L’effetto del super franco sul prezzo della carne
Continua l’inchiesta de IL BERNINA sugli effetti in Valposchiavo della decisione della Banca Nazionale di eliminare il cambio fisso franco-euro.
Da inizio gennaio un nuovo orizzonte si è profilato sull’economia svizzera e si potrebbe disquisire sulla questione che non sia propriamente il franco ad essere forte ma piuttosto l’euro, che da anni stenta a decollare, e che l’economia mondiale sia stagnante, ma in una regione periferica e di confine come la nostra le ripercussioni per le aziende locali, ovviamente confrontate con la concorrenza d’oltre confine, non si sono fatte attendere. Le sterili polemiche sulla fragilità dell’euro non hanno alcun effetto sul prezzo dei prodotti che regolarmente depositiamo nel carrello, bensì conta piuttosto la posizione della Svizzera quale grande importatore e, di riflesso, i benefici economici per le importazioni e i conseguenti svantaggi per l’export.
Ma sui generi alimentari quanto influisce questo contraccolpo realmente sui prezzi al dettaglio alle nostre latitudini? Prendendo a campione una derrata alimentare, ci addentriamo nel mondo della carne e visto che la teoria suggerisce che i prodotti interni dovrebbero esserne favoriti, ci chiediamo come si sia sviluppato il mercato anche da noi.
Per offrire al lettore uno spaccato sulla realtà che ci tocca da vicino chiediamo alle macellerie della Valposchiavo quali ripercussioni abbiano subìto e quanto queste incidano sul prezzo della carne al banco e sull’equilibrio commerciale in questa regione.
Il quadro che ne esce non è molto roseo per i nostri commercianti, confrontati soprattutto con l’esodo degli acquirenti verso l’Italia e per il cambiamento delle abitudini d’acquisto. Da un canto emerge nettamente che per loro è molto difficile poter competere con l’offerta d’oltre confine, lavorando e distribuendo soprattutto carne svizzera e puntando molto sulla qualità dei prodotti al banco. Da perfetto ignorante in materia, ho potuto apprendere che da noi i tagli vengono oculati maggiormente alla ricerca della qualità. Se in Italia un pezzo intero, ad esempio, viene tagliato unicamente per delle bistecche, decisamente più grandi, da noi dallo stesso pezzo vengono sì tagliate le bistecche, ma viene riservata la parte idonea alle bistecche e il restante ad un migliore scopo. Sempre e comunque alla ricerca del prodotto migliore da offrire agli acquirenti. Un’importante differenza che facilmente può sfuggire e di cui raramente l’acquirente è a conoscenza.
Se un tempo le massaie erano solite fermarsi regolarmente al negozio per acquistare quanto necessario per il consumo giornaliero, ora le famiglie tendono a rifornirsi settimanalmente. Questo comporta la ricerca di un centro che offra più prodotti senza grandi spostamenti. In questo i grandi distributori sono notevolmente avvantaggiati, potendo vantare un inventario che spazia su diversi beni di consumo.
Anni orsono i macellai erano molto ambiti, ad esempio, anche dai Pusc’ciavin in Bulgia che regolarmente facevano ritorno in valle anche per degli “affezionati” acquisti. Anche questa tendenza si sta affievolendo, considerando il cambio generazionale che, per ovvie ragioni, allontana i figli dei figli dalla loro terra d’origine… e dai suoi prodotti!
Un noto macellaio mi ha risposto francamente, dicendomi che l’abbassamento dei prezzi comporterebbe l’ovvia riduzione dei costi, e quindi chiaramente dei posti di lavoro. E che l’aumento dei prezzi per compensare i mancati introiti sarebbe come “scavarsi la fossa”. Quindi mi sento di dire che la loro posizione, come di molti altri commercianti in valle, sia piuttosto critica e “sul filo”. Un altro commerciante si è espresso dicendomi che “nessuno è profeta in patria” e che, l’alta qualità dei suoi prodotti è riconosciuta e molto richiesta oltre Bernina e, in generale, nel mercato cantonale, ma sempre di meno entro i confini della nostra valle.
