Poche settimane fa ho letto una lettera aperta su Il Bernina riguardo le scelte professionali dei giovani. Inevitabilmente mi sono sentita presa in causa, come penso ogni mio coetaneo, da quelle parole. Riflettendoci, ho notato che il mio problema non è, come spesso accade, il non sapere cosa fare, ma la paura di farlo.
Da alcuni anni a questa parte ho preso coscienza del mio amore per la Storia e per la mia lingua, l’italiano. Mi viene quindi naturale pensare che il mio studio sarà incentrato su queste due materie. Tutto questo finché non lo dico ad alta voce. Più di una volta, infatti, mi sono sentita dire frasi come “dai, concretamente, cos’hai intenzione di fare nella vita?”, o “ma la storia può essere un passatempo, non uno studio” e ancora “è uno studio inutile, a cosa ti porterà?”. Frasi che chi pratica uno studio o un lavoro non strettamente pratico avrà spesso sentito.
Devo ammettere che risposte certe non ne ho, ma la reazione, forse troppo giovane e ingenua della ragazza che sono, è impulsivamente la rabbia. Detesto questa visione che tende a sminuire determinati studi/lavori. Io credo che a neanche vent’anni dovremmo sì avere un occhio critico al futuro, ma pure abbastanza sogni e speranza per fare ciò che amiamo. Dovremmo aver coraggio. Il coraggio di scegliere con il cuore, di mettersi in gioco, di dar voce alle proprie passioni.
Forse sbaglio io ad avere una visione cosi idealistica del futuro, ma non voglio vivere in un mondo dove a vent’anni devo scegliere una professione in base a quanto renderà.
Matilde Bontognali