Certificati CO2 più cari per ridurre uso energie fossili

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Non è sovvenzionando le energie pulite che si riducono in maniera più efficace le emissioni di CO2, bensì punendo maggiormente coloro che inquinano di più, mediante un aumento del prezzo dei certificati di CO2.

È quanto risulta da una ricerca internazionale alla quale ha partecipato anche la Scuola universitaria professionale dei Grigioni, assieme a ricercatori delle università di Vienna e Erlangen-Norimberga, e le cui conclusioni sono state pubblicate nella rivista specialistica “Journal of Environmental Economics and Management”.

I ricercatori hanno messo a confronto due strategie diverse per ridurre le emissioni di CO2 praticate, rispettivamente, in Germania e Gran Bretagna. In Germania vengono sostenute soprattutto energie pulite originate dal sole e dal vento, mentre Londra ha introdotto per il mercato dell’elettricità una tassa sul CO2.

La Germania emette anche certificati, che danno il diritto ad inquinare, per 25 euro a tonnellata di CO2, ma solo sui carburanti e l’olio da riscaldamento e non per la produzione di elettricità. La Gran Bretagna, invece, chiede oltre 35 euro per ogni tonnellata di gas serra diffusa nell’ambiente pure ai produttori di corrente.

Il risultato è chiaro, secondo gli specialisti. Mentre la Germania è riuscita a ridurre solo moderatamente le emissioni provenienti
dal settore elettrico, la Gran Bretagna ha ottenuto un taglio del 55% dall’introduzione della tassa sul CO2 per l’elettricità nel 2013.

Come spiegare una simile differenza? Con prezzi di emissione relativamente bassi, all’inizio la corrente prodotta dal sole o dal vento scalza dal mercato le “relativamente pulite” centrali a gas, mentre le centrali a carbone molto più inquinanti continuano a funzionare. È solo quando molta corrente pulite viene introdotta nella rete che quella originata dal carbone diventa poco concorrenziale.

L’esempio britannico dimostra che una maggiore tassazione delle emissioni di CO2 finisce col favorire il gas naturale a detrimento del carbone. Nella produzione di corrente, il gas emette circa la metà del CO2 rispetto al carbone. Anche un aumento moderato della tassa sul CO2 rende il carbone poco redditizio e le emissioni si riducono sensibilmente.

Secondo i ricercatori, l’esempio britannico dimostra che una tassa elevata sul CO2, senza favorire un determinato tipo di energia, crea degli incentivi verso l’uso di tecnologie meno inquinanti. In questo modo, il gas – relativamente meno inquinante – prende a poco a poco il posto del carbone. Al momento, invece, il forte sovvenzionamento delle energie rinnovabili mette in difficoltà soprattutto il gas, mentre le centrali a carbone possono continuare a produrre.

A detta degli scienziati, un incremento anche moderato del prezzo per le emissioni di CO2 può a breve termine determinare un taglio importante delle emissioni nocive nell’aria. Unica condizione: l’esistenza di centrali a gas quale tecnologia ponte. A lungo termine, tuttavia, anche il gas prodotto con energie fossili andrebbe sostituito con energie alternative.