Arno Zanetti: mancano insegnanti formati all’Alta scuola pedagogica

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Il Governo ha di recente stilato, in collaborazione con le organizzazioni linguistiche, un elenco di 80 misure interne al Cantone per migliorare la promozione delle lingue cosiddette “minoritarie”: l’italiano e il romancio.
Nell’elenco, il titolo 2 (“Campo d’azione: Concentrazione dell’impiego di mezzi nel settore della formazione”) è interamente dedicato al settore della formazione. Abbiamo perciò sentito Arno Zanetti, Ispettore scolastico per il Grigionitaliano, per capire cosa ne pensi delle misure e per fare il punto su alcune questioni importanti che riguardano la professione di insegnante nel cantone.

Buongiorno, nel contesto scolastico si parla, ad esempio, di elaborare una strategia a lungo termine per il reclutamento degli insegnanti qualificati. Quanto è importante?
Nel grado secondario I e nella pedagogia specializzata la difficoltà nel reclutare insegnanti in possesso di un diploma riconosciuto dura da diversi anni.
Durante l’estate 2020, l’Alta scuola pedagogica di Coira ci ha segnalato che per l’anno scolastico 2020-21 non figuravano candidati del Grigioni italiano iscritti alla formazione per diventare insegnanti di scuola dell’infanzia o del grado elementare.
Sulla base dei dati raccolti negli ultimi anni, possiamo affermare che, in media, ogni anno nel Grigioni italiano vengono incaricati 5 giovani insegnanti di scuola elementare e 2 insegnanti di scuola dell’infanzia. Non possiamo lasciare nulla di intentato per invogliare i nostri giovani a scegliere questa professione e a occupare i posti nelle nostre regioni.

Quanto è difficile, oggi, reperire insegnanti nelle scuole grigionitaliane?
Nel campo della pedagogia specializzata più del 50% delle/degli insegnanti lavora con un’autorizzazione all’insegnamento; nel grado secondario I sono circa il 25%. Un’autorizzazione all’insegnamento è un permesso temporaneo rilasciato dall’Ufficio per la scuola popolare e lo sport alle persone senza un diploma riconosciuto per il grado scolastico richiesto. L’autorizzazione viene rilasciata a chi possiede un diploma simile a quello necessario ma forse ottenuto all’estero. Questi dati dimostrano quanto sia complicato trovare insegnanti con i titoli di studio richiesti. A livello svizzero, 1 giovane insegnante su 6, per svariati motivi, getta la spugna dopo un anno e molti insegnanti sono donne incaricate spesso con percentuali ridotte per poter conciliare le esigenze familiari con il lavoro. Tutto questo incrementa ulteriormente la difficoltà nel reperire insegnanti.

Quanti sono, in proporzione, gli insegnanti non svizzeri che insegnano nelle scuole di Mesolcina, Calanca, ma soprattutto Valposchiavo e Bregaglia?
In Valposchiavo gli insegnanti non svizzeri rappresentano circa il 20 % del totale, nelle altre valli le percentuali sono più basse: nel Moesano operano diversi insegnanti ticinesi, alcuni dei quali hanno ottenuto il diploma presso l’Alta scuola pedagogica di Coira. Premetto che tutti questi insegnanti che lavorano nelle nostre scuole sono molto apprezzati e svolgono un ottimo lavoro. Non metterei perciò l’accento sul “non svizzeri” quanto sul “senza diploma riconosciuto”. Inutile ribadire che la nostra scuola è orientata verso nord per quel che riguarda la didattica, i metodi di insegnamento, i libri di testo, ecc. Nel 2017 è stato introdotto il nuovo piano di studio 21 che prevede un insegnamento orientato alle competenze, un cambio di paradigma non indifferente. Le nostre Alte scuole pedagogiche preparano i futuri insegnanti a queste nuove sfide. Non è quindi un giudizio di valore sui vari sistemi scolastici o sui titoli di studio, ma unicamente l’esigenza concreta di poter contare su insegnanti adeguatamente formati per insegnare in un determinato grado scolastico.

