Je suis Charlie – L’opinione di Nicoletta Noi-Togni
Mi sembra che la discussione, dopo i terribili fatti di Parigi, non sia del tutto priva di contraddizioni o comunque di una interpretazione unilaterale di concetti e valori.
Ad iniziare dall’interpretazione del concetto di libertà che ha travagliato attraverso i secoli menti eccelse e meno. Di veramente libero nel mondo non c’è molto e l’unico tipo di libertà per l’uomo sembra essere quella del libero arbitrio. Anch’essa estremamente difficile perché mette di fronte a scelte e decisioni. L’esercizio del libero arbitrio premette la conoscenza delle conseguenze delle nostre azioni e non può essere disgiunta dal sentimento di responsabilità.
Questo non significa che non dobbiamo lottare per mantenere quelle libertà che crediamo giuste per noi stessi e per gli altri. Tutt’altro. La libertà di opinione e d’informazione e la libertà dei media fanno parte dei diritti fondamentali iscritti nella nostra Costituzione. Che prevede comunque anche una restrizione di questi diritti qualora questo fosse giustificato dalla protezione dell’interesse pubblico e dei diritti fondamentali altrui (Art. 36). Lottare per il rispetto di questi diritti e protestare a voce alta per la barbarie che si è compiuta a Parigi è quindi più che giusto e auspicabile. Meno giusto ritengo però ribadire il concetto di libertà (anche quello di stampa) indiscriminatamente, di fronte ad una realtà che ogni giorno ci mette di fronte ad orribili fatti di sangue, a stermini che escludono ogni capacità da parte di coloro che li perpetrano di ragionamento e di comportamento civile.
Lottare con l’arma della libertà contro tutto ciò? Potremmo farlo se concernesse solo noi stessi ma possiamo farlo in coscienza quando a farne le spese possono essere intere popolazioni e bambini inermi? I vignettisti di Charlie Hebdo l’hanno potuto fare e, nel senso della libertà di stampa e d’opinione possono certo essere considerati eroi, ma le altre vittime di questa orribile vicenda cosa c’entrano con le vignette e la libertà? Eppure sono morte ed è una scia di dolore quella che percorre le strade di Parigi oggi.
E poi c’è un altro “ma”, per me: libertà di informazione o meno, ci siamo mai interrogati sull’etica del ridicolizzare, su quale possa essere il potere della satira sottile e distruttiva per chi ne è vittima e quanta violenza può originare? Pare che la satira di Aristofane nella sua opera “Nuvole” possa non essere stata estranea alla condanna a morte di Socrate per esempio. Forse questo tipo di satira non corrisponde alle vignette di Charlie Hebdo ma personalmente, se posso amare un certo qual tipo di satira intelligente, anche politica, non posso fare lo stesso per quella che colpisce simboli religiosi e per quella scurrile. La prima colpisce inutilmente sentimenti che possono essere profondi, la seconda è solo brutta.
Non ho mai apprezzato le vignette equivoche del Mattino della Domenica e con me altre persone, non da ultimo i politici che si schierano in favore della libertà d’espressione incondizionata. E non solo il Mattino della Domenica: proprio il 10 gennaio 2015, l’indubitabile “Neue Zürcher Zeitung” fa mostra di una vignetta che ritrae l’appena decesso Udo Jürgens che dalle nuvole e con le ali dice “Je suis Charlie”. I morti non dovrebbero essere soggetti di vignette.
Condivido quindi la – immediatamente a torto demonizzata – frase di Doris Leuthard, che pur condannando quanto successo a Parigi ha detto: “la satira non è un lasciapassare per tutto”. Ed ha ragione!
Invocato in questa discussione è stato anche l’Illuminismo, evocazione pertinente per la Ville lumiere. Non dimentichiamo però che il postulato primo dell’Illuminismo è stato l’invito all’uomo a servirsi della sua ragione senza l’ausilio di quella di altri. E sembra veramente giunto il momento di seguire questo invito.