L’opinione di Poschiavo Viva
Il caso di Viale è significativo per tre motivi: primo, perché mette in evidenza i problemi che si possono verificare, quando le basi pianificatorie non sono state approfondite seriamente;
secondo, perché simili situazioni possono nuocere massicciamente alla reputazione e questo non solo a livello locale ma estendendosi persino alla dimensione cantonale; e terzo, perché dimostra la fondamentale necessità di procedure trasparenti e competenti, come pure di comunicazioni ineccepibili.
Un pasticcio che non resterà senza conseguenze
I botta e risposta sui media, le contraddizioni, le acrobazie per scrollarsi di dosso le responsabilità o le accuse più o meno velate servono a ben poco ormai. Le ultime dichiarazioni dei responsabili cantonali lasciano presumere che siamo arrivati al capolinea. Il progetto sarà ridefinito oppure verranno considerate altre ubicazioni. Tuttavia, aldilà di questo risultato, che perlomeno attesta la sensibilità politica del Dipartimento cantonale, il Comune non brilla, anzi, passa per un partner istituzionale inaffidabile. Un pasticcio che non resterà senza conseguenze, perché chi compromette la sua reputazione, spesso si gioca anche il sostegno per i suoi obiettivi… In ogni modo, non è più rilevante se una parte coinvolta abbia comunicato e presentato dettagliatamente le sue intenzioni edilizie, o l’altra abbia sottovalutato la complessità ambientale della cantoniera e dei relativi sili. Ciò che dovrebbe interessarci è l’origine del problema, se vogliamo evitare che simili situazioni paradossali si ripetano. E il punto di partenza, che piaccia o meno al Consiglio comunale, è il “concetto di sviluppo territoriale”. Il Dipartimento cantonale ha cercato un’ubicazione idonea per la realizzazione del suo complesso e il Comune lo ha appoggiato pienamente a tutti i livelli procedurali, dalla scelta del luogo alle trattive per l’acquisto del fondo. La premessa per il sostegno dell’ubicazione a Viale è stata fornita dal “concetto di sviluppo territoriale”, che prevede una zona artigianale-industriale: questo particolare è sottolineato dal rapporto tecnico cantonale e confermato dal comunicato dell’amministrazione comunale.
Ora, invece di barricarci dietro alle inutili e fuorvianti polemiche dei responsabili, dovremmo finalmente ragionare sulle potenziali conseguenze del “concetto di sviluppo territoriale”. Le preoccupazioni, discusse in diversi articoli, si stanno concretizzando e, più passa il tempo, maggiore è l’urgenza di dare una sterzata al timone. Infatti, senza la profilatura della cantoniera, senza le proteste locali, sarebbe passato inosservato che il Comune, basandosi sulle proposte degli esperti incaricati, intende inserire un’area artigianale-industriale a Viale. Cosa sarebbe accaduto dopo l’approvazione della pianificazione, se invece della cantoniera si fosse trattato di un’azienda privata? Magari, il Comune aveva acquistato i fondi, come è già successo a Li Gleri con la zona artigianale, fatto elaborare un piano per strutturare l’areale e finanziato l’urbanizzazione. Poi, vendute le parcelle alle aziende interessate, inoltrate le domande di costruzione e le presumibili opposizioni, il Consiglio comunale avrebbe deciso che i sili non sono tollerabili? Inutile discutere sulla certezza che la questione sarebbe finita in tribunale con pochissime probabilità di vincere la causa. Perché una simile zona è destinata proprio ad attività che verosimilmente necessitano dei sili e la legge edilizia in vigore stabilisce addirittura la concessione di deroghe per sili che superano l’altezza massima prescritta.
Il costo delle “visioni”…
Le zone artigianali-industriali sono necessarie, ma anche senza i sili sono difficilmente gestibili, restano i problemi del traffico, i vari depositi, le costruzioni prefabbricate che, di certo, non diventeranno un emblema architettonico (l’esempio più eclatante l’abbiamo di fronte a Santa Maria…). Pertanto, quali sono gli obiettivi e i concetti pianificatori? Prima destiniamo delle superfici a zone con simili esigenze e poi, per contenere “l’impatto ambientale e paesaggistico”, mettiamo dei nuovi vincoli, oppure le regoliamo a tal punto da ostacolare l’insediamento delle aziende? Può sembrare assurdo, eppure anche questo è già accaduto, determinando l’insuccesso di Li Gleri. Ciò dimostra la necessità di valutare attentamente la procedura pianificatoria, anche perché le problematiche del “concetto di sviluppo territoriale” non si fermano alle attività imprenditoriali e non riguardano soltanto il territorio, gli insediamenti o il paesaggio, ma hanno anche un’incidenza finanziaria notevole. Infatti, le proposte degli esperti, le “visioni” decise dai responsabili politici, presto o tardi, dovranno essere pagate, nonostante una situazione economica comunale tutt’altro che rosea. Oppure le dovremo abbandonare e a quel punto sarà difficile vagliare nuove strategie, reimpostare le “visioni” o le priorità. Un contesto difficile, certo, ma il caso Viale dimostra che non serve nascondersi dietro i pareri degli esperti. Se è nostra intenzione sviluppare e riqualificare il territorio non possiamo limitarci ai soliti luoghi comuni, tantomeno alle frasi fatte che poco dopo vengono smentite dalla realtà.