I conti non tornano

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Poschiavo Viva
Tutto cambia. Le certezze politiche ed economiche sono in persistente mutamento e spesso, completato un logorante processo, restano solo alcuni brandelli, piccole pezze che non servono nemmeno a bendare le piaghe.

Tante certezze si rivelano delle fragili illusioni, palloncini rosa pieni di speranze, gonfiati da dichiarazioni inconsistenti, pronti a scoppiare al primo contatto.

Risparmio, snellimento, semplificazione … o sfacelo?

La riforma territoriale, perseguita dal Governo cantonale, è allineata ai ritornelli del neoliberalismo globale: risparmio, snellimento, semplificazione… In questo senso, il risultato delle consultazioni politiche non mira a potenziare le condizioni di gestione, la logica di disossare le strutture pubbliche punta invece al declassamento di regioni come la nostra. Pertanto, la riforma rappresenta solo un nuovo tassello per colare a picco le periferie, minare l’autonomia comunale e instaurare la centralizzazione istituzionale. Si tratterà solo d’attendere gli inevitabili fiaschi per “costringere” il Cantone a intervenire e decidere, sostituendo i diretti interessati. Intanto, saranno le delegazioni degli Esecutivi ad assumersi – parallelamente agli impegni comunali – il compito di sviluppare il territorio, gestire i servizi e le attività d’interesse della nuova regione Bernina, formulare gli innovativi obiettivi per il potenziamento territoriale ed economico e, in questo modo, evitare il progressivo degrado regionale.

Tutto in assoluta “trasparenza” (senza un controllo parlamentare), superando i divari e gli interessi particolari dei singoli comuni. Purtroppo, gli esempi recenti non sono stati proprio edificanti nel dimostrare l’efficienza e la capacità di sviluppare dei progetti. Infatti, il messaggio relativo al credito per il Centro tecnologico del legno doveva, di per sé, garantire una presentazione accurata e coerente. Così, confidando in questi presupposti, la popolazione poschiavina ha appoggiato l’investimento di 650’000 franchi in un progetto considerato trasparente, verificato in ogni dettaglio dai responsabili comunali e dagli esperti coinvolti: un investimento per un’eccellenza della formazione, capace di rinvigorire l’orgoglio della periferia.

Un nuovo costoso edificio per quanti studenti?

Evidentemente il problema dell’ubicazione è solo un “piccolo neo”. Infatti, non sembra inquietare i responsabili, che dalla prima decisione in Giunta fino alla votazione popolare hanno presentato due progetti diversi, corredati da piani e immagini. Tanto meno incrina la decantata competenza o la presunta credibilità che sei mesi dopo sia stato necessario un nuovo trasferimento. Nonostante il fatto che il messaggio abbia certificato una scrupolosa valutazione del progetto, elencando i costi d’investimento e le fonti di finanziamento. Eppure, i conti non tornano. Gli investimenti aumentano per l’acquisto d’un immobile (non si parlava d’affittare un capannone prefabbricato?) e un risanamento presumibilmente ben più ampio di quello presentato prima della votazione; 175’000 franchi del Comune di Brusio sono tuttora pendenti e i sussidi pubblici calano a 584’070 franchi. Pertanto, gli 1.5 milioni distinti nella tabella del messaggio come capitale senza vincoli di restituzione, si rivelano un debito da sommare al mutuo per il nuovo immobile. In questa circostanza, il denaro da restituire non si limita a 265’000 franchi, che nel messaggio includeva anche sponsor e donazioni, ma supererà di almeno otto volte l’importo pubblicato.

Naturalmente sono solo degli spiccioli che magari avrebbero potuto offuscare l’entusiasmo propagato dal messaggio. Tuttavia, i costi aumentano per cui è scontato un considerevole indebitamento. Intanto, il progetto per la nuova sede presso la stazione procede (commissionato a progettisti fuori valle?), mentre la fondamentale verifica dell’offerta e dell’effettiva richiesta di formazione è ancora frammentaria. Sebbene in Italia persista la crisi del settore, non esiste il minimo problema, perché prevedranno che il nuovo investimento sarà facilmente equilibrato da un esponenziale aumento degli studenti provenienti dalla vicina penisola, superando comodamente la stima di 150 studenti l’anno. E anche Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia, sarà più che disponibile nei confronti del CTL, senza curarsi della votazione federale sull’immigrazione di massa o della necessità di risanare i suoi conti.

