Facciamo chiarezza sui tempi di uscita dal nucleare

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Raccomandazione di voto
Il pensiero sull’iniziativa ‘Per un’uscita pianificata dal nucleare’, in votazione il prossimo 27 novembre, di Francesco Maggi, responsabile WWF Svizzera italiana e Capogruppo dei Verdi in Gran Consiglio.

 

Il prossimo 27 novembre voteremo sull’iniziativa ‘Per un’uscita pianificata dal nucleare’. In sostanza l’iniziativa pone un limite massimo all’età di esercizio delle centrali nucleari svizzere di 45 anni. Fissare una data limite è importante perché l’esperienza acquisita nel mondo insegna che dopo 40 anni di esercizio i problemi tecnici, e di conseguenza la pericolosità delle centrali, crescono in modo esponenziale. Le centrali svizzere non sono esenti da problemi di obsolescenza e lo dimostra il numero e la durata crescente delle messe fuori esercizio forzate. Appena rimesso in esercizio il reattore di Beznau 2 e già è annunciata un’interruzione forzata della centrale di Leibstadt per problemi di corrosione.

Ma la più bella notizia – in caso di sì all’iniziativa – sarebbe la chiusura immediata della centrale di Beznau 1, la centrale più vecchia al mondo e fuori esercizio da ormai un anno per gravi problemi tecnici. Malgrado ciò, Axpo insiste per rimetterla in esercizio ad inizio 2017.

Il nostro parco nucleare è il più vetusto al mondo e sta diventando pericoloso e inaffidabile. Grazie all’iniziativa potremo scegliere tra una chiusura pianificata delle centrali entro il 2029 o un crescente numero di interruzioni non pianificabili e difficili da gestire. Inoltre, ai prezzi attuali della corrente elettrica, le centrali non si giustificano più neppure per motivi economici. Che cosa aspettiamo quindi a chiuderle? 

Tra i motivi evocati con maggiore insistenza vi è la paura di non avere delle alternative e di dover dipendere dall’importazione di energia dall’estero. Queste paure sono del tutto infondate, sia perché abbiamo le alternative in casa, sia perché la dipendenza dall’estero in un mondo interconnesso è la regola. D’altronde la Svizzera dipende già fortemente dall’estero per soddisfare la sua fame di energia. Importiamo tutto l’uranio necessario al funzionamento delle centrali nucleari e tutto il petrolio e gas che hanno assicurato ben 118 TWh su 232 TWh dell’energia consumata nel 2015 in Svizzera.

Proprio grazie alle nuove tecnologie che si stanno rapidamente imponendo ovunque, anche nel campo energetico, stiamo già riducendo la nostra dipendenza dall’estero. Ad esempio sempre meno abitazioni vengono riscaldate con l’olio combustibile, mentre i veicoli ibridi o elettrici riducono le importazioni di benzina e diesel. La tecnologia ci aiuta anche a ridurre i consumi, che negli ultimi cinque anni sono rimasti stabili, malgrado l’aumento della popolazione, delle termopompe e dell’elettromobilità.

Importare, qualora si rilevasse necessario, una parte della corrente elettrica – purché sia corrente verde – non dovrebbe quindi preoccupare nessuno, soprattutto se parallelamente dipenderemo sempre meno da Russia e Paesi arabi per le forniture di gas e petrolio. D’altronde le aziende elettriche svizzere stanno da tempo investendo in impianti rinnovabili all’estero. L’energia prodotta già oggi da questi impianti (6.5 TWh) supera quella prodotta dalle tre centrali nucleari di Beznau 1 e 2 e Mühleberg!

Gli impianti in Svizzera del ‘nuovo rinnovabile’ finanziati con il fondo RIC e già realizzati o in via di costruzione garantiranno una produzione rinnovabile pari a quella della centrale di Gösgen. Sommando tutto, già oggi, disponiamo di sufficienti alternative pulite in Svizzera e all’estero per garantirci lo spegnimento di 4 centrali su 5. L’ultima centrale a dover chiudere sarebbe Leibstadt tra 13 anni (2029). Già i soli progetti in lista di attesa oggi per ricevere il finanziamento RIC basterebbero quasi per sostituire la centrale di Leibstadt, figuriamoci tra 13 anni alla velocità con la quale evolve la tecnologia solare. Basti pensare che oltre il 95% della potenza solare installata nel mondo è avvenuta dal 2010 a oggi, quindi in meno di 7 anni. Il settore solare ha costi sempre più competitivi e ha il vento in poppa perché piace alla gente, è energia pulita ed è sicuro.

Fare chiarezza sui tempi d’uscita dal nucleare giova quindi a tutti, permette di pianificare un futuro energetico pulito e rende la Svizzera un paese più sicuro. Voterò quindi un Sì convinto il prossimo 27 novembre.

Francesco Maggi