L’anno che verrà – Semiletargo umano

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Per propiziare il 2020, in queste settimane proponiamo ai nostri lettori una serie di editoriali speciali che tratteranno alcune tematiche di recente attualità.

Siamo una specie alquanto strana. Stiamo vivendo in un periodo in cui la riscoperta del rispetto per la natura è repentinamente balzato sulla bocca e nei propositi di tutti, diventiamo tutti quasi naturisti e cerchiamo la tipologia di dieta individuale affinché il nostro corpo stia meglio, ma non ci occupiamo di come il ritmo quotidiano del nostro operare dovrebbe alternarsi nel corso dell’anno.

Non bisogna per forza essere un meteoropatico – anche se, forse, tutti noi un poco lo siamo – per percepire che l’energia e la vitalità che si sprigionano da Natale sono notevolmente maggiori rispetto al periodo precedente. Siamo, noi umani, esseri che hanno un ritmo circadiano mutevole. E, il periodo di Natale corrisponde ad una chiave di volta. È infatti fatto corrispondere a diverse ricorrenze, presenti in diverse culture, presso gli antichi, e il fatto è spiegabile in modo abbastanza semplice: dal solstizio di inverno le ore di luce ricominciano ad aumentare, rispetto alle ore di buio e ciò ha un effetto particolarmente positivo sull’essere umano.

È biologicamente incongruente, quindi, concentrare una tal mole di eventi, di appuntamenti, durante i mesi di novembre e dicembre, come avviene da noi, essendo questi i mesi in cui dovremmo abbreviare le nostre attività, invece che intensificarle. Tenendo in considerazione questo dato di fatto legato alla rotazione terrestre, ci si chiede se non sarebbe opportuno pianificare la nostra attività con tipologie di giornata diverse; quella tardo autunnale e quella tardo primaverile di modo che il lavoro nella prima sia sensibilmente abbreviato e nella seconda sensibilmente allungato rispetto al periodo invernale.

Probabilmente gli adulti riescono a gestire meglio il proprio bioritmo rispetto ai bambini, ma basterebbe riflettere sui bioritmi imposti dalla natura e presenti nella società contadina a noi non cosí lontana, per capire che nel corso dell’anno vi sono periodi in cui il lavoro quotidiano è maggiore rispetto ad altri in cui è ridotto.

Nei bambini, questo andamento periodico si riscontra in modo ancor piú accentuato; quindi, concretamente: risultando abbastanza insensato, ad esempio, che gli scolari della scuola elementare si debbano alzare prima dell’alba e finire la giornata quando la luce si sta affievolendo, verso novembre e dicembre ed avere lo stesso orario scolastico come a fine maggio, periodo in cui le ore di luce sono notevolmente piú lunghe, forse sarebbe opportuno distribuire differentemente le ore scolastiche lungo il corso dell’anno. È sicuramente piú efficace avere di fronte dei bambini svegli, perché la luce del giorno è già presente, per un orario ridotto, rispetto ad averli addormentati, in aule con accesa la luce, perché fuori sta albeggiando o sta già annottando.
Alcuni anni fa, accogliendo la riforma scolastica, nei Grigioni, si accettò di introdurre i blocchi di scuola, onde evitare, almeno il mattino, ore, cosiddette “buche”, provvedimento sensato anche per la gestione famigliare; basterebbe perciò definire meglio questi blocchi ed adeguarli al periodo di luce quotidiana e perché no, adeguare pure gli orari di ufficio.


Luigi Menghini