Artist in residence, musica e sperimentazione

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    Ogni volta che vado ad ascoltare un concerto di “Artist in Residence” non so mai cosa aspettarmi, è sempre una sorpresa.
    Difficile spiegare il concerto di sabato sera in Casa Hasler; ma per chi non ci fosse stato o per chi non avesse osato mettersi in gioco e recarsi a questi concerti sempre particolari proposti dall’Associazione La Ciaf di Cornelia Müller, ho deciso di provare a scriverne.

    In casa Hasler, per l’occasione, i signori Häfliger, mettono a disposizione un salone dal gusto antico: diverse file di sedie non assortite, persino una poltrona, un calorifero rosso a metà parete accolgono il pubblico (di solito una quindicina di persone che si ritrovano e riconoscono).
    A due passi da chi sta seduto, i musicisti; due questa volta: Niko Seibold, sassofonista e compositore e Dominik Fürstberger, batterista e artista elettronico.
    In scena, oltre alla batteria e al sassofono, diversi microfoni e un sofisticato impianto digitale con computer, tastiera e apparecchi di cui neanche so il nome.
    Un beamer proietta una luce calda e in movimento sullo sfondo. Pare di stare al finestrino di un treno in corsa, le immagini sono sfuocate ma hanno qualcosa di affascinante. Mi accorgo che davanti al beamer, proprio dove esce la luce, un vaso di vetro la cattura e la deforma prima di rilanciarla sulla parete di fondo. L’effetto è magico.

    Poi arriva la musica: batteria e sax si parlano, ma le loro voci finiscono inghiottite dai microfoni, si trasformano in onde di suono che, elaborate dal computer, come un eco tornano fuori da chi ascolta. E tu quasi non capisci più da dove viene il suono. Non c’è una vera melodia, ma di sicuro una grande armonia.
    Sei catturato.
    Lo sfondo luminoso in movimento sembra far nascere la musica. Poi a fine concerto i musicisti ci diranno che loro neanche la vedevano la luce e che sono stati i nostri sensi a viverla così in sintonia.
    Sicuramente un concerto astratto, dove non bisogna voler capire, ma piuttosto affidarsi alla leggerezza dell’ascolto. Un’ora di musica quasi estraniante e preziosa. Sono rimasta affascinata dall’abilità e la sensibilità dei musicisti nella ricerca di suoni, anche banali, da sommare ad altri suoni, per amalgamarli agli strumenti, affidarli ai microfoni e infine liberarli.

    A fine concerto il vaso di vetro appoggiato davanti al beamer è stato tolto dalla fonte di luce. Nitida, è apparsa allora l’immagine di una finestra -quella della stanza dove i due musicisti hanno soggiornato in casa di Cornelia- e di quanto per diverse ore scorreva lì fuori in una luminosa giornata di vento!!

    Così ho pensato che anche la loro musica ci è arrivata come se avesse prima attraversato un vaso di cristallo. E mi è piaciuto!


    Serena Bonetti