La decisione popolare è nulla

Questo è un anno d’elezioni, meglio mettersi al riparo e lasciar crescere un po’ d’erba sulla questione. Tuttavia, lo scambio di poltrone nel consiglio d’amministrazione del CTL – passando il testimone dal Podestà al Luogotenente – non maschera la gravità degli ultimi sviluppi. Tanto meno cela che le condizioni divulgate prima del voto sono state manifestamente disattese, annullando sostanzialmente la decisione popolare. Le parole e i numeri cozzano con i fatti e, alla fine, emerge inevitabilmente una situazione condizionata da una gestione improvvisata e dal conflitto d’interesse.

Non basta solo l’ottimismo

Tutto cambia. Anche mamma Repower rivede i costi d’investimento e redige continuamente nuovi pronostici, spostando prima di un anno e poi di sei la realizzazione del progetto Lagobianco, che nel 2010 era ancora tassativamente fissata per il 2013: senza possibilità di deroga! Intanto, il Comune e la Regione blindano la pianificazione territoriale, corrispondendo alle esigenze di un progetto, che probabilmente non verrà realizzato, e addossando i costi ai contribuenti. Eppure nel 2006 c’era ancora tanto ottimismo, le casse comunali in buono stato e Rezia Energia vantava i primi successi nella scalata ai mercati europei. Tanti segnali ottimistici, che l’allora direttore Karl Heiz aveva ricalcato nel suo discorso per la festa nazionale, sollecitando a investire negli immobili, costruire appartamenti per ospitare una marea di nuovi impiegati. Il progetto Lagobianco non era ancora annidato nelle fantasie dei manager, impegnate dai profetici ampliamenti idroelettrici in alta valle. Ma anche negli anni seguenti non c’era spazio per dubbi, mentre ora le casse comunali sono pressoché vuote, Repower “ristruttura” l’azienda con i primi licenziamenti e l’economia edilizia poschiavina collassa per le cause d’una prevedibile bolla immobiliare.

Il 25 novembre scorso la Giunta comunale approva il preventivo 2014 con un disavanzo di circa 2 milioni. Poche settimane dopo arriva però una nuova sorpresa: Repower comunica che per il 2013 risulterà un passivo, determinato da una svalutazione straordinaria di 220 milioni. Un importo non indifferente che, alla prova dei fatti, equivale alla somma dei profitti dal 2009 al 2012. Durante lo stesso periodo, il valore delle azioni precipita del 58 per cento. Senza contare la stangata per il Cantone, risultata dall’acquisto della partecipazione Alpiq, pagandola il 64 per cento in più della quotazione in borsa. Un vero affare, se consideriamo che oggi quegli 86 milioni ne valgono appena 48. Forse l’ottimismo non è bastato e sarebbe stato opportuno valutare i vantaggi, esposti con notevole impegno comunicativo, e gli inevitabili svantaggi, differenziando coerentemente i campi d’interesse.

La mamma e la suocera

Risparmio, snellimento, efficienza: gli stendardi neoliberali che esaltano il mercato libero, perseguendo un consistente ridimensionamento dello Stato. La riduzione del tasso fiscale per le società commerciali di quasi due terzi, decisa in Gran Consiglio, sembrava un primo, importante obiettivo per stimolare la competitività fiscale ed economica. Eppure, l’unico risultato certo è stato quello di mettere in ginocchio buona parte delle amministrazioni comunali: Poschiavo compresa. Un semplice confronto aritmetico avrebbe ridimensionato l’ottimismo cantonale, infatti, per preservare i comuni da consistenti perdite, si dovevano almeno raddoppiare le aziende o i profitti. Passati diversi anni con i conti in rosso e superato l’ostacolo del referendum, i disavanzi dovrebbero essere coperti parzialmente dalla perequazione finanziaria, aumentando la dipendenza dal Cantone: una logica finanziaria semplicemente brillante.

Ma la competitività è determinata anche dalla qualità dei servizi e dallo sviluppo delle infrastrutture pubbliche e per questo sono necessari sia i mezzi finanziari sia le strutture istituzionali, utili a livello comunale e regionale. Alla mamma, celebrata enfaticamente, si affianca una dispotica suocera, che si profila con perspicaci riforme del quadro istituzionale e finanziario. E noi li seguiamo accecati da tanta competenza?

 

Comitato POSCHIAVO VIVA