gli obiettivi del trattato di Kyoto? Magari che quelle industrie resterebbero in Italia se venisse realizzata la centrale a carbone di Saline Joniche? Oppure che Repower offrirà loro l’elettricità alle condizioni della Cina o di altri paesi europei, invece d’applicare le tariffe consuete? Probabilmente si sentirà nuovamente frainteso, ma il suo discorso non è razionale. Si tratta solo di una “costruzione retorica” per affermare che – preso atto della tragica situazione in Cina – “l’iniziativa, non farebbe che peggiorare la situazione”. Quindi, “è preferibile puntare su soluzioni, che diano la garanzia di rispettare i parametri di Kyoto”. E in questo contesto è implicito che pensi alla centrale Repower di Saline Joniche, benché sia lampante che non contribuirà a evitare la chiusura o il trasferimento delle aziende. Tantomeno ridurrà il costo dell’energia in Italia o porterà dei benefici all’ambiente calabrese e mondiale. Questa è la semplice evidenza che l’editoriale di Antonio Platz non presenta. E pretende un applauso per i suoi meandri di qualunquismo intellettuale?

Disinformato e saccente sarebbe quindi il comitato di Poschiavo Viva, perché non sa apprezzare il suo impegno analitico. Proprio lui che si è informato leggendo il rapporto della CIA, si chiede il motivo del riferimento agli Stati Uniti? Semplice, perché la CIA opera in modo identico alle sue analisi: a senso unico. Infatti, dopo la Francia, risulta che la destinazione più ambita dalle aziende italiane è proprio la nazione americana, accogliendo anche lei più del doppio della Cina. Eppure, questo dato sembra mancare nel suo cumulo d’informazioni, forniti dall’agenzia di spionaggio. Nonostante le evidenti responsabilità americane per l’inquinamento mondiale e il fatto che gli Stati Uniti, diversamente dalla Cina e gli altri paesi emergenti, non hanno mai ratificato il trattato di Kyoto.

La rimanente evidenza argomentativa di Platz è altrettanto precisa. Analizzando intensamente ogni aspetto (salute, economicità, rispetto dei diritti umani, approvvigionamento, misure di sicurezza…) è arrivato all’identica conclusione di quella precedente, riguardante le centrali cinesi. Pertanto, è una circostanza trascurabile che il potenziale nocivo del carbone non si limiti alla produzione energetica, connesso al CO2 e alla notevole emissione di sostanze tossiche, ma si evidenzi già nella fase d’estrazione con effetti devastanti per i territori e la popolazione.

Probabilmente gli è bastato constatare che Repower conosce questi problemi. L’intento dell’azienda grigionese di seguire i principi di “Bettercoal” è apprezzabile, perché potrebbe contribuire a proteggere l’ambiente nelle località d’estrazione, rispettare i diritti dell’uomo, ostacolare il lavoro minorile e migliorare la sussistenza dei lavoratori e delle comunità. Tutti temi, che – oltre l’impatto ambientale – manifestano delle condizioni di sfruttamento incivili! Quindi sarebbe inevitabile interrogarsi sulla reale efficacia di simili principi, giacché la lista dei membri di “Bettercoal” elenca soltanto nove grandi aziende energetiche europee (senza Repower), mentre non si trova traccia dei produttori: i principali responsabili. Eppure dopo l’intenso studio di svariati atti, queste circostanze non sono risaltate. Magari non si è accorto che i fogli erano finiti sotto la scrivania.


Eppoi c’è la questione calabrese

Il testo di Poschiavo Viva cita una pubblicazione ufficiale della Regione Calabria del 27 giugno 2013. Pertanto, o Antonio Platz insinua che quest’organo istituzionale opera in malafede, e quindi è anche in grado di dimostrarlo, oppure le sue ultime affermazioni rientrano nella casistica dei deliri. In questo contesto va pure aggiunto, che l’unica considerazione di Poschiavo Viva riguarda un fondamento di ogni giurisprudenza amministrativa: nel caso di vertenze legali, l’entrata in vigore di un decreto amministrativo impugnato, quindi la definitiva applicabilità di un’autorizzazione, è legata alla sentenza del tribunale interpellato. Nel caso del TAR, la sentenza è immediatamente esecutiva, rimanendo comunque la possibilità d’appello al Consiglio di Stato.

