Le zecche, un pericolo sottovalutato

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L’analisi (di R. Weitnauer)
Le zecche sono organismi parassitari che possono trasmettere infezioni anche piuttosto gravi e che nella scorsa stagione hanno segnato una netta recrudescenza in Svizzera. Anche in Valposchiavo occorre stare attenti, soprattutto d’estate, ma non solo.

 

Immagine: Gesundheitsstadt-Berlin

 

INDICE

  • Le zecche imperversano nel 2016
  • Molti svizzeri dal dottore dopo una puntura
  • Le zecche non sono insetti
  • Ixodes ricinus, la zecca da tenere d’occhio
  • Gli stadi di vita della zecca
  • I contatti classici con la zecca
  • L’infezione batterica trasmessa da Ixodes ricinus
  • Decorso della malattia di Lyme
  • L’infezione virale trasmessa da Ixodes ricinus
  • Meglio prevenire che curare
  • L’allontanamento della zecca
  • Le zecche in Valposchiavo e nei Grigioni
  • Copre l’assicurazione contro gli infortuni

Le zecche imperversano nel 2016
“Al mio segnale scatenate l’inferno!” Così, recitava Russel Crowe nel film hollywoodiano Il gladiatore, interpretando il generale Massimo Decimo Meridio, a capo di una porzione dell’esercito romano che sconfigge i barbari in Germania.

Non esistono generali al di fuori della specie umana, ma in un cartone animato una frase simile potrebbe attribuirsi a qualche personaggio antropomorfo a capo di un esercito di coleotteri, di topi o di cavallette che invadono un habitat antropicamente insediato, alterandone l’assetto vitale per un tempo più o meno lungo.

In biologia il concetto di equilibrio ecologico è piuttosto diverso dall’idea comune che si nutre sulla staticità della natura. L’ambiente vitale, infatti, muta di continuo ed evolve. Come dire che l’equilibrio, in realtà, è solo apparente e mai definitivo. Di questo processo globale che si sviluppa sul lungo termine fanno parte anche oscillazioni repentine tra le prede e i predatori, tra gli organismi che praticano la simbiosi o tra ospiti e parassiti. Capita talvolta che si verifichino veri e propri sconvolgimenti ambientali, come epidemie, carestie, morie o, viceversa, riproduzioni esplosive, crescite ubertose.

Nube di locuste ripresa nel 2014 a nord dell’isola di Fuerteventura, nelle Canarie
Immagine: EpochTimes Italia

Molti svizzeri dal dottore dopo una puntura
Parlando d’inferno e di invasioni, abbiamo forse esagerato un pelino, dato che la Svizzera non sta accusando qualche piaga d’Egitto. Tuttavia, come ha riportato anche il telegiornale della SRF del 16 ottobre, non sono poche le persone che nel 2016 sono state vittime di attacchi senza precedenti, nell’ultima decina di anni, provenienti dai terreni incolti e dai boschi. Stiamo parlando della puntura di zecche. Eserciti a parte, non è questo un evento da prendere sotto gamba, specie in primavera e d’estate, ma, ormai, anche in periodi dell’anno più freschi. In alcune zone europee temperate le zecche non vanno nemmeno più in letargo duraturo ed escono spesso dal terreno dove tornano a rifugiarsi quando fa freddo.

La puntura di zecca non è di per sé dolorosa e spesso passa inosservata, fino al momento in cui un lieve prurito non porta l’attenzione sulla porzione di corpo interessata. Le conseguenze per la salute possono dimostrarsi talvolta piuttosto serie.
Sino all’inizio di questo autunno circa 30’000 svizzeri hanno richiesto un consulto medico a seguito del contatto con questo piccolo organismo. In effetti, le zecche sono formidabili vettori di infezioni, seconde solo alle zanzare. Circa 12’000 sono quest’anno i soggetti contagiati in forma acuta da una malattia trasmessa da questo animaletto.

I numeri appena riportati sono dell’UFSP (Ufficio federale della sanità pubblica). In particolare, il bollettino del 10 ottobre, reperibile dal relativo sito, ne rende debitamente conto. A queste informazioni si aggiungono le stime della SUVA che parla di costi intorno agli 8 milioni di franchi.
Bisogna dunque fare attenzione e informarsi.
A che si deve questa recrudescenza delle zecche? Come si accennava, si tratta di mutamenti che rientrano in una dinamica ecologica più globale, mai realmente assestata. I fattori influenti sono quindi innumerevoli. Nondimeno, a un primo sguardo possiamo distinguere soprattutto le temperature elevate della scorsa stagione e l’umidità persistente provocata dalle precipitazioni.