Cosa si dovrebbe fare per formare dei maestri locali e cosa per convincere, per esempio, un giovane valposchiavino a tornare in valle per insegnare?
All’interno dei nostri incontri regolari con le autorità scolastiche ne discutiamo da anni senza però riuscire a individuare per il momento soluzioni concrete. Mi auguro che questa iniziativa dal Dipartimento possa dare la spinta giusta.
Dalle valutazioni che l’Ispettorato scolastico svolge regolarmente nelle scuole del Cantone emerge che più del 90% degli insegnanti interpellati dichiara di insegnare volentieri e di esser soddisfatto delle condizioni di lavoro della propria scuola. Queste testimonianze dirette e positive dovrebbero invogliare i giovani ad entrare nel mondo della scuola. Difficile anche capire i veri motivi perché i giovani puntino verso altre professioni anche in un momento in cui per diversi lavori si prospetta un futuro altamente incerto, mentre gli insegnanti di ogni livello scolastico non dovrebbero, a corto termine, essere «bruciati» dal robot o sostituiti dall’intelligenza artificiale.
Alcuni nostri giovani insegnanti scelgono di raccogliere prima esperienze professionali altrove con l’intento poi di rientrare in valle, cosa che raramente si avvera; altri lasciano la valle dopo pochi anni d’insegnamento per svariati motivi.
Ci sono poi giovani che vorrebbero tornare in valle ma non trovano opportunità di lavoro corrispondenti al proprio profilo e iniziano le loro carriere e instaurano relazioni sociali altrove.
Nel caso degli insegnanti, i posti di lavoro ci sono e sarebbe molto bello se fossero occupati dai nostri giovani che conoscono il territorio e si inserirebbero senza fatica nella rete sociale, culturale, politica e sportiva locale.
Uno studio rileva che un’offerta culturale più ricca migliori possibilità d’impiego e di formazione; stile di vita diverso, maggiore libertà individuale sono i motivi principali che spingono i giovani verso i centri urbani. In valle possiamo offrire una qualità di vita molto alta e la bellezza della nostra natura, ma per contrastare il fascino esercitato dalle aree metropolitane sui giovani e farli tornare nella loro regione d’origine sarà necessario ragionare anche su questi aspetti.

Pensa che le scuole bilingui, modello propagandato dalle misure, siano una buona soluzione? In particolare, non c’è invece il rischio, in territori di “frontiera linguistica” (come Maloja, ad esempio), di indebolire l’uso dell’italiano anziché tutelarlo?
Le scuole bilingui e le classi bilingui sono una parte integrante del panorama scolastico grigionese e l’obiettivo primario è l’incentivazione delle lingue cantonali italiana e romancia. Tali scuole mirano al raggiungimento di una competenza linguistica molto elevata in due lingue. Quindi anche la scuola di Maloja fornisce un importante contributo al mantenimento e alla promozione dell’italiano in alternativa a una scuola tutta tedesca.

Annosa anche la questione dei testi didattici in italiano, toccata anche dalle misure, senza contare i nuovi strumenti digitali: che cosa si dovrebbe fare in questo settore di concreto e con urgenza?
L’introduzione del piano di studio 21 si sta rivelando un’opportunità per migliorare la qualità dei libri di testo in italiano. In questi ultimi anni è stato fatto molto e diversi libri di testo sono ora a disposizione delle scuole. Il Dipartimento dell’educazione ha incaricato l’Alta scuola pedagogica dei Grigioni di elaborare, entro il 31 ottobre 2021, un concetto e una pianificazione dettagliata in vista della prevista realizzazione di un mezzo didattico per l’italiano quale lingua di scolarizzazione nel Grigioni italiano. Un libro di testo calibrato ai bisogni delle nostre scuole è un’opera epocale.  Il primo volume sarà disponibile per il Grigioni italiano dall’estate 2023. Diversi altri progetti sono in cantiere.
Siamo sulla buona strada, si tratta ora di non mollare la presa per fare in modo che nel minor tempo possibile le scuole del Grigioni Italiano possano utilizzare, in tutte le materie, libri di testo in italiano concepiti per un insegnamento orientato alle competenze. Solo allora i nostri insegnanti potranno vantare le stesse premesse a livello di libri di testo dei colleghi che insegnano in una regione tedescofona.

Sempre in questo settore, quanto è importante il contributo di traduttori, magari scelti tra gli ex insegnanti, come suggerito anche dalle misure?
Una traduzione ben fatta è importante perché crea ponti solidi tra culture. In ambito scolastico oltre che capire il testo, ricomporlo e adattarlo alla lingua di destinazione, è basilare avere la massima cura della scelta lessicale conforme al grado scolastico. L’esperienza diretta che un insegnante raccoglie o ha raccolto durante la sua carriera scolastica può essere certamente un valore aggiunto.

Infine, una questione che esula un po’ da quanto proposto ma che ha la sua importanza. Quanto è importante o strategica la collaborazione con realtà educative della vicina Italia per la tutela del patrimonio linguistico a livello scolastico?
Da sempre la nostra scuola fa riferimento all’Italia per determinati libri di testo con i limiti che ho esposto sopra. Dato che i metodi di lavoro sono diversi, l’insegnante deve consultare varie proposte e produrre poi quelle schede che gli permettono di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Raramente un libro di testo può esser adottato nella sua totalità.
Di recente l’Alta scuola pedagogica ha collaborato con alcune scuole valtellinesi nella ricerca di posti di tirocinio per i propri studenti. Questa collaborazione non ha però portato i frutti sperati per l’incompatibilità nei metodi di lavoro e nella gestione della classe. La collaborazione con le realtà educative italiane resta ancora tutta da inventare.


A cura di Maurizio Zucchi

Maurizio Zucchi
Membro della redazione