Coltivare sogni grandi come piccoli frutti

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Foto di Giada Bianchi

Questa più che una storia imprenditoriale sembra una fiaba, anche se a parer mio lo è davvero. L’inizio potrebbe corrispondere a “c’era una volta, in un paesino di montagna divenuto più luogo di transito che di residenza, un uomo a cui apparve in sogno una mora”, e non sarebbe nemmeno poi così distante dalla realtà.

Sto parlando di Nicolò Paganini dell’azienda Piccoli Frutti di Campascio, frazione di Brusio in Valposchiavo, il quale passando davanti a un enorme roveto un giorno ebbe l’illuminazione. Figlio di commercianti la sua strada l’avrebbe portato altrove, ma guardando quelle splendide more selvatiche capì che quella era terra idonea per la coltivazione di frutti di bosco, ed ebbe ragione.

Poco sole, terreno ricco, acqua dal lago sovrastante: occorreva solo trovare lo spazio in cui inserire le coltivazioni. E qui potremmo aggiungere un altro capitolo al racconto fantastico. “In quel villaggio per guardare l’orizzonte occorreva alzare gli occhi oltre le cime delle montagne; sul fondo rocce e fiume, nel mezzo il bosco. A monte e a valle paesi troppo lontani e, poco distante, case abbandonate o di vacanza con giardini selvatici o soffocati dall’incuria”. Ed ecco un’altra intuizione: usare quelle parcelle per la coltura.

Oggi l’azienda vanta 9 ettari di piantagioni suddivisi su 70 appezzamenti, composti prevalentemente da giardini o terrazzamenti ripristinati. Attorno a case diroccate o di vacanza si possono ora trovare piante di lamponi, mirtilli, ribes, fragole, more, prugne, mele e ciliegie. Considerate inoltre l’impatto estetico per Campascio, divenuto ora più ordinato, colorato e vivo. Avere così tante parcelle separate è sicuramente un impegno per l’azienda, ma dal punto di vista della protezione del raccolto si è rivelato un vantaggio, sempre in balia di agenti atmosferici inaspettati o malattie nocive per la pianta.

La raccolta dei prodotti dura da giugno a settembre. Visto che le persone impiegate in questo periodo sono soprattutto casalinghe, gli orari di lavoro sono stati adattati alle necessità familiari, come finire un po’ prima a mezzogiorno per poter tornare a casa a preparare il pranzo. E non ditemi che anche questo non potrebbe diventare un ulteriore bel paragrafo incantato. Ma non è finita qua.

La frutta raccolta è venduta sia fresca che elaborata, per la cui trasformazione occorreva un nuovo laboratorio. In questi casi spesso la formula consiste in terreno + prefabbricato ma, ovvio, così non è stato. Il cuore da coltivatore di Nicolò l’ha portato a scegliere la ristrutturazione di una costruzione fatiscente nel nucleo piuttosto che togliere ulteriore verde alla valle. Oggi al pian terreno si trova l’azienda e ai piani superiori un bed&breakfast delizioso con un nome che parla da sé: Coltiviamo Sogni.

Già, perché io credo che se si ha abbastanza coraggio per lasciare affondare i piedi nella terra prima o poi se ne sentirà pulsare il battito, e tutto ciò che nascerà da questo incontro potranno essere solo grandi gesti d’amore anche se racchiusi nel piccolo formato di un frutto. D’altronde la delicatezza necessaria per raccogliere un lampone non è forse la stessa che si utilizzerebbe per afferrare un sogno? Nicolò lo ammette, non è stato sempre facile ma si sa: se così non fosse non potrebbe trattarsi di una favola a lieto fine.


Giada Bianchi