Queste alterazioni climatiche hanno generato condizioni favorevoli per lo sviluppo di diverse specie di piccoli artropodi, tra cui, appunto, le zecche. Queste ultime sono del resto particolarmente amanti dell’umidità, dato che per il loro metabolismo il bilancio idrico è più che mai critico.

Zona in rilievo e arrossata a seguito dell’aggressione di una zecca. Spesso ci si accorge della presenza della zecca solo per un lieve prurito che insorge quando l’animale è già ancorato da tempo.

Immagine: gesundheitsfrage.net

Le zecche non sono insetti
Vale la pena osservare intanto che queste creature cieche e sorde non sono insetti (un termine imparentato con ‘settore’, in riferimento al corpo plurisegmentato). Si tratta invece di aracnidi. A questa classe appartengono i ragni, gli scorpioni e i minuscoli acari della polvere (‘aràcne’ in greco vuol dire ‘ragno’).

Le zecche, suddivise in “dure” (le ixodidae) e “molli” (le argasidae), sono sostanzialmente degli acari un po’ più grandi, dotati di una sacca per fare il pieno di nutrimento presso la vittima parassitata. Questi animali sono infatti ematofagi, cioè si nutrono di sangue per completare il loro ciclo vitale e riprodursi. Essi non possiedono nemmeno una testa propriamente detta, ma solo un accenno di protuberanza (gnatosoma) dove risiede l’apparato boccale, munito di un formidabile sistema di sfondamento e di una specie di pompa idrovora, si potrebbe dire.
La zecca è una macchina lenta, ma molto efficiente; a suo modo, persino affascinante, per quanto desti ribrezzo e paura.

La zecca ‘Ixodes ricinus’ con la sacca addominale ripiena di sangue.
Immagine: Wikimedia

La zecca Ixodes ricinus con la sacca addominale vuota.
Immagine: Wikimedia

Ingrandimento dell’apparato boccale di una zecca. Si riconoscono i due poderosi ‘cheliceri’ che servono per aprire un varco nella pelle dell’ospite e un non meno inquietante rostro centrale che funge da sistema di aspirazione, come un’idrovora o un aspirapolvere.
Immagine: waldwissen.net

Ixodes ricinus, la zecca da tenere d’occhio
In Svizzera si riproducono una ventina di diverse specie di zecche. L’Ixodes ricinus (immagini precedenti), la più diffusa, è una zecca dura, chiamata anche “zecca del capriolo” o “zecca dei boschi”. Essa può provocare due tipi primari d’infezione, possibilmente gravi: la borreliosi e la meningoencefalite. Ne riferiamo più sotto.
La femmina è più grande del maschio, spesso molto più grande. Dopo il pasto, gonfia di sangue, può raggiungere 1 cm di lunghezza, aumentando le proprie dimensioni del 200%. Le larve sono lunghe invece poco più di mezzo millimetro.

La distribuzione sul terreno di Ixodes ricinus è in parte condizionata dal caso, in parte dalle possibilità di adattamento. Ciò spiega perché, oltre che nei boschi e nei prati, lo si può incontrare ai margini dei sentieri o ai confini boschivi, dove cioè il passaggio di ospiti (umani inclusi) è più assiduo.
Le zecche privilegiano gli habitat con discreta umidità (circa 80% e oltre) e regimi termici temperati dove crescono boschi di latifoglie che includono un sottobosco fitto e ricco di cespugli. Nei boschi puri di conifere le zecche hanno invece vita più difficile, anche se non impossibile. Anche nei giardini curati e nei parchi cittadini è raro che le zecche s’insedino stabilmente.

Le zecche non amano il clima rigido, per cui è raro che si spingano al di sopra dei 1500 m di quota. Se tuttavia le temperature salgono, questo limite può essere superato. Stessa considerazione vale per la stagione: in condizioni di caldo autunnale particolarmente elevato le zecche possono ancora essere un pericolo in questo periodo dell’anno. Più in generale, occorre tenere presente che questi parassiti sono attivi da circa 7 gradi sino ai 25-28 gradi.

