Franco Milani, Pgi: “È soprattutto una questione di rispetto”

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    Intervista al Presidente della Pgi Franco Milani a pochi giorni dall’importante appuntamento per la lingua italiana dell’iniziativa “Per una sola lingua straniera”.

     

    Ancora Il suo primo anno di presidenza coincide con un secolo di vita della Pro Grigioni Italiano. 100 anni portati bene?
    Sarei tentato di rinviare la risposta dopo il voto del 23 settembre sull’iniziativa «Per una sola lingua straniera», ma su questo tema torneremo certamente. La Pgi è sempre presente quando bisogna difendere gli interessi della minoranza grigionitaliana: un impegno che la Pgi persegue con costanza e professionalità. La Confederazione sta valutando l’efficacia delle misure di promozione delle lingue minoritarie nei Grigioni e gli “esaminatori” sono stati impressionati dai dossier che abbiamo loro fornito. Anche nel Grigionitaliano siamo un punto di riferimento, con la presenza di personale qualificato che opera nei nostri centri regionali. Per il centenario del Sodalizio abbiamo presentato due pubblicazioni di pregio: l’antologia 100 sguardi sul Grigionitaliano e la guida per bambini e ragazzi ai monumenti storici del nostro territorio. Gli apprezzamenti che abbiamo ricevuto ripagano tutti gli sforzi che sono stati necessari per realizzarle.

    La Pgi è molto più presente nei media quando si tratta di promuovere una sua pubblicazione o una sua manifestazione, meno forse per quanto riguarda la sua attività nell’ambito della politica linguistica…
    Il ruolo della Pgi è quello di vedere riconosciuti i diritti linguistici degli italofoni nel Cantone dei Grigioni. È nella natura di questo ruolo agire spesso in maniera riservata, fuori dalla luce dei riflettori, e presentare il lavoro svolto solo quando sono stati ottenuti dei risultati tangibili, talvolta anche dopo diversi anni. Ad ogni modo tutte le nostre prese di posizione – e non sono poche – possono essere scaricate dal nostro portale web.

    A proposito di comunicazione, una domanda che non è del tutto disinteressata: dopo il posto di corrispondente ATS a Coira avete ancora progetti in cantiere per la promozione dei media di lingua italiana?
    Il cantiere più importante è sicuramente lo studio sul futuro dei media nei Grigioni che il Cantone deve redigere in base all’incarico presentato dal granconsigliere Manuel Atanes. Sono abbastanza fiducioso che lo studio mostrerà la necessità di aumentare il sostegno ai media grigionitaliani. Anche i grandi editori svizzero-tedeschi avvertono che senza maggiori sovvenzioni i giornali non possono sopravvivere, figuriamoci quindi i media di una piccola minoranza come la nostra. Non bisogna dimenticare che i media hanno una funzione molto importante per il funzionamento della nostra democrazia a tutti i livelli, da quello comunale a quello più alto: il Cantone deve tener conto anche di questo.

    A livello nazionale il Consiglio federale ha recentemente pubblicato l’ordinanza della Legge sulla radiotelevisione che entrerà in vigore all’inizio del prossimo anno e che prevede due milioni di franchi a sostegno del servizio in francese e in italiano dell’Agenzia telegrafica svizzera. La Pgi e infoGrigione, l’associazione dei media grigionitaliani, si stanno già muovendo affinché parte di queste risorse siano investite nel nostro Cantone. Se l’ATS dovesse accettare la nostra richiesta, ci dovremmo coordinare con i singoli media su dove e come investire queste nuove risorse: potenziare il posto del corrispondente ATS a Coira o cercare delle soluzioni nel Grigionitaliano. Infine, se recentemente la RSI – mi riferisco ai canali televisivi – è un po’ più attenta alla realtà del Cantone dei Grigioni, questo è anche merito del lavoro di ricerca e di confronto con la direzione dell’azienda fatto dietro le quinte dalla Pgi.

    Il 23 settembre andremo a votare sull’iniziativa «Per una sola lingua straniera». Che cosa è in gioco per il Grigionitaliano?
    Per la Pgi è soprattutto una questione di rispetto e di parità di trattamento. L’iniziativa vorrebbe che alle elementari la maggioranza impari da subito l’inglese, mentre le minoranze linguistiche dovrebbero imparare il tedesco. La motivazione di chi ha lanciato l’iniziativa è che il nostro Cantone funziona in tedesco e le minoranze devono conoscere bene, per non dire perfettamente, questa lingua. Inoltre l’iniziativa sottende che per la maggioranza tedescofona una lingua “straniera” possa bastare e che quest’ultima non debba essere una lingua cantonale, bensì l’inglese. Sono motivazioni che non possiamo accettare.

    Purtroppo non ci sono stati mezzi giuridici per fermare questa iniziativa, che a nostro avviso resta discriminatoria. Tre dei cinque giudici del Tribunale federale che hanno esaminato il ricorso sono stati dell’opinione che dovrebbe essere possibile – anche se con difficoltà – applicare l’iniziativa in maniera conforme alla Costituzione federale e a quella cantonale; gli altri due giudici della Corte, cionondimeno, sono stati di tutt’altro parere.