L’unico settore in questo campo che pare sia in salvo è quello della selvaggina, molto carente oltre confine e molto richiesta anche da parte degli italiani, a cui, nonostante il prezzo per loro non molto favorevole, non sembrano voler rinunciare.
Secondo l’Unione Professionale Svizzera della Carne (UPSC), l’aumento del consumo pro capite nel 2014 si è attestato allo 0.9% e la produzione indigena è aumentata addirittura del 2.5%. Mentre il consumo di carne pronta per la vendita è aumentata del 2%. Questi dati fanno chiaramente pensare che in Svizzera i consumatori non hanno per nulla rinunciato ai piaceri della carne, in senso culinario, e che la tanto preannunciata tendenza a rinunciarne sia stata solamente un falso allarme.
Ma effettivamente, da noi, cosa ha comportato negli ultimi anni la crescente abitudine di recarsi in Italia per gli acquisti? Non mi sembra ci voglia uno studio per rispondere a questa domanda, anzi, mi viene naturale porne un’altra, come possono i nostri commercianti contrapporsi a questa tendenza? L’abbassamento dei prezzi è improponibile, il trascurare la qualità pure. Anche rinunciare ai propri impiegati porterebbe ad uno svantaggio in termini umani e quantitativi, quindi? Ognuno giunga alle proprie conclusioni.
Personalmente preferisco acquistare in Valposchiavo, dalla carne, agli alberi da frutto, ai materiali per ristrutturare la mia casa. Mi sposto oltre confine solo per dei prodotti, pochi, che non posso trovare in Valposchiavo. Ritengo che nelle piccole comunità debba esserci un sano e profondo coinvolgimento per il bene di tutti. Una mano lava l’altra, citando un valido slogan di molti anni fa della PER. Spesso incontro persone che mi indicano l’Italia come mercato ottimale per gli acquisti e regolarmente finisco in una discussione piuttosto critica nei confronti di questo modo di ragionare. Ho dei figli, anzi figlie, e mi chiedo se anch’io inizierò a pensare allo stesso modo, come potranno un giorno trovare lavoro in Valposchiavo? Come possiamo noi tutti guardare avanti se non siamo disposti a spendere i nostri soldi entro i nostri confini? Siamo davvero messi così male da dover contrapporre il risparmio alla qualità dei prodotti? Basta aprire i giornali per capire che siamo nati nella parte fortunata del mondo e che potremmo vivere altrettanto bene, se non meglio, se favorissimo la nostra economia e i conseguenti risvolti positivi che questo comporta.
Sono dell’idea che ogni acquisto abbia delle ripercussioni, come l’effetto domino, e che ogni nostra azione abbia un influsso importante sul futuro sviluppo del nostro territorio. Contano poco le lamentele da “tavolo rotondo” quando si chiudono gli occhi sui reali motivi per cui la nostra valle rappresenti l’esodo dei nostri giovani durante gli anni di apprendistato o, anche più a lungo termine, nei momenti di formazione di nuove famiglie.
Ho iniziato questo articolo ponendo delle domande ai macellai valligiani e mi ritrovo a porre molte domande ad ogni lettore di questo giornale online. Mi sentirei onorato se da questo articolo sfociasse una discussione costruttiva, anche critica, sulle tematiche che ho messo “sul tavolo”. Una sensibilizzazione su questo tema mi è sembrata d’obbligo, considerando le risposte, a volte sconsolate che alcuni “nostri” macellai, mi hanno dato.
Per concludere mi sento di dire, ai nostri lettori, acquistate in Valposchiavo e potremmo guardare fiduciosi verso il futuro. Il benessere della nostra valle è una responsabilità di ognuno di noi!
…et bon appétit!
Marcello De Monti