Inno nazionale svizzero: domande e richiesta

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Al via una raccolta firme circa la conservazione dell’Inno attuale
Riportiamo qui di seguito la lettera aperta, datata 4 agosto, inviata dalla deputata Nicoletta Noi-Togni al Consiglio federale. Venendo incontro alle richieste di molte persone, la stessa deputata, a partire dal 9 agosto prossimo darà il via ad una raccolta firme in favore del mantenimento dell’attuale Inno. 

 

Lettera aperta al Consiglio federale, 4 agosto 2016

On. Presidente del Consiglio federale,
On. Signore Consigliere federali,
On. Signori Consiglieri federali,

Il 1 aprile del 1981, i Consiglieri federali, onorevoli Schlumpf, Furgler, Ritschard, Chevallaz, Honegger, Hürlimann e Aubert, decretavano il Salmo Svizzero , composto nel 1841 da Alberich Zwyssig su parole di Leonhard Widmer, de jure Inno nazionale della Confederazione svizzera. Questo dopo che lo stesso Salmo veniva già de facto, dal 1961, adottato dal Consiglio federale nelle manifestazioni ufficiali, politiche e militari. Il decreto del 1 aprile 1981 conseguiva ad una valutazione dell’allora Consiglio federale che, dopo aver interpellato i Cantoni, giungeva al conferimento del predicato di “canto autenticamente svizzero, degno e festoso” al Salmo.

Ora, dal 2014 la Società svizzera di utilità pubblica (SSUP), senza un mandato istituzionale, con metodi discutibili (concorsi Internet e radiofonici), con affermazioni sbagliate (il Consiglio federale avrebbe nel 1981 adottato il Salmo per manifestazioni ufficiali), con domande suggestive mirate a raggiungere lo scopo e perciò disoneste (domanda al pubblico della rete sulla preferenza solo dei nuovi testi presentati e mai sulla scelta tra l’attuale Inno e uno dei nuovi testi), sta cercando di eliminare l’Inno nazionale attuale. Ed anche con una, per la Svizzera insolita, interpretazione del concetto di democrazia. Infatti, la motivazione per la soppressione del testo dell’Inno attuale da parte di uno dei fautori del cambiamento, l’ex gesuita Signor Niederberger, vice direttore della SSUP, è costituita dal fatto che (secondo lui), un quarto della popolazione svizzera non si ritiene credente. Nell’ottica del Signor Niederberger e accoliti, significa quindi che gli altri tre quarti non significano nulla. Per la Svizzera ed il suo senso democratico veramente un novum.

Preciso di non intervenire per motivi di ideologia partitica o religiosi in questa discussione, ma semplicemente perchè non è possibile che un Inno nazionale (altre Nazioni rispettano e onorano i propri Inni nazionali) nel nostro Paese venga trattato alla stregua di una canzonetta da strada, e che venga usato senza legittimazione istituzionale per un progetto di esclusione di uno degli elementi costituenti del nostro Stato e cioè l’invocatio dei (vedasi il patto del 1291, il preambolo della Costituzione federale e di molte Costituzioni cantonali), servendosi di una prassi manipolativa e tendenziosa.

Visto quanto sopra, è con molta perplessità che prendo atto di dichiarazioni a questo proposito da parte del Consiglio federale (risposta all’atto parlamentare del ticinese Marco Romano riportate dai media), secondo le quali il “valore attribuito all’Inno é molto soggettivo” e, nei riguardi della SSUP che questa darebbe, con questa particolare prestazione, “un contributo costruttivo che riflette l’impegno dei cittadini”.

Ci tengo a ribadire che determinate critiche mosse dalla SSUP e dai suoi accolti all’Inno attuale, e cioè che si tratta di un canto religioso (come mai allora parla di patrio suol, di Cittadino e di Elvezia?), e della disaffezione e difficoltà che avrebbero gli Svizzeri nel cantarlo (se si insegnasse a scuola questa presunta – e non diffusa come vorrebbe la SSUP – difficoltà, non ci sarebbe) sono prive di fondamento e banalmente motivate.

