Settimana memorabile quella appena trascorsa: Monza, capoluogo della provincia di Monza e Brianza, terza città di Lombardia per numero di abitanti (poco meno di 123.000), ha vissuto con l’operosità che la contraddistingue giornate davvero speciali, in attesa della Santa Messa di Papa Francesco che ha portato nel Parco cintato più vasto d’Europa un milione di fedeli.
Sono nata a Monza e qui trascorro ancora una buona parte della mia vita, ma in questa settimana di attesa ho colto aspetti della mia città che avevo dimenticato. Accanto all’impegno alacre delle migliaia di volontari, accanto alla professionalità delle forze dell’ordine e della protezione civile a cui è stata affidata la sicurezza di tutti noi, ho ritrovato una città serena e accogliente, organizzata e ordinata: non sono certo sparite le buche che punteggiano le nostre strade così come non è stato possibile tirare a lucido ogni angolo della città, ma gli sforzi profusi hanno certamente migliorato la situazione.
Alle limitazioni di una sabato “blindata” con l’interdizione del traffico stradale in fasce orarie ben definite e il divieto di sosta in una vasta porzione dell’abitato si sono presto aggiunti elementi del tutto inattesi che hanno regalato a Monza un clima unico, fatto di raccoglimento e silenzio.
Già, il silenzio; con un milione di fedeli in arrivo, per lo più in treno e autobus: tutto ci si poteva attendere tranne che silenzio. E invece questa è stata la prima sorpresa: strade chiuse al traffico, percorsi pedonali ampiamente segnalati, volontari e forze dell’ordine vigili e sorridenti e, soprattutto, una fiumana di persone che, dalle prime ore del mattino, ha popolato le strade del centro storico, diretta al Parco di Monza. Ad accompagnare il viaggio, il brusio allegro e rilassato di chi sa di vivere un momento storico e condivide con gli amici le emozioni di una lunga giornata.
La mattinata scorre così, tra le dirette tv che informano degli spostamenti milanesi del Papa e i fedeli, per lo più lombardi (molti anche gli Svizzeri) che guadagnano gli ingressi del Parco. L’attesa si riempie di aspettative, emozioni, riflessioni; alle 14.30 il concerto di campane risveglia la città; chiese distanti tra loro chilometri intessono un dialogo fitto fitto di melodie, un concerto spontaneo e commovente che mi ricorda quanto ascoltato qualche anno fa in una domenica estiva a San Gallo o, più di recente, a Zurigo in occasione del Capodanno. Oggi però il concerto annuncia a tutti, credenti e non, che il Papa è in arrivo, ha lasciato Milano e in poco meno di mezzora sarà a Monza, la città che fu della Regina longobarda Teodolinda e che da Milano ha sempre voluto marcare le differenze, tanto da avere rito romano, pur trovandosi nella diocesi milanese di rito ambrosiano.
E’ l’ora in cui le strade di Monza si svuotano completamente: i fedeli sono al Parco, molti monzesi seguono la funzione in televisione, altrettanti escono, si godono il centro storico silenzioso e deserto, presidiato con discrezione dalle forze dell’ordine.
Il sole è ancora alto quando le prime radio annunciano che la funzione è finita. Ci si prepara alla fiumana di ritorno: prima qualche gruppo alla spicciolata, poi una folla che cresce, cresce, cresce fino a occupare interamente i percorsi pedonali segnalati; volti stanchi ma felici, visi abbronzati dalla giornata all’aria aperta, sciarpe e cartelli che indicano l’appartenenza a gruppi parrocchiali e ancora una volta quel silenzio carico di riflessioni ed emozioni, tanto intense da non poter essere ancora raccontate. Un silenzio incalzante, che ha il ritmo dei passi svelti e degli sguardi soddisfatti, delle parole appena accennate e del mormorio sommesso che si diffonde tra i vicoli del centro e raggiunge il cuore di tutti.
Il sole cala, la folla no. Sono necessarie ore perché tutti rientrino a casa; il sabato si chiude su una città che ha saputo essere accogliente, operosa e riflessiva; le prime nubi striano il cielo arancione, ancora qualche minuto e scrosci di pioggia segnano il passaggio alla nuova settimana.
Chiara M. Battistoni