Cambiare l’inno: “Il problema è il riferimento religioso”

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“La melodia non mi dispiace”
Nei giorni scorsi la Società svizzera di utilità pubblica ha lanciato un concorso per scegliere il nuovo inno svizzero. IL BERNINA ha chiesto un parere in merito all’insegnante e musicista Ivan Nussio.

Ivan Nussio, classe 1957, di Brusio, insegna musica in Valposchiavo e Valtellina. Per 14 anni direttore della Filarmonica Avvenire Brusio, è direttore della Banda Allievi Unione al Confine e della Banda cittadina Madonna di Tirano. Membro della Commissione di musica FEBGR, fa anche parte del Brüs Brass Quintet dove suona il basso tuba.

Sicuramente sarà a conoscenza dell’iniziativa della Società svizzera di utilità pubblica. Cosa pensa dell’attuale inno svizzero?
Credo che il problema dell’attuale inno sia il testo, prevalentemente bucolico; andrebbe più o meno attualizzato anche se nel testo c’è la storia della Svizzera. Forse a molti disturba il continuo riferimento religioso in contraddizione con la libertà di culto: non a caso si chiama salmo. Detto questo, devo dire che la melodia non mi dispiace perché, a differenza della maggior parte degli altri inni nazionali, non è una marcia e quindi non comunica un sentimento militare.

Come ha accolto la proposta di cambiamento dell’inno?
Devo dire che, a scadenze variabili, si parla spesso di questa possibilità…

A destra, con la camicia rossa, Ivan Nussio, direttore della Banda Allievi Unione al Confine

 

Ha avuto modo di ascoltare le proposte? Cosa ne pensa dell’iniziativa?
Sì, ho ascoltato alcune proposte, ma non molto attentamente. Secondo me la più grande difficoltà sta nella variazione del testo; la melodia meditativa, infatti, potrebbe essere tenuta, magari accelerata. Come detto, il fatto che trasmetta un’idea di pace, piuttosto che di guerra, per me spinge a suo favore. Sostituire il testo religioso con uno patriottico, dall’altra parte, rischierebbe invece di far diventare l’inno troppo retorico. A questo si aggiunga poi il fatto che sulla stessa melodia devono coesistere quattro lingue: l’italiano, per esempio, a differenza degli altri idiomi, ha quasi sempre una vocale a fine parola, differenziando così gli accenti.

Lei insegna l’inno nelle scuole? È vero che non piace?
Lo insegno da sempre nelle classi quarte e quinte delle elementari perché fa parte della cultura generale; solitamente ci fermiamo alla prima strofa, anche perché è la più conosciuta ed è quella che si canta anche pubblicamente. Con i più grandi, invece, si fa più fatica…