    Alla Pgi non resta altro che combattere l’iniziativa spiegando le ragioni per cui essa deve essere respinta. Su iniziative analoghe si è votato in diversi cantoni – nessuno dei quali era però un cantone plurilingue – e sempre con esito negativo. Inoltre l’insegnamento di due seconde lingue nella scuola elementare, il cosiddetto modello 3/5, è praticato nella stragrande maggioranza dei cantoni, in cui vive il 90% della popolazione. In fondo, penso, un “no” a questa iniziativa dovrebbe essere una cosa scontata nell’unico cantone trilingue della Svizzera.

    E la questione dei costi?
    Anche questo aspetto è importante. Un’applicazione dell’iniziativa conforme al diritto superiore sarebbe assai onerosa, perché i comuni dovrebbero offrire corsi facoltativi d’italiano o romancio, rispettivamente d’inglese, in tutte le scuole elementari. Con il risultato che nelle scuole secondarie bisognerebbe poi obbligatoriamente offrire percorsi differenziati agli alunni che hanno scelto di seguire i corsi facoltativi negli anni precedenti. Ciò comporterebbe dei costi aggiuntivi; gli insegnanti disponibili – che già non sono molti – potrebbero non bastare; bisognerebbe riscrivere i mezzi didattici (anziché migliorare e completare quelli già in uso, in diversi casi carenti o assenti in lingua italiana e romancia), organizzare nuovi formazioni per gli insegnanti, in alcuni casi persino trovare nuove aule. Esagero se parlo di scandalo?

    Un “sì” all’iniziativa avrebbe delle ripercussioni sulla Pgi? Non si potrebbe criticare che la Pgi ha fatto troppo poco per contrastarla?
    A contrastare questa iniziativa ci stiamo preparando da più di dieci anni. La Fondazione «Amiche e amici della Pro Grigioni Italiano», per esempio, è stata creata con l’unico scopo di raccogliere i mezzi necessari per contrastare con tutti i mezzi disponibili un’iniziativa contro l’insegnamento dell’italiano nelle nostre scuole. Il Sodalizio, e qui penso in particolare all’allora presidente Sacha Zala, era ben cosciente che una simile iniziativa prima o poi sarebbe arrivata: i fatti purtroppo gli hanno dato ragione. La campagna che stiamo conducendo è molto dispendiosa sia in termini di lavoro per la Sede centrale che in termini finanziari per la Fondazione. Stiamo facendo tutto quello che è ragionevole fare per contrastrare un’iniziativa a livello cantonale, e forse anche di più: non lasciamo nulla al caso. Alla fine saranno però gli elettori a decidere. Molto importante è che le minoranze linguistiche partecipino al voto con entusiasmo, coscienti che la loro scheda nell’urna potrebbe essere determinante.

    Per quanto riguarda le ripercussioni del voto sulla Pgi, parto dal presupposto che chi è incaricato dalla Confederazione di valutare le misure di promozione per le lingue minoritarie nei Grigioni, in qualche modo dovrà anche tenere conto del risultato di questa votazione. Se desidero dare per scontato che l’iniziativa verrà respinta nel Grigionitaliano, lo studio potrebbe dare indicazioni su come migliorare la promozione dell’italiano nella parte tedescofona del Cantone. Le legge che finanzia l’attività della Pgi ha infatti pure e forse in primo luogo lo scopo di rafforzare la conoscenza reciproca tra le comunità linguistiche e, dunque, il plurilinguismo attivo. Se traccio un confronto con quanto viene fatto nell’amministrazione federale e negli altri cantoni plurilingui, devo osservare che nei Grigioni si fa assai meno per la promozione delle lingue minoritarie. Nel bando di concorso per un medico cantonale attualmente pubblicato sul sito web del Cantone si può leggere per esempio che le «conoscenze di italiano costituiscono un vantaggio, ma non si tratta di un presupposto». Per la cronaca ricordo che l’amministrazione cantonale è il maggior datore di lavoro nei Grigioni: se lo stesso Cantone non richiede la conoscenza dell’italiano come condizione per l’assunzione, soprattutto per il livello dei quadri (mentre dà per scontata o esige esplicitamente la perfetta conoscenza del tedesco), perché allora impararlo a scuola?

    Il semplice fatto che un’iniziativa del genere sia stata lanciata e sia riuscita ad approdare alle urne è un segnale evidente che qualcosa sta andando storto nella convinvenza tra le comunità linguistiche all’interno del nostro Cantone.

    Allora c’è ancora molto da fare per la Pgi anche dopo 100 anni?
    Direi proprio di sì. La Pgi potrà solo farlo con il sostegno interno del Grigionitaliano, iniziando a respingere l’iniziativa messa al voto il prossimo 23 settembre.


    A cura di Marco Travaglia e Antonio Platz