“Truffa in salsa grigionese”

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Patti chiari si è occupata di una grossa truffa, con un Valposchiavino fra i protagonisti
(di P. Pola)
La puntata di Patti Chiari di venerdî 29 aprile 2016, dal titolo “Truffa in salsa grigionese”, si è occupata di un importante raggiro avvenuto in Ticino, ma con ramificazioni anche in Valposchiavo, essendo uno dei principali artefici del malaffare proprio un Valposchiavino.

Secondo quanto riportato dalla nota trasmissione di RSI LA1, condotta da Lorenzo Mammone, tutto ha avuto inizio nel 2008, allorquando un gruppo di sedicenti uomini d’affari adescava potenziali investitori, millantando grossi guadagni nel caso in cui avessero acquistato azioni di una società attiva nel campo dei media digitali, con la diffusione via satellite di alcuni canali televisivi a pagamento.

La ditta che promuoveva gli investimenti era la Spirit on Media, con sede a Lugano, la quale rappresentava a sua volta una succursale di una compagnia straniera con sedi in Germania e Inghilterra. Tra i responsabili della sede in Ticino vi era anche un Valposchiavino, molto attivo nell’adescare possibili investitori anche nel Grigioni Italiano, designato dalla trasmissione addirittura fra i principali artefici del malaffare.

Purtroppo non sono in pochi a credere nella possibilità di realizzare un cospicuo guadagno, fattore questo che induce i malcapitati ad investire decine di migliaia di franchi, anche perché, fra coloro che decidono di mettere a disposizione del denaro, molti conoscono personalmente l’interlocutore della Valposchiavo, nei confronti del quale ripongono pertanto fiducia. Una persona apparsa nel filmato racconta d’aver addirittura investito il suo intero patrimonio, vale a dire un importo valutato attorno ai 1.8 milioni di franchi, dei quali non è rimasto praticamente più nulla.

Il raggiro è di per se abbastanza semplice: il titolo della società viene quotato alla borsa di Francoforte, dove però viene “pompato” in modo illegale da pochi investitori. L’artificio provoca il gonfiamento del valore della società, che arriva a raggiungere addirittura i 350 milioni di franchi, fatto questo che permette ai truffatori di far credere agli “azionisti” che gli affari stanno andando a gonfie vele. Per rendere il tutto il più veritiero possibile, ai clienti vengono regolarmente inviati dei grafici fittizi sull’andamento delle azioni, con dati di riferimento campati sul nulla. Nessun problema quindi, finché gli azionisti non decidono finalmente di passare alla cassa. E qui arriva la doccia fredda: i titoli non valgono più niente. Solo in Svizzera si parla di ben 5 milioni di franchi volatilizzati, i quali erano suddivisi su circa 200 investitori.

Il malaffare è venuto alla luce già nel 2010, quando i principali investitori o, meglio detto, le vittime, sporgono denuncia al Ministero pubblico del Canton Ticino per truffa e appropriazione indebita. Il dossier è tuttora pendente presso la stessa Procura pubblica che, nel frattempo, ha pure cambiato il titolare dell’inchiesta. Da alcuni mesi l’istruttoria è infatti stata attribuita alla Procuratrice pubblica Roberta Arnold, presente in studio, che sottolinea le enormi difficoltà che si riscontrano nel districarsi in casi simili, con forti ramificazioni internazionali.

Da una parte le vittime premono affinché venga fatta al più presto giustizia, dall’altra le indagini impongono però i loro tempi e, come preannunciato dalla Procuratrice stessa, gli stessi saranno ancora assai lunghi. E intanto, dei soldi, non c’è più nessuna traccia.