Il coraggio del grigio, ma non solo

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Il numero degli anziani che chiedono di morire aumenta
Riceviamo e pubblichiamo il testo di Nicoletta Noi-Togni. L’autore si assume la responsabilità dei contenuti. Persone o enti coinvolti godono del diritto di replica. La Redazione.

Chi ha visto nascere e morire lo sa, o dovrebbe saperlo. Credere di conoscere tassativamente la risposta giusta sulle possibilità che la scienza offre in favore della vita (tecnologie genetiche), o della morte (eutanasia) non corrisponde sempre alla condizione umana. Così dicasi dell’autodeterminazione, posta oggi da molti a criterio incondizionato delle proprie decisioni. Io credo che queste discussioni non si possano affrontare senza accettare le sfumature che le caratterizzano.

Non bianco e nero quindi, ma il coraggio del grigio. Che significa riflessione, pazienza, incertezza e si, anche sopportazione. Parola desueta quest’ultima ma che accompagna l’uomo dalla sua esistenza. Ciò che comunque non significa affatto passività, mancanza di azione. Una notizia di questi giorni mi conferma la bontà del grigio. L’Associazione sulla cura palliativa nei Grigioni ha – quale prima in Svizzera ed anche prima dell’Associazione nazionale – preso posizione sul suicidio assistito. Dopo aver promosso uno studio sotto la guida del Professore di etica Christoph Arn e analizzato le ragioni del suicidio assistito (far in modo che la persona che esprime coscientemente la volontà di morire lo possa fare assumendo un medicamento letale che viene da chi assiste preparato e messo nelle vicinanze)  e quello dell’aiuto alla morte indiretto (somministrazione di antidolorifici e sedativi importanti in combinazione con l’assistenza psicologica e con la cura), ha deciso chiaramente per quest’ultima versione. Invitando anche le altre Organizzazioni e Istituzioni sanitarie nel nostro Paese a decidere quale linea adottare in queste situazioni.

Cosa più che mai necessaria perché il numero delle persone anziane che chiedono di morire – addirittura indipendentemente da uno stato di malattia – stanno aumentando in modo preoccupante. Complice che cosa? Dovremmo chiedercelo!!! Scrive la Sonntagszeitung dello scorso 3 luglio che il suicidio delle donne dai 65 ai 94 anni sta assurgendo a fenomeno e come tale è da studiare. Molto difficile in quanto l’organizzazione Exit alla quale le pensionate spesso si rivolgono non fornisce dati esaurienti ai fini della statistica. Intanto si è solo potuto stabilire che la categoria delle donne dai 65 ai 94 anni che si suicidano è quella che negli ultimi anni ha fatto registrare il maggior aumento (da 134 nel 1991 a 194 nel 2008) mentre è diminuito quello degli uomini e dei giovani. La ricerca delle cause fa ipotizzare una relazione tra questo comportamento e il ruolo della donna nella società. Abituata ad essere lei la curante non riuscirebbe ad accettare la dipendenza dagli altri.

Ma i motivi potrebbero essere anche altri ritengo. La solitudine in un mondo sempre più anonimo e tecnicizzato, una società che non ha tempo di ascoltare e di camminare senza correre, la ristrettezza economica in un contesto che si regge – sempre ancora – sul consumismo, la mancanza di contenuti per chi si sente, dopo una vita di lavoro, non più necessario, il dolore, quello fisico e morale. Quanto incidano su questo sentirsi, il continuo lamento della politica e dei media circa i troppo anziani che complicheranno in futuro la vita ai giovani, l’attitudine esplicita dei diversi rottamatori (prototipi Matteo Renzi) e la visione di posti di cura non sempre rassicuranti, resta immaginabile. E può portare alla decisione finale e fatale tramutando il grigio in nero.

Nicoletta Noi-Togni