La redazione de ilbernina.ch va in bettola. A far che? A bersi una birra o un caffè? Di sicuro. Ma anche e soprattutto per incontrare i lettori. E per dare un volto alle firme dei suoi redattori.
La bettola – chiamiamola così anche se forse sarebbe meglio chiamarlo ristorante o bar – è un microcosmo con leggi non scritte, una specie di oratorio per grandi. Al tavolo degli habitué c’è sempre chi la spara più grossa, chi è esperto di politica, donne, calcio o sesso. E poi c’è l’ascoltatore: rimane in disparte, sorseggia la sua birra, ormai calda, e segue, con il volto di sasso, le discussioni. A volte si anima, emettendo un mugugno, che gli uni interpretano come un segno di approvazione, gli altri di disapprovazione.
La bettola è un microcosmo pieno di storie. È un microcosmo che il redattore di un giornale locale deve frequentare perché solo uscendo dalla redazione può tastare il polso agli umori della gente, capire qual è l’argomento su cui vale la pena scrivere. Dopo una capatina al bar, il giornalista può ritornare dietro la scrivania con una notizia da sviluppare; se ha fortuna e se è dotato di un sesto senso, di quell’istinto che gli permette di fiutare la presenza di una storia da farsi raccontare per poi raccontarla.
E sono proprio le storie della gente la chiave del successo delle redazioni locali. Le grandi case editrici – Somedia, Ringier, NZZ, Tamedia – non si interessano delle realtà minuscole e discoste. O solo in rari casi, per esempio quando un orso bazzica dalle nostre parti.
Da 13 anni, ilbernina.ch racconta le storie – con la s minuscola – della valle di Poschiavo. È un’idea di giornalismo che prende sempre più piede nei grandi centri. Di recente, a Zurigo sono nati alcuni progetti simili a quello lanciato nel 2004 da ilbernina.ch. Per esempio la rivista online «Tsüri», una piattaforma creata nel 2015 da alcuni giovani che avevano voglia di fare del buon giornalismo locale. Ora conta su quasi 700 abbonati. La redazione, composta di due redattori a tempo pieno e 20 collaboratori, va a caccia di storie di quartiere, «le valuta da tutte le parti, le rende sciccose e le fa crescere».
Un giornale, anche locale, è fatto di firme, a cui i lettori si affezionano. Altro esempio recente che ci arriva dalla città di Zwingli è il progetto sviluppato da una cooperativa giornalistica svizzero-tedesca «Project R». Si tratta della rivista online «Republik». In poco più di un mese, quasi 14mila abbonati hanno sostenuto l’idea lanciata da una decina di giornalisti ed esperti di start-up: un finanziamento collettivo, un cosiddetto crowdfunding, che ha fruttato poco meno di 3,5 milioni di franchi.
Quello dei sostenitori è un investimento a scatola chiusa, o quasi. Il primo articolo di «Republik» uscirà all’inizio del 2018. A fare da faro al progetto ci sono alcune penne rinomate nella Svizzera tedesca, soprattutto quella del 51enne Constantin Seibt, ex giornalista del «Tages-Anzeiger» e della «WOZ», e il 38enne Christof Moser, ex corrispondente da Palazzo federale per la «Schweiz am Sonntag». I loro aficionados vogliono continuare a leggere i loro articoli.
E così andare in bettola, per la redazione de ilbernina.ch è anche un modo per affezionare i lettori alla firma e ai volti dei suoi giornalisti e per avvicinare Ivan, Marco e Piero alle storie della gente. Per ilbernina.ch passare un pomeriggio in bettola – termine forse irriverente, ma più vicino alla parlata locale – è molto di più di andare a bersi una birra o un caffè.
Luca Beti
Foto in alto: Luca Beti nello studio di registrazione della RSI a Zurigo, 2014
Bene, caro Luca, ben venga il profeta non più in patria a dare nuovi stimoli giornalistici in Valle. Lo sostenevamo già alcuni anni fa, che IL BERNINA doveva frequentare le osterie, con e senza h, che doveva essere in mezzo alla popolazione e fra le aziende, anche fisicamente. Sta di fatto però che l’allora tribunale dell’inquisizione locale non lo gradiva. Ora un giudice ha lasciato e sembra che si voglia rimediare. Bene, buon lavoro.