Il 1. agosto visto da Hans-Jörg Bannwart

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Cosa significa festeggiare il 1. agosto? (di P. Pola)
Che valore si dà ancora oggigiorno a questa ricorrenza? Ogni cittadino interpreta a proprio modo il significato della Festa Nazionale. La festa del 1. agosto rappresenta un momento di riflessione che ci porta a meditare in merito all’opportunità o alla fortuna di vivere in una nazione saldamente fondata su principi democratici, in cui la libertà risulta essere un bene acquisito, oltre ad un irrinunciabile punto fermo del nostro vivere quotidiano.

 

Alla vigilia della Festa Nazionale, il BERNINA si è intrattenuto con Hans-Jörg Bannwart, Presidente del Tribunale regionale Bernina, nonché membro della Sottocommissione per la prevenzione della Tortura e di altri trattamenti crudeli, inumani e degradanti (SPT).

In qualità di delegato del Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR) prima e quale membro ora di questa Sottocommissione dell’ONU, Hans-Jörg Bannwart ha avuto l’opportunità di girare il mondo e visitare molti paesi in guerra o interessati da violenti conflitti, conoscendo molte realtà in cui la libertà e i più fondamentali diritti dell’uomo sono sistematicamente calpestati o semplicemente ignorati.

Ad Hans-Jörg Bannwart, conosciuto in valle anche quale promotore di attività culturali, nonché appassionato d’arte e di fotografia, abbiamo voluto chiedere cosa significa per lui il 1. agosto e se, secondo lui, possiamo ritenerci dei privilegiati a poter vivere in una nazione come la nostra.

Visita ai luoghi di detenzione in Gabon

 

Hans-Jörg Bannwart, cosa significa per te il 1. agosto?
Significa in primo luogo condividere tradizioni: sistemo la bandiera svizzera sul balcone, assisto ai festeggiamenti in Piazza (apprezzo quando la folla è folta), e mi reco a Le Prese per assistere allo spettacolo dei fuochi d’artificio al lago. A ognuno di questi momenti attribuisco un significato diverso. Ma sono tutti espressione di emozioni, legate a ricordi e forse a nostalgie e a sentimenti come l’identità e l’appartenenza. Delle volte mi commuovo. Ma il 1. agosto è anche una data che sempre mi invita alla riflessione. Mi capita di chiedermi, per esempio, perché proprio il giorno della Festa nazionale affiora tutta questa emotività. Mi considero forse parte di un popolo eletto? E allora mi soffermo a ragionare sul significato e sulla complessità del termine Nazione. È sempre valido quello forgiato alle sue origini, da valori che nell’Ottocento hanno condotto alla nascita degli stati nazionali: quelle unità territoriali in cui si riconoscevano popoli uniti da identità etniche o politico-culturali comuni? Ma allora la Svizzera è una nazione? Spesso suscito stupore e irritazione nei miei colleghi stranieri, quando affermo – non senza spirito provocatorio – che la Svizzera non è una nazione. Che la Svizzera, semmai, è una nazione per scelta, una cosiddetta” Willensnation”. Questa però è un’altra cosa: anche perché in essa la componente della solidarietà riveste un ruolo fondamentale e accresciuto rispetto al modello classico dello stato nazionale. A proposito: solidarietà nei confronti di chi? È (sott)intesa quella reciproca tra cittadini, o vi includiamo anche quella nei confronti degli altri residenti e delle persone che vivono al di là delle frontiere? E infine: qual è il rapporto tra i miei doveri di cittadino e il mio ruolo nei confronti dell’umanità? Sono essi complementari, entrano in conflitto gli uni con l’altro o formano un’unità? Di solito termino queste riflessioni in modo inconcludente. Intanto, però, esse mi hanno riportato dal piano prevalentemente emotivo che mi lega al 1. agosto alla consapevolezza che, come cittadino svizzero, devo assumermi anche delle responsabilità.

Seduta al Palazzo delle Nazioni a Ginevra

Cosa porti con te della Svizzera durante le tue missioni all’estero?
Porto soprattutto il sentimento di avervi famiglia, casa e amici, un lavoro. Un luogo cui appartengo, insomma. E il desiderio di tornarvi.

Nelle tue innumerevoli missioni quale Delegato del CICR prima, e ora quale membro della SPT, hai visitato diverse nazioni teatro di guerra, o altre in cui i diritti dell’uomo non vengono semplicemente rispettati. Avendo visto tutto questo, ritieni sia un privilegio poter vivere in Svizzera?
Si, certo. Credo che il privilegio consista nel poter vivere in un Paese dove tutto sommato le cose funzionano e dove il cittadino, anzi, chi vi abita, si può di regola considerare rispettato e tutelato da abusi. Sono altrettanto convinto che questa situazione sia da ricondurre in larga misura al senso civico diffuso tra la popolazione. Il grado della responsabilità civica di ciascun cittadino, il sentirsi corresponsabile nella cosa pubblica, a mio modo di vedere è favorito dalla suddivisione del territorio in unità politiche e amministrative di dimensioni limitate in cui il singolo si riconosce. E’ per questo che osservo con preoccupazione la crescente tendenza alla centralizzazione in vari ambiti pubblici, anche nel nostro Cantone.

Come festeggerai quest’anno la festa del 1. agosto?
Dipende dalle circostanze meteorologiche. Farò una escursione in montagna forse, un giro in bicicletta o con la moto. Mi piacerebbe anche fare una visita al Museo (non ho ancora visto l’Orso). Poi, come accennavo, mi recherò in Piazza per le celebrazioni ed in seguito al lago per i Fuochi. La bandiera l’ho già sistemata venerdì…