Maiser – Fabiano Alborghetti

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“Maiser” è un dono. Alborghetti ci regala una storia che potrebbe essere dieci, cento, mille e più. Una storia che ritengo necessaria, in un momento storico in cui sappiamo sempre meno cosa significhi lasciare la terra del primo respiro per un luogo lontano, diverso. Raccontare l’uomo come fa l’autore in questo prezioso gioiello, che è fatto di carta ma molto più di essa è prezioso, è un’arte che necessita maestria e cuore. Fabiano Alborghetti dimostra, con “Maiser”, come già aveva fatto in passato con “L’opposta riva” (e non solo), la sua qualità di narratore e poeta.
Da figlia di immigrati, che ha vissuto sulla sua pelle la mancanza del diritto al ricongiungimento familiare, io dico GRAZIE!
Da donna cresciuta nel luganese ma nata altrove e che non sa più capire a cosa o dove appartenga, io dico GRAZIE!
Da cittadina di questo mondo che si muove, entra in conflitto e teme l’altro senza entrarci nel cuore, io dico GRAZIE!

“E dicendo di quell’uno / di quanti altri avrai parlato?”: si chiude così il romanzo in versi di Fabiano Alborghetti, che mette in scena la storia di un “uomo normale” (così l’incipit), di una “vasta famiglia”, di una lunga porzione di secolo. Dall’uno agli altri, cioè dalla vicenda individuale alla storia collettiva, e un tempo si sarebbe potuto aggiungere dalla coscienza individuale a quella di classe, questo libro coraggioso prova a mettere al lavoro la poesia sul piano inclinato della narrazione sociale. Romanzo/poema in controtendenza, Maiser conduce allo spasimo la cifra di una scrittura già testimoniata dal precedente percorso del suo autore: da “L’opposta riva” (2006), con i suoi clandestini senza nome braccati dal destino, agli orrori quotidiani di “Registro dei fragil”i (2009), Alborghetti ha sempre affondato i suoi strumenti poetici nella realtà più bruciante. Ora, un’identica ustione si prolunga nei decenni della storia italiana novecentesca, negli “sguardi lupeschi” e disperati degli emigranti del Sud. Come sempre, “dinanzi alla vita, anche quella più storta”.


di Begoña / pagina fb