L’anno “climatico” che verrà

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Per propiziare il 2020, in queste settimane proponiamo ai nostri lettori una serie di editoriali speciali che tratteranno alcune tematiche di recente attualità.


Il periodo a cavallo fra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo è molto particolare. Di solito si ha la tendenza a dare uno sguardo retrospettivo sull’anno appena trascorso traendone un bilancio positivo o negativo che sia e allo stesso tempo si tracciano le prospettive e gli obiettivi per quello che verrà. I buoni propositi solitamente propendono a smorzarsi dopo le prime settimane per lasciar posto alle quiete, consolidate e salde abitudini. La voglia di cambiamento coincide con il periodo delle decorazioni natalizie, esposte, accese nell’intervallo di tempo prescritto e poi riposte in una scatola, fino alla prossima puntuale esibizione.

Una questione che si ripresenta regolarmente sulla stampa in tutti gli angoli del mondo sono i danni causati dai cambiamenti climatici, che negli ultimi decenni si fanno sempre più evidenti e devastanti a livello globale e locale. Incendi, allagamenti, frane, cedimenti di strutture, ponti, tratte ferroviarie e stradali, tempeste di vento con sradicamenti di grandi quantità di legname, scioglimento del permafrost, dei ghiacciai e ciò accade anche in Svizzera, nel cantone dei Grigioni e in Valposchiavo. Le mappe dei rischi si espandono, le zone rosse costeggiano i fianchi delle vallate, i corsi d’acqua delle valli laterali minacciano di esondazione e più le vallate si fanno strette e ripide, le cadute di massi e frane tendono ad aumentare. Trascorriamo mesi senza una goccia di pioggia rischiando di non avere più acqua sugli alpeggi e poi la quantità di pioggia, che dovrebbe cadere in un mese, si rovescia sul territorio in pochi giorni. Le stagioni assomigliano sempre più a quelle monsoniche alternate fra periodi di siccità e seguite da forti piogge. Il cambio del clima porta nuova vegetazione, piante invasive e nuovi insetti come le zecche e la zanzara tigre. Sicuramente ci saranno anche dei vantaggi, anche se al momento non è facile intuirli. Lette così – mettendo in fila le notizie dei giornali pubblicate negli ultimi mesi – dure e crude, sembrano un bollettino di guerra, una catastrofe! C’è poco da rallegrarsi, gli scenari più probabili tendono a instradarsi in questa direzione. Nei prossimi decenni gli effetti climatici cambieranno anche le nostre valli e ci dovremo abituare e imparare a prevenirne meglio i rischi. L’aspetto positivo è che nei Cantoni svizzeri c’è una buona cura del territorio e molte opere di sicurezza sono attive da anni, inoltre gli esperti del rischio analizzano regolarmente le situazioni e propongono delle misure per contenere i pericoli. Queste misure di prevenzione però costano e restringono lo spazio per le attività umane. La consapevolezza della popolazione sull’uso corretto del territorio, sulla funzione delle opere di prevenzione e di gestione razionale del suolo dovrà aumentare. Boschi e opere di protezione acquisiranno un valore maggiore rispetto ai secoli scorsi e il fondovalle dovrà essere pianificato con intelligenza e lungimiranza. Gli spazi sul fondovalle saranno sempre più preziosi per lo sviluppo delle nostre attività.

Beh, c’è almeno da augurarsi e sperare che il nuovo anno non porti gli impegni e i propositi individuali, locali e mondiali per la lotta ai cambiamenti climatici ad affogare in una coppa di bollicine, o a spegnersi lentamente e a stento, come le ultime lampadine messe in soffitta poche ore fa!


Renato Isepponi