Paolo Lanfranchi, ingegnere AlpTransit

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I primi contribuiti all’opera risalgono all’estate 1991 (di P. Pola)

L’inaugurazione della galleria di base del San Gottardo, che avverrà mercoledì 1° giugno 2016, rappresenta un evento di risonanza mondiale. Alla progettazione e realizzazione dell’opera ha fatto parte, sin dagli inizi, anche un ingegnere valposchiavino, Paolo Lanfranchi, che in un’intervista ci esprime le sue emozioni legate a questo storico momento.

 

Il 1° giugno 2016 sarà una giornata storica per la Svizzera, per l’Europa e anche per il mondo intero. Dopo quasi tre decenni caratterizzati da accese discussioni politiche e intense fasi di progettazione, alle quali hanno fatto seguito un dispiegamento di risorse lavorative fra le più importanti di sempre nel nostro Paese, finalmente si realizza ciò che all’inizio pareva solo una visione utopica, un’opera irrealizzabile, vale a dire la costruzione di una galleria lunga 57 km, attraverso il massiccio del San Gottardo, proiettando di fatto in una nuova era i collegamenti ferroviari fra nord e sud Europa.

Nell’ormai lontano 1992 veniva approvata, con il 64% di voti favorevoli, in votazione popolare, la “Nuova trasversale ferroviaria alpina (NTFA)“; ciò permetteva di avviare la pianificazione dei progetti per il San Gottardo e il Lötschberg. Nel 1996 venivano quindi iniziati i primi lavori preparatori a Sedrun, mentre tre anni più tardi prendevano il via i cantieri anche ad Amsteg e a Faido.

A Bodio, nel luglio del 2000, si effettuavano i primi brillamenti, mentre al portale nord di Erstfeld i lavori iniziavano solo nel 2004. Nell’ottobre del 2010, con la caduta del diaframma principale della galleria di base del San Gottardo, si registrava il primo grande momento storico di quello che, sin dall’avvio, è stato battezzato il “Cantiere del secolo”.

La galleria di base del San Gottardo è composta da due canne a binario unico della lunghezza di 57 km, collegate, ogni 325 metri, da cunicoli trasversali. Tra i portali di Erstfeld e Bodio si trovano due stazioni multifunzionali a Sedrun e a Faido, in cui sono sistemate le fermate d’emergenza e i cambi di corsia. L’avanzamento, nelle due canne principali, è stato effettuato per il 75% con il metodo dello scavo meccanizzato, mentre il restante 25% tramite esplosivo. Alla sua costruzione hanno partecipato 1’800 persone.

Paolo Lanfranchi, secondo da sinistra

 

Tra coloro che hanno lavorato per il “Cantiere del secolo” c’è anche l‘ingegnere valposchiavino Paolo Lanfranchi, contitolare dello Studio d’ingegneria Pagani + Lanfranchi SA con sede a Bellinzona, che si è occupato del progetto già dai suoi albori e che ben conosce tutte le sue fasi di realizzazione. A poche ore di distanza dal battesimo ufficiale della galleria di base del San Gottardo, abbiamo chiesto a Paolo Lanfranchi di rivelarci le proprie impressioni e cosa significa per lui aver preso parte personalmente alla realizzazione di un’opera così importante.


Paolo Lanfranchi, mancano ormai meno di 24 ore al 1° giugno 2016, data che entrerà sicuramente nei libri di storia quale giorno in cui si è tenuta a battesimo la galleria di base del San Gottardo, l’opera più importante nell’ambito del cantiere AlpTransit. Quale ingegnere hai collaborato in prima persona alla realizzazione del progetto e il giorno dell’inaugurazione avrà un significato speciale per te, un susseguirsi di emozioni
Oltre all’orgoglio per la prestazione portata a termine, c’è anche un sentimento di gratitudine verso chi ci ha dato la possibilità di lavorare su questo affascinante progetto, primo fra tutti il popolo svizzero. Certamente non sono mancate le preoccupazioni e i disagi da affrontare, ma la soddisfazione prevale.