Zecca in forma di larva, ninfa e adulto.
Immagine: Le Dolomiti raccontano

Gli stadi di vita della zecca
Le zecche passano durante la loro esistenza per quattro stadi caratteristici che durano complessivamente dai 2 ai 6 anni: uova, larva (6 zampe), ninfa (8 zampe) e adulto (8 zampe). La femmina di Ixodes ricinus depone in qualche anfratto del terreno le sue numerosissime uova: dalle 1000 alle 3000, in funzione della quantità di sangue succhiato in vita.

La riproduzione delle zecche è una faccenda di “eros e tanatos” (amore e morte). Infatti, il piccolo maschio perisce subito dopo l’accoppiamento. Stessa sorte tocca alla femmina dopo aver deposto le uova che si schiudono dopo 10-60 giorni. La selezione delle larve è durissima, un’ecatombe: solo un individuo su mille diventa adulto.

Una femmina di zecca ha una resistenza straordinaria e può rimanere digiuna anche per 5 anni. Da notare che la scorta di sangue normalmente prelevata è sufficiente per fare attraversare alla zecca un intero stadio di vita sui tre totali fuori dall’uovo. La digestione di un unico pasto richiede infatti mesi.
Si tratta di un ritmo molto lento cui corrisponde una strategia altrettanto paziente e di successo: dopo l’abbuffata la zecca si lascia cadere a terra, innesca la lunga transizione di stadio e aspetta che si presenti l’occasione per succhiare il sangue del prossimo ospite che passa negli immediati paraggi; può trattarsi di un anfibio, un rettile, un uccello o un mammifero. Quando questo capita a tiro, si verifica un vero e proprio arrembaggio. E la zecca cresce fino allo stadio adulto.

Accoppiamento tra un piccolo maschio e una grande femmina. Il dimorfismo sessuale è la regola. Da notare che quando il maschio rileva la presenza di una femmina, può anche arrampicarsi sul corpo di un ospite per raggiungerla e accoppiarvisi.
Immagine: Focus online (focus.de)

I contatti classici con la zecca
La zecca succhia il sangue di un ospite in ogni stadio vitale, eccetto quando si trova nell’uovo. Un Ixodes ricinus in forma di larva o ninfa resta 2-6 giorni tenacemente attaccato all’ospite, mentre se è adulto può succhiare imperterrito per una decina di giorni di fila, gonfiandosi come un otre.

Le zecche non sono in grado di saltare, tanto meno di volare. Gli esemplari più adulti possono tuttavia arrampicarsi sulla vegetazione fino anche a 1 m di altezza. Si può immaginare cosa ciò possa significare per chi porta i calzoncini e viene preso di mira come fonte alimentare.

Le larve e le ninfe sferrano i loro attacchi da altezze minori. Così, le zecche adulte tendono a succhiare il sangue di animali più alti e grandi, sino a giungere ai cervi o ai bovini. Le zecche immature si devono invece limitare ad animali più bassi e piccoli, come i roditori.
Quando la zecca aggredisce, ricorre a due robusti ‘cheliceri’ per rompere la protezione dell’ospite e agganciarsi a questo. Dopodiché, infila rapida nel foro generato un aculeo o rostro internamente cavo attraverso cui aspira a go-go il sangue. La zecca inietta inoltre un fluido che incolla il rostro all’ospite. Si capisce bene così che staccare una zecca dalla pelle risulta particolarmente difficile.

Un’immagine piuttosto disgustosa, ma che riflette la lotta per la sopravvivenza: una zecca ha perforato la pelle di un umano e, calando in profondità il suo apparato boccale, ha iniziato a succhiargli voracemente il sangue.
Immagine: Naanoo

L’infezione batterica trasmessa da Ixodes ricinus
Veniamo ora alle malattie che le zecche possono trasmettere. I medici e veterinari sanno che l’inoculazione di sostanze irritanti da parte delle zecche può provocare dermatosi, allergie e disturbi sistemici, talvolta anche seri. Ben più importanti sono però le infezioni batteriche e virali che eventualmente colpiscono l’ospite umano della zecca.
Citiamo prima di tutto la borreliosi, detta anche ‘morbo di Lyme’, con riferimento alla cittadina di Lyme nel Connecticut, dove nel 1975 scoppiò un’epidemia causata dal batterio spiraliforme Borrelia burgdorferi. La borreliosi è attualmente in espansione nel mondo ed è stata recentemente posta sotto la luce dei media, perché ha colpito la famosa cantante canadese Avril Lavigne, costringendola a letto nel 2014 per cinque mesi di fila.

