Tre temi sottoposti al Gran Consiglio nella sessione di aprile 2017

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Nicoletta Noi-Togni. Immagine da: www.suedostschweiz.ch

La politica non è fatta di un solo tema e così può succedere che, questioni che nulla hanno a che fare tra di loro, si presentino contemporaneamente nell’aula parlamentare. È successo alle tre proposte che avevo precedentemente inoltrato e che mi sono trovata a difendere – tutte nella giornata del 19 aprile u.s. – in Gran Consiglio. Qui sotto di cosa si è trattato.

Proposta di decreto diretto sulla formula del giuramento in italiano e in romancio
Le richieste di un cambiamento che riguarda il Gran Consiglio, vengono rivolte direttamente al Legislativo a differenza di quelle che trattano argomenti di competenza del Governo. Il mio atto parlamentare – sottoscritto da altri 40 parlamentari – chiedeva di pronunciare la formula del giuramento in Gran Consiglio, ogni volta in tutte e tre le lingue cantonali e di ancorare questo obbligo nel regolamento. Questo perché era spesso accaduto che il Presidente del Gran Consiglio (colui che recita la formula del giuramento,) per dimenticanza, la pronunciasse nella sola lingua tedesca. Cosa che confligge con la Legge cantonale sulle lingue e con la stessa Costituzione cantonale (art.3). La conferenza dei presidenti del Gran Consiglio non riteneva però rilevante (significa in questo caso non importante, non degna d’attenzione) questa proposta e chiedeva di respingerla. Anche se sostenuta verbalmente dai deputati Alessandro Della Vedova di Poschiavo e René Epp della Surselva (osteggiata invece da Karl Heiz di Poschiavo) la mia proposta seppur con un voto di tutto rispetto (45 colleghi l’hanno votata) non raggiungeva la maggioranza. Appuntamento quindi alla prossima… dimenticanza. In attesa continuiamo con le belle parole sulla salvaguardia della lingua italiana nella Svizzera e nei Grigioni!

Interpellanza aiuto al suicidio
In Gran Consiglio facevo notare al Governo che con la mia Interpellanza non avevo inteso sondare la posizione (morale, filosofica, teologica)dell’Esecutivo sull’aiuto al suicidio ma semplicemente ponevo domande sul comportamento che le autorità comunali avrebbero dovuto adottare in presenza di simili attività. Dicevo anche di essere sorpresa per il fatto che il Governo manifestasse un’attitudine di perfetta “immobilità” circa il “business” derivante dal turismo della morte che si era manifestato anche nella nostra regione. Il Governo infatti, trincerandosi dietro la mancanza di una regolamentazione precisa di tale attività, si limitava ad affermare di non poter intervenire. Quindi chiunque poteva affittare un appartamento ed operare indisturbato sulla vita umana. Nessuna formazione necessaria, nessuna regola da seguire dato che non c’è nessun legame con una determinata professione, nessuna informazione sulla persona (sacrosanta la protezione dati), nessuna presenza, semplicemente a morte avvenuta intervento della polizia, del medico regionale, apertura di un fascicolo presso la procura pubblica. Nessun controllo sulla ditta o sulle persone che operano, sul loro guadagno (lauto), nessun risarcimento delle spese procurate alla mano pubblica. Il tutto sulla falsariga delle società fantasma che già infestano il nostro territorio, con la differenza che in questo caso si tratta – oltre che di soldi – di vita e di morte. Chi ci dice infatti cosa succede veramente in mancanza di testimoni indipendenti, con firme sui documenti certe volte trasmesse per telefono. E quanto soprattutto è legale e non confligge con l’articolo 115 del Codice penale svizzero: l’unica disposizione di legge nel nostro Paese che si riferisce all’aiuto al suicidio e che punisce chi incita o aiuta al suicidio per motivi egoistici (tra i quali il lucro) con 5 anni di detenzione. A questo proposito ho ribadito in Gran Consiglio la necessità di regolamentazione e controllo poiché non si giustifica che per ogni altra attività ci siano controlli di polizia e per questo non ci sia nulla. Il Consigliere di Stato si è limitato a ringraziarmi ed a ringraziare la stampa che ha tematizzato questi fatti, dicendo che è estremamente importante parlarne. Il collega Mauro Lombardi, del Circolo di Mesocco ha sostenuto verbalmente la mia protesta in aula.

Galleria di San Fedele
Alla mia richiesta di maggior protezione nella Galleria di San Fedele, dopo il tristissimo avvenimento del 12 marzo u.s., il Governo ha risposto (Ora delle domande in GC) affermando che la Galleria in questione è dotata di tutte le sicurezze (sic). È dotata di segnali e di una doppia linea di demarcazione nel mezzo è stato detto. Ho replicato che non si tiene conto del fatto che dall’estremo sud delI’Italia fino a San Fedele, non ci sono altri tunnel a canna unica. Può darsi quindi che non ci si accorga in tempo del cambiamento. Le altre gallerie a tubo unico sono state dotate di accorgimenti supplementari come linee delimitanti di zigrinatura, segnali luminosi, ecc. che non ci sono nella Galleria di San Fedele. Una vaga promessa di cartello luminoso alle entrate è stata comunque pronunciata. Dopotutto forse il messaggio non è caduto nel vuoto e si spera anche in una reazione da parte del Consiglio nazionale dato che la mia stessa domanda è stata portata dal Consigliere nazionale Marco Chiesa a Berna.


Nicoletta Noi-Togni