Di solito, nelle città, nei paesi, nei luoghi c’è un dentro o c’è un fuori, ma percorrendo il sentiero dei Runchett rimesso a nuovo, la sensazione è quella di esser dentro stando fuori. Mi spiego.
Non ho trovato in Valle nessun altro punto di vista così particolare sul borgo di Poschiavo come quello che si gode da Sotsassa. E’ stata una delle prime passeggiate (a dir la verità passavamo da un sentiero un pelo più in alto) fatte con chi poi ho anche sposato, ai tempi in cui forse voleva convincermi della bellezza del posto. Allora avevo pensato a due cose: al film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e al libro di Furio Colombo La città profonda (libro su New York). Entrambi i miei riferimenti portavano ad una prospettiva particolare delle cose. E da quel sentiero la prospettiva è davvero speciale. In pochi minuti si è a picco sopra Poschiavo, abbastanza in alto per vederla tutta, ma sufficientemente vicino per sentir quasi starnutire il signore con la sciarpa rossa che sta passando in via da la Pesa! Perché da quell’altezza il borgo prende la sua dimensione verticale e ne rivela la profondità. Le strade sembrano sprofondate tra le case e quella terza dimensione così evidente ti dà la sensazione di esserci dentro, in mezzo e non sopra a guardare. Lo sguardo si sposta in piazza e la attraversa tutta per infilarsi poi dentro una viuzza. Prima si accorge però del bambino che sul sagrato della chiesa scappa alla mamma e delle due anziane signore ferme a chiacchierare. Par quasi di essere lì a sentirle.
E’ compatto il borgo di Poschiavo visto da lì, una compattezza che di solito sanno dare le mura in una città. Ma non ha mura Poschiavo, eppure il centro è come una piccola Urbe, solo ai bordi si sfilaccia in costruzioni più anonime, si trasforma e perde forza. Sarebbe un peccato assistere nei prossimi decenni ad uno svuotamento del centro per veder andar ad abitare la gente in casette monofamigliari spalmate su tutto il fondovalle.
Anche il mio sguardo allargandosi perde forza, e quella sensazione di esser dentro stando fuori si indebolisce. Esco del tutto quando nel campo visivo arriva il cimitero! Ma andate a guardare il cimitero cattolico da quell’altezza, pare una prigione. Riporto lo sguardo sull’altro cimitero, quello riformato: la sensazione di star dentro ritorna, di sicuro per la fortunata ubicazione, a picco rispetto alla mia posizione, ma anche per la maestosità dei salici, messi lì come a far compagnia, e per l’armonia dello spazio davvero particolare. Rigido e spartano invece l’altro. E’ vero, da morti non necessitiamo più di niente. Ma da vivi abbiamo in qualche modo ancora bisogno dei nostri morti, e necessità di pensarli in un bel posto! Davvero non si potrebbe rendere più accogliente quel cimitero aggiungendo un’armonia di piante, di colore, rendendo quel muro di cinta più caldo allo sguardo? Salite sopra i runchett e capirete cosa voglio intendere. Perché ho anche pensato che a distanziarsi un po’ dalle cose le vedi meglio: uscendone fuori vedi meglio il dentro. Così mi sono tornate in mente le lunghe discussioni sul Centro culturale, se sì, se no, se qui, se li’. Ma da lassù sembra tutto così chiaro: guardalo lì un Centro culturale perfetto, praticamente già fatto: ideale per ubicazione, vicino al centro, ai mezzi di comunicazione, alla stazione, con possibilità di posteggio. Dall’alto vedi lo spiazzo che gli si apre davanti e già immagini eventi, incontri, animazione, vita. Cultura. Venite a guardare anche quello dall’alto!
Prima di ridiscendere, il mio sguardo torna in piazza, luogo pubblico d’incontro. La felice e intelligente decisione di renderla pedonabile ne esalta l’importanza. Da quest’altezza pare davvero il cuore del borgo: le strade come vene e arterie che da qui partono ma per finire qui convergono, nel ritmo quotidiano della gente e del tempo che scorre, sistole e diastole senza fine.
Per finire un suggerimento a tutti quelli coinvolti nel bene pubblico a livello politico o comunale o anche privato: fatevi un giro su questo sentiero: si sa mai che guardando dall’alto possano nascere nuove idee, limpide come l’aria di queste meravigliose giornate autunnali.
Serena Bonetti