In Svizzera le zecche Ixodes ricinus portatrici di questo batterio vanno dal 10% al 50% del totale, a seconda del territorio. Grandi serbatoi di questo patogeno si trovano soprattutto nei piccoli mammiferi, più lenti e più vicini al suolo, quali sono i roditori (topi, marmotte, ecc). Le zecche possono però attaccare anche pecore, capre, camosci o cervi. Succhiando il loro sangue, le zecche i nquestione diffondono il contagio tra gli animali selvatici, ma anche da questi ai cani e ai gatti (prediletti però dalle zecche dure Rhipicephalus sanguineus) o agli stessi umani.

Un’immagine al microscopio del batterio Borrelia burgdorferi. Allo spirocheta patogeno è stato dato questo nome in onore di Willy Burdorfer, batteriologo svizzero naturalizzato Usa che lo scoprì nel 1981.
Immagine: University of Connecticut

Decorso della malattia di Lyme
L’infezione da Borrelia burgdorferi si può accertare inequivocabilmente con un’analisi del sangue. Per evitare inutili allarmismi, va considerato che raramente l’infezione passa all’ospite se la zecca ha succhiato il sangue per meno di 24 ore. Se la zecca viene scorta sulla pelle e allontanata subito, il più delle volte non serve sottoporsi ad alcun test per la borrelia.
L’infezione si manifesta somaticamente in maniera del tutto tipica. Dopo un periodo d’incubazione di alcuni giorni (fino a un mese circa), compare infatti un eritema, talvolta accompagnato da febbre e malessere: intorno al punto di contatto si formano degli arrossamenti concentrici a forma di bersaglio che tendono sempre più ad allargarsi. Non sono dolorosi, né generano prurito.

L’eritema migrante è un campanello d’allarme che richiede immediata visita medica. Ma anche l’astenia e i sintomi influenzali che seguono una puntura di zecca vanno monitorati. Nell’eventualità di un contagio una terapia antibiotica mirata di solito eradica il problema, specialmente se seguita presto.
L’eritema migrante è la prima di tre fasi consecutive in cui può progredire il morbo di Lyme. In una minoranza di casi questo stadio viene completamente saltato dalla malattia.
Se il sistema immunitario arranca, settimane o mesi più tardi le articolazioni s’infiammano in modo deciso. Ma anche il cuore può essere afflitto da palpitazioni e persino da blocchi atrioventricolari. In alcuni casi sono i nervi ad accusare danni, implicando, ad esempio, paralisi facciale. Mesi e anni dopo questa seconda fase critica i disturbi possono cronicizzarsi, eventualmente con difficoltà di deambulazione (artrite). La cura è dunque cruciale.

La malattia di Lyme può essere contratta più volte, ovvero non ci si immunizza. Non esiste un vaccino che la prevenga. Si è però osservato che le zecche che pungono nei prati i bovini o altri ruminanti perdono per qualche ragione sconosciuta parte della loro infettività. Le distese erbose sono infatti meno pericolose dei boschi. Queste curiose osservazioni hanno aperto degli studi per la ricerca di un vaccino.

Il tipico eritema migrante che riflette l’avvenuto contagio del batterio della Borrelia attraverso la puntura di una zecca.
Immagine: fanpage.it Scienze

L’infezione virale trasmessa da Ixodes ricinus
Un’altra malattia trasmessa in Svizzera dalle zecche Ixodes ricinus è la meningoencefalite verno-estivale (MEVE o TBE, Tick-Borne Encephalitis). In questo caso l’agente infettivo non è un batterio, bensì un virus (un batterio è un organismo biochimico vivente, un virus non ha invece un proprio metabolismo ed a stento può definirsi vivente). Al pari della borreliosi, l’infezione pesca soprattutto nel bacino dei piccoli mammiferi.

Come suggerisce il nome, questa malattia provoca nell’uomo un’infiammazione delle meningi (l’involucro membranoso che contiene l’encefalo) e dello stesso encefalo.
Va attentamente considerato che, una volta contratta l’infezione con la puntura, non esistono purtroppo trattamenti specifici, salvo le cure per alleviare i sintomi. Esiste però da anni un vaccino per prevenire efficacemente l’insorgenza della malattia.

