Frana del Cengalo, almeno altre 100 zone a rischio in Svizzera

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© 2017 Kanton Graubünden

Una frana simile a quella staccatasi dal Pizzo Cengalo, in Val Bregaglia (GR), potrebbe verificarsi in molte altre zone della Svizzera. Solamente nella regione alpina, sono infatti 100 le pareti rocciose e i pendii sdrucciolevoli a rischio monitorati costantemente tramite sensori, riporta oggi la SonntagsZeitung.

Il domenicale precisa inoltre che solo una parte delle situazioni pericolose sono note. La Confederazione, evidenzia da parte sua Le Matin Dimanche, stima che il 6% del territorio sia da considerare instabile. Tenendo unicamente conto del Vallese, afferma al giornale romando il geologo cantonale Raphaël Mayoraz, esistono fra i 15 e i 20 siti attualmente sotto sorveglianza, di cui quattro o cinque minacciano infrastrutture. Nessun fenomeno preoccupante sembra però imminente, rassicura.

Nel frattempo in Val Bondasca, laterale della Val Bregaglia, sono state definitivamente abbandonate le ricerche degli otto escursionisti – quattro tedeschi, due austriaci e due svizzeri – dati per dispersi dopo l’enorme smottamento che mercoledì scorso ha raggiunto il villaggio di Bondo (GR). Lo ha annunciato nei giorni scorsi la polizia grigionese: in un primo momento le operazioni per trovare le persone che ancora mancano all’appello erano state temporaneamente sospese per ragioni di sicurezza. L’area è infatti considerata a rischio dopo che una seconda colata di fango è scesa a valle nel pomeriggio di venerdì, costringendo alcuni abitanti del piccolo comune, da poco tornati nelle loro case, a lasciare nuovamente le abitazioni.

Le forze dell’ordine hanno appurato che gli escursionisti si trovavano proprio nell’area della frana, piombata giù dalla montagna a una velocità di 250 chilometri orari, senza avere possibilità di fuga. “Abbiamo utilizzato tutte le risorse disponibili: elicotteri, dispositivi di ricerca tecnica, cani e squadre di ricerca. Ma non è stato possibile trovare nessuno”, ha detto ieri ai media riuniti a Bondo Andrea Mittner, della polizia retica.

La tragedia rischia di avere strascichi: bisognerà infatti determinare se ai turisti fossero state accuratamente segnalate le insidie che la regione nasconde. Le forze dell’ordine cantonali comunicano oggi che indagheranno per chiarire la vicenda: la procura è già stata informata. Il comune ha rimandato al mittente le accuse, sostenendo di aver fatto tutto il possibile per evitare sciagure di questo genere.

Permangono però dubbi sulla gestione generale in Svizzera dei casi legati a potenziali frane. In un rapporto recentemente pubblicato, il Consiglio federale ha riconosciuto che sussistono carenze per questa categoria di disastri naturali, mettono in luce Zentralschweiz am Sonntag e Ostschweiz am Sonntag. Contrariamente a quanto accade per inondazioni, incendi boschivi e valanghe, non esistono dati comparabili per gli smottamenti nei torrenti.

Christoph Graf dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL) ha inoltre lanciato un appello dalle colonne del SonntagsBlick per un impegno maggiore contro il riscaldamento climatico, che sarebbe all’origine di quanto successo a Bondo. Tesi che però non convince il geologo presso l’Ufficio foreste e pericoli naturali del canton Grigioni Andreas Huwiler. Questi, in un’intervista alla Neue Zuercher Zeitung, si è definito scettico a proposito di un legame diretto fra lo scioglimento del permafrost e la catastrofica frana di mercoledì.


ATS