Quanti anni hai dedicato ad AlpTransit e cosa significa per te questo giorno tanto atteso?
AlpTransit San Gottardo (ATG) mi accompagna ormai da mezza vita… I primi contribuiti risalgono all’estate 1991. Ultimamente ho ritrovato un rapporto di quel periodo, a cui avevo lavorato presso uno studio di Zurigo come giovane ingegnere appena uscito dal Politecnico. In quel momento occorreva valutare i conflitti delle varianti della nuova linea ferroviaria sul territorio tra Arth Goldau e Lugano. I vari tracciati erano allora ancora “spaghetti” proiettati in scala 1:25’000 e si doveva scegliere dove passare lungo le vallate di Uri e Ticino. Nel frattempo il progetto si è evoluto, ma è anche stato ridimensionato per motivi finanziari. Speriamo si trovi il modo di completarlo in un lasso di tempo ragionevole. Considerando che sono tutt’ora attivo nella direzione lavori della galleria di base del Ceneri, che dovrebbe venir messa in servizio nel 2020, posso affermare che faccio parte della generazione di “ingegneri AlpTransit”: dal primo giorno di lavoro fino quasi alla pensione [sic], pur con certe interruzioni, ATG non ci ha mai abbandonati…

 

Che ruolo hai avuto all’interno del progetto?
Lo sviluppo di un progetto di tale portata è possibile solo grazie alla prestazione di un intero gruppo di persone, capaci di guardare avanti e assumersi certi rischi. Le sfide da affrontare erano tante e le svariate discipline hanno dovuto collaborare in modo propositivo ed integrato. Il mio ruolo è stato quello di specialista in un campo ben definito. Già a partire da metà anni ’90, per conto di ATG abbiamo sviluppato i concetti per la gestione ed il riciclaggio degli ingenti quantitativi di materiale di scavo sia per le galleria di base del San Gottardo che del Monte Ceneri. Nel 2003 ho lasciato Zurigo e mi sono trasferito in Ticino per seguirne l’applicazione pratica sui cantieri del settore sud di Bodio e Sigirino. A fine lavori, di tutto ciò che riguarda il comparto “Gestione Materiale” rimane ben poco di visibile: gli inerti ricavati sono diventati calcestruzzo per i rivestimenti della galleria, gli imponenti impianti esterni di lavorazione e movimentazione sono smantellati e solo l’occhio esperto riconosce ancora sul terreno l’una o l’altra miglioria paesaggistica “realizzata” con il materiale in esubero. Ma, in fin dei conti, era anche questo l’obiettivo.

Quali sono le difficoltà più grandi che bisogna affrontare nella progettazione e nella realizzazione di un’opera di simili dimensioni?
Ho ancora nella memoria le accese polemiche iniziali nei confronti dell’opera, prima delle votazioni. Hanno fatto seguito gli studi di fattibilità tecnica volti ad appurare se si potesse realmente costruire una galleria di quelle dimensioni. La perforazione di sondaggio della sacca di Piora il 31 marzo 1996, con la fuoriuscita di una sospensione di acqua e dolomia saccaroide a 100 bar di pressione, non era un buon presagio, fortunatamente rivelatasi più tardi non critica a livello di avanzamento galleria. È poi seguita l’intensa fase degli appalti, delle trattative e della stipulazione dei contratti con le imprese esecutrici. Durante la fase esecutiva, oltre alle sfide legate allo scavo, si sono aggiunte quelle di carattere logistico. Solo grazie ad una gestione oculata delle grosse masse di materiale estratto è stato possibile farsi accettare dalla popolazione toccata dai cantieri.

Termina qui la tua esperienza lavorativa all’interno del progetto AlpTransit?
Fra circa un anno il mio impegno per AlpTransit al Ceneri volgerà al termine. La ricerca di soluzioni mirate ad una gestione sostenibile delle risorse resta comunque di attualità anche su altri fronti. Il tema si ripropone sia a livello regionale, nel campo degli inerti e del riciclaggio, sia a livello europeo, nell’ambito delle previste gallerie di base del Brennero e della Lione-Torino, sul fronte delle quali abbiamo già fornito alcune prestazioni circoscritte. Le opportunità di lavoro fuori dal nostro Paese sono purtroppo ancora gravate da incertezze economiche. Rimane la soddisfazione di essere riconosciuti all’estero per quanto realizzato sull’asse del Gottardo. Un mese fa, ad esempio, in occasione del congresso mondiale di gallerie che si è svolto a San Francisco, ho avuto il piacere di presentare le specifiche esperienze vissute – positive e negative -nonché le lezioni da trarre (“lessons learned”) in prospettiva di altri grossi trafori.


 

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