La MEVE è meno diffusa della borreliosi, ma, diciamolo subito, essa è mortale all’incirca nell’1% dei casi, una percentuale non trascurabile. Anche senza arrivare alle conseguenze estreme, la malattia può causare un’invalidità duratura, con paralisi di gambe o braccia.

L’infezione si manifesta 1-2 settimane dopo la puntura con una sintomatologia di tipo influenzale che riguarda però solo una minoranza di soggetti. Gli altri passano per un periodo del tutto asintomatico. In seguito, il 5-15% dei contagiati inizia ad accusare, per settimane e talora mesi, cefalee e fotosensibilità, vertigini, difficoltà di concentrazione. I casi più sfortunati degenerano nelle condizioni già descritte.

Nelle regioni svizzere dove la zecca Ixodes ricinus è più frequente le associazioni mediche consigliano la profilassi vaccinica, specie per i soggetti che si recano spesso in zone boschive o su terreni incolti. In questo modo si previene la meningoencefalite, una malattia che in una minoranza di casi può essere molto grave e che non può essere curata.
Immagine: Medscape

Meglio prevenire che curare
Da quanto esposto si comprende che la prevenzione è un fattore importante per evitare di andare incontro a complicazioni in occasione di una semplice scampagnata o escursione nei boschi.

Va da sé che l’abbigliamento costituisce la difesa primaria nei confronti delle zecche. Portare pantaloni corti o con il polpaccio scoperto espone a un maggior rischio, dato che la parte inferiore del corpo è più vicina ai luoghi della vegetazione dove stazionano questi aracnidi. Sdraiarsi nell’erba, soprattutto nel periodo estivo, aumenta ovviamente il rischio.
Una seconda forma di cautela concerne il controllo visivo. Riscontrare la presenza di una zecca sui vestiti è un evento critico, dato che l’organismo può farsi strada verso la pelle anche attraverso gli strati di tessuto.

Poiché la puntura di zecca spesso non causa alcun dolore, conviene ispezionare attentamente le parti scoperte del proprio corpo durante e dopo una gita. Le zecche prediligono le parti molli del corpo umano: parte interna del ginocchio, collo, inguine, ombelico, ascelle, nuca. Se ci si accorge di avere addosso l’indesiderato parassita ematofogo bisogna rimoverlo subito.
Per ogni eventuale indagine medica, è utile annotarsi il punto del corpo dove si è individuata una zecca. La puntura potrebbe non lasciare segni evidenti e, in ogni caso, il foro da essa praticato si richiude presto e la piccola ferita può scomparire dopo breve tempo dall’aggressione.

Anche gli animali domestici vanno controllati. Questi vengono attaccati di solito da Rhipicepahlus sanguineus che, portato dagli amici a quattro zampe, può insediarsi nelle abitazioni (dove però non si riproduce). Questa zecca può attaccare qualche volta l’uomo che viene comunque preferito dalla citata zecca Ixodes ricinus la quale, a sua volta, può succhiare occasionalmente il sangue di animali domestici. Il Rhipicepahlus sanguineus trasmette una malattia nota come febbre bottonosa e che provoca papule e complicazioni similari a quelle della borrelliosi. È curabile con antibiotici senza i quali nel 2% dei casi può condurre alla morte.

Una zecca, già bella ripiena di sangue, affondata nella pelliccia di un cane.
Immagine: Wikipedia

L’allontanamento della zecca
L’estrazione della zecca è un’operazione delicata, dato che occorre assicurarsi che la testa col suo apparto boccale non sia più in presa. Spesso un’operazione maldestra rompe l’addome, ma lascia la porzione anteriore dell’animale nella pelle. Questa condizione favorisce l’insorgenza di infezioni o reazioni da corpo estraneo; e, comunque, obbliga a successive manovre più invasive.

Per sfilare una zecca occorre usare una pinzetta ed esercitare una trazione costante, in modo da non spezzare l’organismo. La rottura è più probabile quando con le pinzette si trasmette una torsione o quando la trazione è obliqua rispetto alla superficie della pelle; condizioni operative che vanno dunque evitate.

Uno dei modi applicati da qualcuno per facilitare l’estrazione consiste nello stordire dapprima la zecca, in modo che allenti la presa. Può tornare utile un lembo di tessuto imbevuto di benzina o di qualche olio. Alcuni patologi osservano tuttavia che in questo modo può succedere che la zecca secerna liquidi tossici o allergizzanti. Si tratta dunque di saper bilanciare il rischio di spezzare la zecca con quello di provocare un’indesiderata reazione nella pelle. In linea di massima, la tecnica della sola pinzetta è preferibile, giacché basta un po’ di destrezza manuale per avere successo.