Probabilmente Antonio Platz si reputa anche un esperto di diritto, sebbene le sue dichiarazioni non confermino questa presunzione. Infatti, nel suo ultimo intervento ha asserito che sarebbe pendente “solo la sospensiva”, come se si trattasse di una bazzecola. Un ricorso non sospende gli effetti d’un provvedimento amministrativo, pertanto, quando la relativa esecuzione può causare danni gravi e irrecuperabili, su richiesta dei ricorrenti, il TAR può disporre la sospensione. Ma quella è soltanto una fase preliminare della procedura di ricorso, inoltrata dalla Regione Calabria. Si può quindi affermare che la questione non è per niente appianata, come insinua Platz. O forse pensava che il tribunale discutesse gli effetti tonici della brezza marina calabrese?

Ma le allucinazioni non trovano limiti. Poschiavo Viva né ha alluso che Platz non si sia informato sulla situazione calabrese né ha riportato che “tutta la regione coinvolta dal progetto sia ostile alla costruzione di una centrale a carbone”. Semmai, l’esistenza dell’opposizione è stata illustrata dalla RSI. Se avesse letto l’articolo a mente lucida, si sarebbe accorto che il riferimento alla Calabria è connesso unicamente alla posizione della Regione Calabria, che nella gerarchia istituzionale italiana è paragonabile al Cantone dei Grigioni e quindi deve adempiere il compito di rappresentare e difendere gli interessi della popolazione calabrese.

Ciò non toglie – e qui sta la critica di Poschiavo Viva – che la crociata editoriale di Antonio Platz sia vagata in contesti incongruenti senza un minimo accenno, senza mostrare interesse alla situazione locale, alle problematiche legali, ambientali e territoriali, espresse appunto nel ricorso della Regione Calabria. E ora ci conferma innocentemente di aver avuto tre occasioni per prendere atto della situazione, ma poiché non gli era evidente chi fosse favorevole o contrario, ha deciso di non spendere una parola. Un ragionamento giornalistico ineccepibile. E nonostante tutto ciò, sarebbe Poschiavo Viva che strumentalizza la popolazione?


Il trionfo della permalosità

Tuttavia, l’integrità intellettuale e morale di Antonio Platz si lascia ancora dilatare. Per questo motivo passa al fendente decisivo: la politica. L’affondo è terribile, perché Platz istruisce che è stato il Cantone a indicare la via internazionale a Repower (che sarà sicuramente grata per questa precisazione…). Quindi i cervelloni, gli strateghi dell’espansione sarebbero i nostri rappresentanti politici e non i dirigenti aziendali. Però – probabilmente era troppo immerso nella ricerca di parole adatte per discreditare Poschiavo Viva – è finito nella morsa delle emozioni, senza accorgersi delle fesserie rivelate nelle sue trionfali affermazioni.

Nel contesto attuale è semplicemente indifferente se l’idea iniziale è stata sviluppata dall’azienda o dall’azionista di maggioranza. Semmai è rilevante che le dinamiche democratiche, quindi un’iniziativa e la successiva decisione popolare, possono esigere un radicale cambiamento di rotta. E questa circostanza è stata semplicemente ignorata. Allo stesso modo è stata ignorata l’implicazione etica e la sensibilità popolare nei confronti dell’ambiente e del carbone. Una società privata ha magari la possibilità di “fregarsene”: un’istituzione pubblica no, perché, presto o tardi, deve rendere conto ai cittadini. Pertanto, se il Cantone siamo noi, tanto per riprendere il concetto che ha fatto esultare Antonio Platz, allora è un diritto fondamentale dibattere, contestare e persino reimpostare delle decisioni cantonali controverse. E questo implica anche l’ambito ambientale ed etico, connesso alla partecipazione cantonale a Repower.

Allora, dove sta l’incoerenza riscontrata nel testo di Poschiavo Viva, che giustifichi le accuse d’inettitudine, pressapochismo e faziosità? Nel fatto che dei cittadini non condividano le scelte strategiche nel campo energetico o l’intento d’imporre una centrale a carbone in Calabria? Oppure che un ente pubblico debba corrispondere ai principi etici? O magari il tutto è soltanto d’attribuire alla sua permalosità? Nella sua risposta Antonio Platz comunicherà probabilmente che il contenuto dei suoi discorsi è stato nuovamente frainteso. E questo non sarà certo imputabile ai suoi requisiti retorici o intellettuali, ma semplicemente “all’ignobile stile politico di Poschiavo Viva”.

 

Comitato POSCHIAVO VIVA