La stagione venatoria sta ormai volgendo al termine. I risultati degli abbattimenti degli ungulati sono già stati pubblicati (vedi articolo precedente), ma per avere un quadro più preciso sullo stato di salute della fauna e sulle problematiche legate alla caccia in Valposchiavo abbiamo rivolto alcune domande al guardiano della selvaggina Arturo Plozza.
Caccia 2018: 397 ungulati abbattuti sul territorio della Valposchiavo. Il numero di abbattimenti negli ultimi 4/5 anni è salito di molte unità, il record sono i 420 dello scorso anno, ma il trend è costante: quasi 100 capi in più ogni anno rispetto al periodo 2001/2014 [escludendo il 2007]. Cosa ci dice questa statistica?
Devo precisare che parliamo della somma degli abbattimenti di ungulati, cervo capriolo e camoscio, durante la tradizionale caccia alta che si svolge a settembre. Nel 2017 è stata raggiunta la cifra di 420 abbattimenti che però non è la cifra massima visto che nel 1996 gli abbattimenti di settembre sono stati 441. La media degli abbattimenti nel periodo 1999-2018 corrisponde a 304. Gli abbattimenti a settembre possono variare da anno in anno a dipendenza di diversi fattori come la consistenza dell’effettivo presente in valle, la pressione venatoria esercitata, le prescrizioni per l’esercizio della caccia e le condizioni meteo a settembre.
Tendenzialmente in Valposchiavo il cervo aumenta, nonostante interventi mirati e la caccia speciale. Il capriolo è la specie che più di tutte può essere altalenante. La specie è molto precoce e riproduttiva ma anche soggetta a variazioni di anno in anno per quanto concerne la consistenza numerica. Anche nel camoscio si constata una tendenza all’aumento.
Numero record di cervi: 224 a fronte dei 161 dello scorso anno. 75 caprioli abbattuti contro i 154 del 2017. Può spiegarci questi dati?
Il numero dei cervi abbattuti conferma la forte presenza in Valle di questo ungulato. La tendenza dello sviluppo della popolazione del cervo è in aumento nonostante il costante sforzo di raggiungere i piani di prelievo in funzione di una stabilizzazione se non lieve riduzione della consistenza. Il numero record di uccisioni è stato possibile anche grazie all’apertura alla caccia di parte della Bandita federale Campasc, misura questa voluta e efficace per una volta ma non sostenibile ogni anno.
Nel capriolo dopo l’inverno 2017-18 che ha fatto registrare un numero alto di selvaggina perita l’effettivo presente prima della caccia era minore all’anno prima. Anche la presenza di becchi con l’ambito trofeo del palcuto erano presenti in numero più limitato. Questo fattore insieme a altri ha portato ad un minor prelievo, in analogia a quanto successo in tutto il Cantone.
Il numero dei caprioli abbattuti è però paragonabile a quello degli anni 2014, 2010, 2009. Si è confermata in valle una certa resistenza a cacciare la femmina di capriolo. Lo scarso interesse per la caccia alla capriola e ai becchi, se non portatori del trofeo ambito del palcuto ha contribuito a ridurre la pressione venatoria su questa specie.
Lo scorso anno alcuni macellai hanno rifiutato l’acquisto della selvaggina. Questa nuova tendenza si è registrata anche quest’anno?
Nonostante il numero maggiore di capi abbattuti, quest’anno il problema non c’è stato. La minore offerta di animali abbattuti in altre zone (Engadina) hanno sicuramente contribuito a permettere ai nostri macellai di “gestire” al meglio la selvaggina abbattuta in Valle.
Quest’anno, soprattutto nel mese di agosto, si è di nuovo segnalata la presenza di un plantigrado in Valposchiavo, crede che in primavera ne sentiremo ancora parlare?
Nel 2018 il tema grandi predatori non ha interessato particolarmente la Valle ma resta un tema di grande attualità. Con l’arrivo o il passaggio di un lupo si deve calcolare in ogni momento. Lo stesso discorso vale anche per l’orso. Difficile dire quando e dove il prossimo plantigrado si presenterà in Valposchiavo.
Negli ultimi anni i cambiamenti climatici sono sempre più frequenti. Quanto incidono questi fenomeni meteorologici sulla fauna della nostra regione?
I cambiamenti climatici hanno un influsso importante a medio e lungo termine. Per alcune specie l’influsso può essere positivo come per esempio per il cervo che approfitta di un periodo vegetativo maggiore e di inverni brevi e miti come può essere limitante per una specie come la pernice bianca che vede restringersi vieppiù il suo habitat naturale.
A cura di Ivan Falcinella