Nuovo inno nazionale: “Quando imbrogliare è facile”

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Lettera aperta di Nicoletta Noi-Togni
Leggo nell’edizione di luglio/agosto 2015 della rivista “Schweizer Volksmusik” che la discussione sull’inno nazionale si è “spostata”. Mi spiego: se fino a poco tempo fa la domanda verteva sulla conservazione dell’ inno nazionale attuale oppure no, oggi l’attenzione è posta sulla scelta tra le tre opzioni modificate del corrente inno nazionale.

In sostanza si è sapientemente elusa la domanda prima (conservare o rigettare) – che non è mai stata posta – passando subito alle sei proposte di nuovo inno nazionale tra le quali,  il “pubblico del digitale” (a quanto pare al resto della popolazione l’inno nazionale non deve interessare!) è stato chiamato tramite il voto online, dal 30 marzo al 15 maggio 2015, a scegliere. Pubblico del digitale che ha scelto – sembra in tutte le regioni svizzere – tre degli inni proposti. Che, tutti e tre, si traducono in una contraffazione, in parte della musica ma soprattutto delle parole, dell’attuale inno.

Operazione inutile quanto  indecorosa promossa  proprio dall’istituzione denominata “Società svizzera di utilità pubblica” (SSUP). La stessa che, fondata nel 1810 con nobilissimi intenti e provata “utilità”, ha spesso dato adito a critiche per proposte e atteggiamenti spesso controversi. A riprova che “L’eterno ritorno” di Nietzsche è assunto che si ripropone e riconferma anche in questo caso.

L’”utile” operazione internet proseguirà fino al 6 settembre ed il 12 settembre le emittenti radiofoniche e televisive della Svizzera tedesca e romanda (non mi è dato sapere se saranno coinvolte anche quelle della Svizzera italiana), con la partecipazione del pubblico via SMS  ecc. e con svariate elucubrazioni aritmetiche si deciderà quale inno sarà l’eletto. Eletto che verrà, dopo aver raggiunto popolarità tramite ripetizione continua dei suoi suoni e contenuti sui canali di trasmissione nazionali (nota bene: con strategia pubblicitaria, coreografia e coriste accattivanti al punto che la sindaca di Rünenberg ha già attinto alle nuove versioni dell’inno il 1 d’agosto scorso!!!)  dall’esimia SSUP sottoposto al Consiglio federale con preghiera di approvazione. Al quale Consiglio federale è stavolta concesso di dichiararsi per o contro il nuovo inno, oppure di chiedere al popolo cosa vuole.

Intanto sono ben 30 le personalità che si chinano, o si sono chinate, in una apposita giuria sul nuovo inno nazionale. Professori, letterati, artisti, politici, autori, parolieri, musicisti, persone che hanno a che fare con inni e tradizioni. Sorprendenti, acrobatiche le loro esternazioni che sarebbero appropriate qualora il nostro Paese fosse privo di un Inno nazionale e ne cercasse spasmodicamente uno. Che invece c’è, è bello e pulito come i paesaggi svizzeri che evoca e rappresenta quella  radice di comune conoscenza nel tempo e nel luogo capace di raggiungere l’intimo e di commuovere.

Perché allora questo cambiamento, totalmente inusuale ad altre nazioni? Quale profonda ragione per umiliare, mistificando, l’opera degli autori Zwissig e Widmer – di confessioni differenti tra l’altro – che nel 1841 concepirono insieme quest’opera?  Un’operazione quella della SSUP che, se giuridicamente (forse) possibile, moralmente è del tutto riprovevole. Ma soprattutto operazione inveritiera poiché neppure l’affermazione secondo la quale il nuovo testo avrebbe corrisposto al preambolo della Costituzione federale vi trova riscontro. Preambolo che del resto rende difficile l’evitare – come probabilmente si voleva – la parola Dio dato che la nostra Costituzione inizia con quel “In nome di Dio Onnipotente”, indigesto a molti o forse solo a certi.

No, io non ritrovo le parole della Costituzione svizzera nella banalità dei testi proposti dalla SSUP e dalla sua giuria. Men che meno ritrovo – e questo è ben più grave – il rispetto reciproco evocato dalla stessa Costituzione. Che può significare anche rispetto verso ciò che è stato, verso il passato e perciò anche verso noi stessi. E se non rispettiamo il nostro Paese e noi stessi come possiamo rispettare gli altri ed il Paese degli altri?

Nicoletta Noi-Togni


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