Inventarsi

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Hans-Jörg Bannwart

Un paese si reinventa è il sottotitolo di una bella pubblicazione, intitolata Il Borgo di Poschiavo, edita dalla Società Storica Valposchiavo. E’ un’opera che mette in risalto come, verso la metà dell’800, il Borgo risorse dalla marginalità in cui era caduto pochi decenni prima e si sviluppò a industrioso centro in cui trovarono terreno fertile idee e visioni “moderne” che vi confluivano da tutta Europa, grazie all’emigrazione. Di quello spirito, della voglia di progredire di allora, riconosciamo ancora oggi i segni inconfondibili. Pensate all’aspetto del Borgo, per esempio, rimodellato allora da villaggio alpino in una singolare città in miniatura. Ma anche ai vari servizi allora istituiti, alle associazioni e agli enti, cui attività ancora oggi scandiscono il calendario culturale e civico locale: è formidabile, trovo, che la valle disponga di un settimanale già dal 1852 (Il Grigione Italiano), che nello stesso anno nascesse la Filodrammatica, e poco più tardi altri sodalizi come la Filarmonica Comunale, il Coro Misto… seguiti poi da tanti altri. Tutto questo ha, ancora oggi, dell’eccezionale e sicuramente si situa fuori da ogni schema o stereotipo legato a una valle alpina che conta poco più di 4’500 abitanti. Una caratteristica del luogo, credo, che salta all’occhio non soltanto a noi che ci viviamo, ma anche a chi vi fa visita (e forse vi rimane), come lo scrittore Wolfgang Hildesheimer, al quale, negli anni ’60, la valle ha procurato una sensazione tanto forte da indurlo a esprimerla in parole in un suo testo ormai famoso: L’inatteso: Nella Valposchiavo ci si imbatte non solo in natura, ma anche nei suoi paesi con le loro singolarità architettoniche, specie a Poschiavo, il capoluogo, la cui originalità si beffa di ogni attesa. Alla torre pendente di Pisa ci si abitua subito, è un monumento, si è preparati. Ma l’esperienza dell’inatteso, singolare, unico, o addirittura dell’eccentrico, specie se è animato dall’uomo e permeato di vita non diventa mai routine”.

Poi, tre sabati fa, la Commissione per la promozione della cultura del Comune di Poschiavo, di cui sono membro, ha organizzato un incontro: un aperitivo culturale. Lo scopo era quello di riunire per uno scambio gli esponenti della politica, le numerose istituzioni e persone che operano nell’ambito culturale e, in generale, chi si interessa all’argomento. Vi sono state tematizzate questioni fondamentali, come l’importanza della cultura per la coesione della collettività o la necessità di sostenere adeguatamente tutti gli sforzi che concorrono a mantenere viva la vita culturale in valle. Si è dato rilievo anche all’inestimabile valore del volontariato e il suo bisogno di essere maggiormente sostenuto, anche finanziariamente. Ed è riemersa anche la domanda della concretizzazione di un centro culturale comunale. Semmai ci fossero stati ancora dei dubbi al riguardo (o meglio delle speranze), ora abbiamo sentito parole chiare: considerata la situazione economica del Comune, la realizzazione di un centro culturale non è attualmente un tema. Plausibile, ma peccato.

Ma c’è anche chi ritiene che l’ampia gamma di attività culturali svolta nei vari spazi già esistenti non esiga poi tanto urgentemente il compimento di un’opera onerosa come un centro culturale. Lo abbiamo letto anche in una lettera aperta apparsa su questo giornale recentemente, in cui Cornelia Müller fa notare che, grazie all’iniziativa di singoli o gruppi, negli ultimi anni le manifestazioni culturali sono aumentate tangibilmente e la scena culturale poschiavina ha trovato nuovi spazi per l’espressione culturale. Riflettendoci, forse è vero.

E forse stiamo già facendo di necessità virtù. Infatti, l’assenza dell’anelato centro culturale è sicuramente uno dei fattori che, per necessità, hanno favorito man mano la nascita di iniziative culturali ambientate in spazi di vario tipo, in gran parte privati, come case, giardini, cortili, palazzi, alberghi o fienili, ma anche in ambienti industriali come il CTL e, come nel caso dell’Aperitivo culturale, nel deposito della Ferrovia Retica. Chi ha partecipato a talune delle manifestazioni concorderà che ognuno di questi spazi è unico, diverso, anche nell’aria che vi si respira, accattivante, autentico. Poi siamo per natura curiosi, ci piace lasciarci affascinare da quanto, di solito, si defila al nostro sguardo. E così gustiamo doppiamente quanto vi ha luogo. Anche la più prelibata delle pietanze reclama una presentazione maliziosa, per essere pienamente gustata.

Abbiamo poi delle formidabili sedi in cui sono stati insediati i musei. Con queste e tutte le altre strutture, altrettanto preziose ma già più conosciute (penso alle varie e meravigliose chiese, alle belle sale comunitarie, alle palestre e alle piazze pubbliche), la valle dispone di un assemblaggio di spazi eccezionale, perlomeno singolare, in cui, con un pizzico di narcisismo, mi piace individuare una specie di Wunderkammer culturale, un gabinetto delle curiosità declinata in varie forme. Alle quali forse, auguriamocelo, se ne aggiungeranno altre. Non potrebbe essere questa la formula culturale, eccentrica forse, che con un po’ di abilità potremmo diffondere anche oltre i confini della nostra terra? Per riproporre l’inatteso, appunto, che ha già colpito in passato, senza bisogno di replicare la Torre di Pisa.

Un cambiamento di paradigma, certo, rispetto ai più ambiziosi progetti che finora ci hanno (pre)occupato. Forse un giorno, quando i capitali torneranno a confluire più copiosi nell’erario comunale, se ne potrà riparlare. Ma questo farà parte di un’altra realtà, che per ora non ci appartiene (ancora).

Dimenticavo: la Wunderkammer non è né una formula magica né tanto meno ripiego di risparmio, ma va curata e sostenuta, promossa. Non bastano la disponibilità, la generosità e l’impegno dei singoli, è richiesto anche un deciso segno politico.

Reinventiamoci. Poschiavo è un buon posto per farlo.


Hans-Jörg Bannwart