Un museo che coinvolge

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L’anno scorso Maria Olgiati ha lasciato la sua attività quale membro del comitato del Museo poschiavino. La sua attività inizia nel 2005, come attuaria, e si conclude col ruolo di coordinatrice dei collaboratori sorveglianti. Un’occupazione altrettanto soddisfacente, però, sono le visite guidate del Museo, organizzate in collaborazione con gli altri membri del comitato.

Come mai ha iniziato a collaborare per il Museo?
Sin da giovane amavo collezionare piccole cose come cartoline, monete o altri oggetti. Più un pezzo era vecchio e più fascino aveva per me. Trovavo importante “salvare” queste cose, in modo da poter raccontare la loro storia. Quindi, quando mi è stata fatta la proposta di entrare nel comitato del Museo poschiavino, anche se un po’ titubante, ho accettato volentieri il compito.

Cosa è cambiato nel modo di fare la guida e di gestire un museo?
Rispetto a prima, ora si cerca di coinvolgere molto di più il visitatore. Presso il Museo la maggior parte delle visite è dedicata alle scolaresche, quindi si cerca di coinvolgere i ragazzi con dei lavori di gruppo o delle attività legate a ciò che viene esposto.
Poi, naturalmente, anche la tecnologia ha rivoluzionato il modo di creare un’esposizione. Trovo che il supporto tecnologico per un museo sia un arricchimento di grande valore. Grazie agli schermi si può mostrare, per esempio, nel caso della mostra sull’agricoltura, l’uso degli attrezzi esposti, rendendoli molto più interessanti e concreti. Inoltre è possibile progettare una mostra interattiva attraverso giochi o quiz, coinvolgendo così il visitatore in prima persona.

Grazie a internet, l’offerta di documentari e visite virtuali è enorme e la gente può apprendere un sacco di informazioni stando comodamente seduta sul divano di casa. Credi che questo sia uno svantaggio per il Museo?
Chiaramente la tecnologia “ruba” molto tempo alle persone. Però devo dire che ciò non ha un influsso diretto sul numero di visitatori. La tecnologia offre uno squarcio su molteplici argomenti, però il museo si avvicina molto di più alla realtà. Una mostra ha il privilegio di poter coinvolgere tutti e 5 i sensi: infatti, trovo molto più arricchente ed emozionante osservare un’opera dal vivo che vederla su uno schermo. Anche per chi vuole approfondire un tema specifico, il museo è il posto migliore dove recarsi. Un museo etnografico come il nostro offre uno sguardo diverso sul territorio, permettendo al visitatore di scoprire la storia che si nasconde in esso.

Ha incontrato difficoltà durante la tua attività nel comitato del Museo poschiavino?
Devo dire che, anche se ci sono state difficoltà, grazie alla collaborazione con gli altri membri e alla lungimiranza di chi stava alla guida, siamo sempre riusciti a superare gli ostacoli. L’entusiasmo e l’affiatamento del gruppo sono stati indispensabili per il nostro intento di proporre un Museo innovativo e di qualità.
Forse il lato che ci ha preoccupati di più è stato quello finanziario: anche se l’entusiasmo per fare le cose in grande c’è sempre stato, finanziariamente non era sempre possibile realizzare le nostre idee; così dovevamo ridimensionarle secondo i mezzi disponibili.

Qual è il suo posto preferito nel Museo?
Non è facile fare una scelta, perché mi sembra di poter dire, senza esagerare, che il Museo poschiavino è semplicemente bello e mi piace. Apprezzo tanto le mostre temporanee, generalmente allestite con stile e in modo accattivante.
La sala che per me ha grande fascino è quella che ospita le mostre etrusca e indiana, di proprietà del Comune, ma gestita dalla fondazione Museo. Anche se non è strettamente legata al nostro territorio, trovo interessante la storia e l’evoluzione dei popoli e penso che in questa sala le si possa apprendere molto bene.
Un’altra esposizione che trovo molto ben riuscita è quella dell’agricoltura, infatti ha sempre colpito molto anche i visitatori.
La Casa Tomè, invece, mi ha conquistata per la sua autenticità; infatti, la casa stessa è già un museo e offre al visitatore la possibilità di affacciarsi alla vita delle persone che hanno vissuto al suo interno.


Alice Isepponi