Rispettosamente ricordo al Consiglio federale il valore che simboli e rituali hanno per un popolo. Soprattutto per un Paese come il nostro, una “Willensnation” nella quale convivono – con riconoscimento costituzionale – quattro lingue e quattro culture. Una convivenza per la quale simboli e rituali rappresentano un necessario comun’ denominatore. L’Inno nazionale è simbolo e rito: il simbolo non enuncia una semplice relazione ma la fa vibrare nello spazio e nel tempo; nel rito gli uomini esprimono ciò che più li tocca. Nell’Inno come simbolo e rito, c’è quindi quel sentimento nel quale un popolo si riconosce. Stravolgerlo – come si propone di fare la SSUP – è un’operazione che frammenta, disorienta, lede il senso di appartenenza a qualcuno o qualcosa e per conseguenza incide anche sulla fiducia nei confronti dello Stato. Questo in un momento nel quale richieste più che mai sono stabilità, continuità, unità e fiducia nella Politica e nei suoi rappresentanti.

Non credo essere nell’interesse del Consiglio federale aderire ad una richiesta – quella della SSUP – che può portare a spaccatura nel popolo ed al ricorso dello stesso agli strumenti della democrazia per impedire l’attuazione degli intenti della SSUP.

Mi permetto quindi di porre al lodevole Consiglio federale le seguenti domande:

  • Dal punto di vista istituzionale è possibile trattare, nel modo sopra esposto un simbolo della Confederazione, e cambiare una decisione presa, via decreto, dal Consiglio federale del 1981? Non crede il Consiglio federale che così facendo si manchi fortemente di rispetto all’Istituzione come tale e a chi per essa ha lavorato (la decisione in favore del Salmo svizzero quale Inno nazionale non fu presa nel 1981 in modo superficiale!).
  • È ammesso e tollerabile che il nuovo testo, senza i carismi dell’ufficialità, senza essere stato autorizzato dal Consiglio federale venga impiegato, come è stato fatto il 1 d’Agosto del 2016 in Svizzera (addirittura sul praticello del Grütli) su esortazione della SSUP (società di diritto privato), esortazione inviata ai Comuni, alle scuole, ai cori, alle società senza alcuna legittimazione? È ammissibile volersi guadagnare le simpatie per un nuovo Inno nazionale, riportandone il testo (che molti definiscono adatto solo ad un libro per bambini!) su stoviglie ecc., mercificandolo come è stato fatto il 1 d’Agosto sul Grütli? E sottilmente introdurlo nel Paese mettendo il Consiglio federale davanti al fatto compiuto?
  • Non crede il Consiglio federale che questo comportamento della SSUP, oltre statuire un pessimo esempio, deluda quelle cittadine e quei cittadini che credono nel nostro Paese e nelle sue Istituzioni, che paventano la distruzione di valori conosciuti e che si crei così quella spaccatura nella popolazione che un Governo non dovrebbe certo volere? E questo proprio in un momento nel quale è più che mai opportuno perseguire unità e coesione all’interno della Svizzera.

La mia richiesta al Consiglio Federale è quindi quella di impegnarsi per la conservazione di un Inno, quello attuale che, molto bene caratterizza una Svizzera di pace, serenità, impegno e responsabilità, che ne ribadisce le radici e che – sempre ancora – corrisponde al giudizio del Consiglio federale del 1981 di “canto autenticamente svizzero, degno e festoso”.
Ringraziando per l’attenzione e con la massima stima.


Per chi fosse interessato alla raccolta firme circa la conservazione dell’Inno attuale, potrà contattare Nicoletta Noi-Togni a partire dal 9 agosto prossimo:


Nicoletta Noi-Togni, 
deputata al Parlamento grigionese