In Valposchiavo vive e si riproduce il gipeto barbuto, l’uccello più grande delle Alpi

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Anche quest’anno è nato un pulcino di gipeto barbuto
IL BERNINA ha contattato Arturo Plozza, guardiano della selvaggina per alcuni chiarimenti riguardanti questo meraviglioso avvoltoio da alcuni anni presente in Valposchiavo.




Caratteristiche fisiche

Il gipeto barbuto (Gypaetus barbatus, Linnaeus 1784) è un avvoltoio che ha un’apertura alare di circa 2,60 metri e pesa dai 4 ai 7 Kg e la sua durata di vita è di circa trent’anni. Lo si riconosce dalla sagoma della coda che è a forma di cuneo a differenza dell’aquila che ha la coda a forma di ventaglio. Nell’animale adulto il colore del piumaggio sul petto e sulla testa è giallo/arancione. Inoltre è l’uccello più grande che conosciamo nelle Alpi.


Reintroduzione del gipeto barbuto sulle Alpi

Questo uccello (uno tra i più grandi d’Europa) era scomparso dalle Alpi agli inizi del ‘900 e solamente grazie ad un programma internazionale (negli anni ’90) i responsabili dei parchi alpini europei hanno iniziato il progetto di ripopolamento. Arturo Plozza conferma: ”Nell’ambito del progetto di reintroduzione del gipeto sono stati rilasciati numerosi giovani gipeti (1991-2007). Uno dei posti di rilascio (quattro sull’arco alpino) è il Parco nazionale svizzero. Dal parco fino alla Valposchiavo il percorso in volo per un gipeto è relativamente breve”.

Il gipeto barbuto (Gypaetus barbatus, Linnaeus 1784) è un avvoltoio che ha un’apertura alare di circa 2,60 metri.

 

In passato considerato un predatore pericoloso

In passato il gipeto era anche chiamato comunemente avvoltoio degli agnelli. Questo infausto nome frutto dell’ignoranza umana giustificava l’abbattimento del nobile rapace fino a portarlo a scomparire dai cieli alpini. In realtà il gipeto non riesce a sollevare prede del peso di un agnello (dai 7 ai 10 Kg) e la sua alimentazione si basa essenzialmente di midollo proveniente dalle ossa degli animali morti durante l’inverno. Raramente si nutre di prede vive. Essendosi specializzato nell’ingestione delle ossa ha ridotto così la competizione con gli altri necrofagi. Caratteristica curiosa è l’arte di rompere le ossa troppo grandi facendole cadere sulle rocce da una certa altezza (luoghi detti “rompitoi”).

Arturo Plozza afferma: “Il gipeto pur essendo un rapace diurno non caccia e non uccide le sue prede. È molto grande e sa spostarsi velocemente su un ampio territorio. La sua strategia è quella di sorvolare ampi territori alla ricerca di animali morti. La sua grande dimensione non gli permette di essere un veloce cacciatore. Il volo del gipeto è spesso a ampi cerchi e non molto in alto (ricerca di cibo/curiosità). Questo fatto unito alla sua impressionante mole lo ha a lungo fatto ritenere predatore pericoloso: in alcune vecchie stampe veniva rappresentato come “rapitore” di agnelli e anche di bambini. De facto è un predatore del tutto innocuo ma con una importante funzione ecologica ossia di spazzino della natura”.

 

Situazione in Valposchiavo

Il guardiano della selvaggina afferma che nei Grigioni non è semplice stabilire il loro numero; nell’arco alpino invece sono presenti oggi circa 200 esemplari. Inoltre nel 2013 sono nati 13 piccoli con una cova naturale allo stato brado. Plozza continua: “In Valposchiavo è presente una coppia di gipeti che nidifica. Altri singoli gipeti che vengono osservati sono uccelli che dalle zone limitrofe (Engadina/Livigno/Alta Valtellina) fanno regolarmente visita alla Valle. Inoltre è una specie protetta, come tutti i rapaci diurni e notturni. La protezione è fissata nella legge federale sulla caccia”.

Le zone, come la Valposchiavo, dove vivono un numero elevato di ungulati selvatici, garantiscono ottimo e sufficiente nutrimento ai gipeti. Questa motivazione e la vicinanza all’area di rilascio (in Engadina) hanno fatto in modo che la Valposchiavo fosse stata ben presto visitata dai gipeti in volo. Plozza ci conferma: “Tre anni fa è stato documentato il primo tentativo di cova con la costruzione di un nido. Questo primo tentativo non ha avuto successo ma lo scorso anno (2013) c’è stata in Valle una cova coronata da successo. Il primo giovane gipeto nato in Valposchiavo è stato realtà. E anche quest’anno (fine marzo 2014) è nato un pullo. Possono nascere anche due piccoli ma di regola solo uno sopravvive (fenomeno del cainismo)”.

© Giorgio Murbach. Gipeto barbuto di passaggio sopra i tetti di Poschiavo. Scatto effettuato il 25 marzo 2014 alle 13.40.

 

Espansione e rischio di avvelenamento da piombo

Comunque per quanto riguarda l’espansione di questo magnifico uccello non vi sono particolari preoccupazioni e nemmeno si rischia un’invasione. Il gipeto si colloca all’apice della piramide ecologica e come ogni avvoltoio si è specializzato in un preciso settore dell’alimentazione. Quindi per la legge di natura il gipeto rimarrà relativamente un rapace diurno raro ma con una presenza costante grazie a qualche coppia nidificante e a singoli uccelli di passaggio.

Molti poi sono i casi nelle zone alpine di avvelenamento da piombo per i rapaci a causa dei proiettili dei cacciatori. Arturo Plozza dichiara: “Il tema piombo vale anche per il gipeto essendo come detto un animale che si ciba di animali morti o di resti di questi (per esempio le interiora degli animali abbattuti a caccia). La questione è al momento tema di discussione e di studi scientifici. L’abbandono graduale delle munizioni contenenti piombo è sicuramente auspicabile”.


Ascolta il canto del gipeto barbuto

 

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