Una visita al cantiere della galleria di Varuna I

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7 luglio, piazzale della Stazione di Poschiavo, ore 18.15. La partenza è puntuale e c’è anche un po’ di emozione nell’aria. Siamo tutti curiosi di vedere il cantiere che da alcuni mesi sovrasta il borgo di Poschiavo e i lavori che si svolgono al suo interno.

La prima tappa per i pochi invitati, tutti appartenenti ai media, è quella di Privilasco. Quasi in corrispondenza di quella che era stata una fermata della ferrovia, si stacca un binario derivato dove arriviamo con il Postale a noi riservato.

Una delle prime novità di questo cantiere è stata proprio la realizzazione del Binario di servizio di Privilasco. Si tratta di un’opera di grande utilità, dal momento che ha permesso di scaricare il “peso” di questo e dei prossimi lavori dal centro del borgo. Si calcola che in totale il complesso degli interventi programmati (che coinvolgeranno Varuna I, Varuna II e Cavagliasco I e II) richiederà altri 12 anni, quindi ci saranno lavori fino al 2033. Al termine della manutenzione, l’area verrà integralmente bonificata e non verrà lasciata alcuna traccia del cantiere né del binario.

Quindi, forti anche dell’esperienza del rifacimento della Stazione di Poschiavo, le Ferrovie retiche hanno portato il terminale del cantiere fuori. Questo ha comportato diversi vantaggi, da entrambi i punti di vista. Se consideriamo quello dell’impresa, infatti, avere un luogo di partenza del materiale più vicino al cantiere è certamente utile. Se, invece consideriamo quello della Ferrovia, come ha tenuto a chiarire il Dirigente produzione della regione Grigioni Sud Paolo Sterli (una delle preziose guide che ci ha accompagnato), è importante poter garantire la tranquillità del traffico e anche l’assenza di rumori e mezzi in una zona popolata quale quella della Stazione di Poschiavo.

Qui c’è il deposito degli inerti necessari, il silo per il betonaggio e qui viene portata al mattina una parte dei mezzi.

Per trasportare il tutto fino al tunnel di Varuna I si utilizza una sorta di piattaforma attrezzata per procedere sulle rotaie dotata di un motore termico, che si può muovere quindi autonomamente in totale assenza di elettricità.

Veniamo dotati di elmetto, pettorina fluorescente e riprendiamo il Postale in direzione di Cadera.
Dopo un breve tratto a piedi giungiamo a pochi metri dal tunnel di Varuna I, ai container dove è sistemata l’area degli uffici. Urs Tanner, responsabile del progetto, ci spiega nel dettaglio che cosa sta accadendo e cosa verrà fatto all’interno delle gallerie.

Le Ferrovie Retiche sono dotate di un complesso di 115 gallerie, per un totale di oltre 58 km lineari: per sosittuirle sarebbe necessaria la cifra da capogiro di 2,94 miliardi di franchi.

La presenza di decine di treni al giorno (60/70 e in aumento) e la durata dell’esercizio ferroviario di 17 ore danno l’idea di un intenso uso dell’infrastruttura. Delle 115 gallerie, ben 87 hanno dei danni e 17 sono in cattivo stato: ecco perché è necessario intervenire tempestivamente.
Andando a considerare il caso di Varuna I (che si può estendere anche ad altre realtà) il tunnel è oggi troppo piccolo per il traffico, le pareti sono ammalorate, la volta presenta infiltrazioni d’acqua che minacciano la stabilità e anche il fondo si è talvolta rialzato.

A Cadera, poi, si trova e si troverà anche la discarica dei materiali che vengono ricavati dall’ampliamento di questa galleria e delle successive.
Sempre assistiti da Urs Tanner, Paolo Sterli e Flavio Modetta (autore del progetto), visitiamo poi il cantiere vero e proprio. Passato l’ultimo treno, nella galleria possono entrare, a volte con una precisione di pochi centimetri, tutti i macchinari necessari.
È incredibile vedere quanto accuratamente vengano eseguite le operazioni: si stacca l’alimentazione elettrica, si mette la linea a terra e si procede. Oltre all’ampliamento, sarà necessaria una completa stabilizzazione e impermeabilizzazione dei tunnel, ottenuta mediante calcestruzzo proiettato e uno strato in PVC, una sistemazione delle pareti e, infine, un drenaggio e un adeguamento del fondo e dei binari. Il tutto chiudendo la tratta solo per pochi giorni… Perché si lavora di notte normalmente.

Solo per il Varuna I si parla di una cifra superiore ai 20 milioni di franchi e di lavori che, se tutto va bene, si concluderanno nel 2022. Quando è impossibile dirlo, dipenderà anche da quanto precoce sarà l’inverno e da quanta neve ritarderà la ripresa dei lavori in primavera.

Dopo un forte temporale, osservare i macchinari e gli operai che si muovono sicuri e rapidi e la roccia che a blocchi si stacca fa pensare al lavoro dei pionieri che più di un secolo fa costruirono la Ferrovia del Bernina. Ma anche i nuovi lavori, del resto, sono qui per restare a lungo. Si costruisce per durare almeno ottant’anni, pensando già a realizzare dei tunnel che sappiano affrontare treni e tecnologie che ancora oggi non esistono. Per far restare la Ferrovia un cuore vivo e pulsante del Cantone e della Valposchiavo.

Maurizio Zucchi
Collaboratore esterno