Estrazione di una zecca mediante pinzette. Il pericolo di contagio cresce all’aumentare della permanenza della zecca sull’ospite.
Immagine: TV – Das Erste (trasmissione [w] wie wissen)

Le zecche in Valposchiavo e nei Grigioni
Che dire del nostro territorio? La recrudescenza delle zecche in Svizzera, di cui si riferiva all’inizio, ha colpito anche il nostro habitat, come dimostrano diverse persone che sono state recentemente punte nella Valposchiavo o in Valtellina.

Come anticipato, le zone maggiormente a rischio sono quelle dove crescono boschi con latifoglie e cespugli fitti. Si parla dunque della porzione bassa delle Valle, cioè di quella intorno a Brusio e Campocologno. Non che le altre siano escluse da ogni rischio.

In quanto alle temperature, le porzioni più elevate della Valle sono maggiormente protette anche dal clima, dal momento che le zecche si inattivano col freddo e si rifugiano nel terreno. Come si accennava, occorre però stare attenti alle impennate di caldo sempre più frequenti nel clima europeo. Ricordiamo che le zecche pungono tra i 7 e i 25-28 gradi.
In presenza di diversi giorni di fila contraddistinti da temperature nettamente sopra la media le zecche possono risvegliarsi dal loro letargo e ristabilire i pericoli connessi con la loro aggressione silente anche d’autunno ed, eccezionalmente, anche in alcuni mesi invernali. Questo vale soprattutto se insieme al caldo si presenta l’umidità.
Secondo l’Ufficio federale per la sanità pubblica la Valposchiavo non presenta rischi di contagio con riferimento alla meningoencefalite (TBE-virus). Tuttavia, rientra nelle regioni in cui può manifestarsi la borreliosi.

Diversa è la situazioni nei dintorni di Coira. I medici della Scuola cantonale grigioni, tramite lettere inviate alle famiglie degli studenti, consigliano infatti la vaccinazione per scongiurare l’infezione virale.

Distribuzione territoriale di zecche portatrici del virus della meningoenecefalite (FSME è l’acronimo tedesco di Frühsommermeningo-Enzephalitis).
Immagine: SRF/Ufficio della sanità

Distribuzione terrioriale di zecche portatrici del batterio responsabile della borreliosi.
Immagine: SRF/Ufficio della sanità

 

Copre l’assicurazione contro gli infortuni
Nel telegiornale del 16 ottobre scorso la SRF spiega che i costi sanitari per il trattamento delle conseguenze della puntura di una zecca possono essere sostenuti dall’assicurazione contro gli infortuni sottoscritta dal paziente (senza franchigia). In effetti, l’aggressione di una zecca rappresenta un vero e proprio incidente, anche se si verifica in maniera silente e come tale non viene inquadrato dal pubblico.

Le cifre da sostenere per diagnosi e cure vanno da poche centinaia di franchi sino a più decine di migliaia di franchi nelle evenienze più impegnative. È dunque importante sapere che si può pretendere un risarcimento a fronte del premio sostenuto per l’assicurazione.
Occorre tuttavia poter dimostrare agli ispettori medici che di puntura di zecca si tratta. Per questo motivo conviene scattare più fotografie tanto della zecca presente sul corpo (se possibile), quanto dei segni residuali che nel corso del tempo vengono causati sulla pelle dalla sua aggressione. Valgono naturalmente anche le osservazioni del medico curante che conviene contattare al più presto in presenza di arrossamenti anomali.

Per quanto concerne la vaccinazione contro la meningoencefalite (TBE-virus), qui è la Cassa malati a prendersi carico della spesa.
Segnaliamo in conclusione di servizio che esistono delle App che permettono di gestire la protezione dalle zecche con uno smartphone o un tablet. Una di queste è “Zecca”, progettata da Andreas Garzotto e reperibile sia per Android che per i dispositivi Apple. Va annoverata a questo proposito anche la pagina in tedesco “Neue Präventions-App schützt vor Zecke” della svizzera ZHAW (Angewandte Wissenschaften, cioè Scienze applicate).

Roberto Weitnauer