Rivendicazione per il Tribunale cantonale

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Lettera aperta di Nicoletta Noi-Togni
L’edizione di “Schweiz am Sonntag” del 6 settembre 2015 lo riporta a grandi lettere: il mio appello, indirizzato al Gran Consiglio, del 28 agosto scorso. Secondo questo appello, doveva essere posta più attenzione, in sede di nomina, all’elezione di un giudice che effettivamente conosca la nostra lingua e cultura grigionitaliana nel Tribunale cantonale.

L’appello veniva “lanciato” in concomitanza con la decisione del Gran Consiglio di aumentare da cinque a sei i membri del Tribunale. Quale miglior occasione per, dall’inizio, manifestare chiaramente questa legittima rivendicazione del Grigioni Italiano, visti i precedenti “sgarbi” sofferti dallo stesso? (In presenza di candidati qualificati della nostra regione se ne è vista anteporre altri!) Ebbene, per meglio esprimere questa necessità e con documentazione alla mano, portavo l’esempio di un’udienza del 28 aprile scorso del TC che era stata interrotta, dopo soli 7 minuti, dallo stesso collegio giudicante perché l’avvocato della difesa aveva chiesto – giustamente chiesto – la garanzia della conoscenza della nostra lingua, come Costituzione, sia federale che cantonale, vuole. Il Tribunale evidentemente non era stato in grado di ottemperare a questa richiesta del difensore, anche se il giudice che presiedeva il collegio giudicante era stato eletto dal GC come “bilingue”. Ora, questo – da notare che finora l’udienza non ha più avuto seguito – non deve più accadere! L’esempio portato da me in Gran Consiglio veniva però vivacemente contestato dal Presidente del Tribunale cantonale, presente come ospite in Gran Consiglio per motivare la richiesta di aumento di un giudice nella Legge sull’organizzazione della giustizia. Esempio, il mio, “assolutamente non vero”, decretava il Presidente, che oltretutto – la divisione dei poteri, giudiziario e politico, è sacrosanta nel nostro Paese – non avrebbe neppure potuto esprimersi in GC.

Eppure, dati alla mano anche da parte dell’avvocato difensore che documenta sulla “Schweiz am Sonntag” quanto successo, le cose sono andate come da me esposto. Anche la logica, semmai ce ne fosse bisogno, lo rende plausibile. Infatti, perché mai il TC avrebbe dovuto interrompere dopo pochi minuti un’udienza, se il collegio giudicante fosse stato in possesso della dovuta qualifica linguistica? E cosa è più legittimo che chiedere questo diritto per la nostra cittadinanza e non lasciarsi, come grigionitaliani, sempre convincere che tutto è corretto, quando non lo è? La rivendicazione per un giudice che conosca veramente la nostra lingua e cultura resta per me attuale e spero venga rispettata dal Gran Consiglio, che è autorità di nomina dei giudici.

Nicoletta Noi-Togni